Cultura

Gherardo Colombo “riscrive” gli articoli della Costituzione per dimostrare come non venga rispettata da cittadini e istituzioni: “Necessario averne consapevolezza”

Lo fa nel suo ultimo libro “Anticostituzione. Come abbiamo riscritto (in peggio) i principi della nostra società” (Garzanti)

Spesso i sindaci al diciottesimo anno di età dei cittadini regalano loro la “Costituzione” ora potrebbero donare loro, per capire meglio com’è andata negli ultimi settanta cinque anni, anche “Anticostituzione. Come abbiamo riscritto (in peggio) i principi della nostra società” (Garzanti): l’ultimo libro dell’ex magistrato Gherardo Colombo che da quando ha posato la toga gira per le scuole di tutt’Italia a incontrare i giovani. Chi conosce bene Colombo, prendendo in mano il testo, avrà la sensazione di aver davanti l’autore e sentirlo parlare tanto è scritto in modo diretto e colloquiale. Il magistrato, fervente appassionato della Carta Costituzionale, si è preso la briga di prendere in mano una quarantina di articoli riscrivendoli facendo notare le storture di come viene applicata nella realtà quotidiana.

L’ex membro del pool di “Mani pulite” fa un’operazione parresiaca e per la prima volta ci sbatte in faccia la verità: una Carta non vissuta, non rispettata dalle istituzioni ma anche da noi, dai cittadini. “Si è radicata in me – spiega l’autore nell’introduzione – la convinzione che ciò che la Costituzione dice spesso non corrisponde a ciò che le persone fanno sia nel privato sia nell’ambito delle istituzioni”. E’ lui stesso a spiegare il motivo di una fatica letteraria di questo genere: “Perché è necessario averne consapevolezza in modo chiaro e preciso” di come abbiamo interpretato la Costituzione. “Da questa consapevolezza – continua l’ex magistrato milanese – sorgeranno altre due domande: perché una parte consistente dei cittadini non osserva la Costituzione? E quali sono le conseguenze? Le risposte a questi interrogativi riguardano la fiducia reciproca e lo sviluppo del nostro stare insieme”.

Non sappiamo se i lettori del libro di Colombo riusciranno a dare delle risposte a questi due interrogativi ma ciò che è certo è che lo scrittore è riuscito con queste pagine a provocare. D’altro canto basta prendere in mano i primi dodici articoli (i principi fondamentali) riscritti dall’ex magistrato per capire a che punto siamo. L’articolo tre, ad esempio, che Colombo definisce “il capisaldo” , è riportato così: “Solo i cittadini e gli stranieri abbienti hanno pari dignità sociale e – nei limiti derivanti dal censo, dalla fama e dal potere – sono eguali davanti alla Legge, con più o meno contenute distinzioni di genere, di etnia, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. La dignità sociale viene meno nel caso di condanna per reati non ricompresi tra quelli cosiddetti dei colletti bianchi. E’ compito della Repubblica evitare che le disuguaglianze davanti alla legge provochino turbolenze, manifestazioni, rivendicazioni e sommosse idonee a mettere in discussione il tradizionale ordine sociale”.

Ad ogni articolo, Gherardo Colombo, aggiunge le sue riflessioni che con l’arte che gli appartiene fa diventare “nostre”. E’ il caso dell’articolo undici: “Se si deve preparare la pace, le risorse devono andare in primo luogo alla salute, all’educazione, alla ricerca, alle politiche sociali non soltanto all’interno dei propri confini ma anche all’estero per l’emancipazione economica e culturale degli altri popoli come richiede la seconda parte dell’articolo….”. Un libro utile ai più giovani che possono cambiare la situazione nel nuovo secolo ma necessario anche a chi è nato nel secolo scorso affinché rifletta sui danni fatti.