Cinema

Il film di Veltroni Quando e la revisione politica su Tangentopoli e le monetine tirate a Craxi

Monetine su Craxi sì, monetine su Craxi no. In Quando, l’ultimo film diretto da Walter Veltroni, c’è spazio anche per una piccola revisione politica sugli anni di Tangentopoli. Parliamo degli attimi in cui, la sera del 30 aprile 1993, il segretario del PSI uscì dall’hotel Raphael e venne subissato dal lancio di monetine. “Vuoi anche queste, Bettino vuoi anche queste?”, urlava la folla inferocita riferendosi alle inchieste in corso del pool di Milano per corruzione. Ebbene il protagonista di Quando, tal Giovanni (interpretato da Neri Marcorè), militante del PCI, si è risvegliato dopo 31 anni di coma nel 2015. Insomma non ha visto cadere il Muro di Berlino, non ha visto il PCI dissolversi per diventare PDS, poi DS, poi PD, e non ha nemmeno visto quei pochi secondi di immagini che fecero il giro del mondo. Gliele fa rivedere un ragazzotto che con lui si fa curare nella clinica riabilitativa.

A quel punto Giovanni, sorta di alter ego politico veltroniano, nel rivedere le monetine che volano dirette addosso a Bettino, alla scorta e all’auto blu si adombra, quasi si copre gli occhi e ne stigmatizza la ferocia e l’orrore: “Questo no, però… sì, al funerale lo avevamo fischiato perché avevano fischiato Berlinguer, ma questa è una cosa brutta”, dice il protagonista. Peccato che all’epoca sia tra le fila del PDS che soprattutto su l’Unità diretta proprio da Veltroni (1992-1996) l’approccio a quelle proteste e a quel tema furono un po’ meno critiche, anzi non ci furono per nulla. Nell’editoriale firmato da Massimo Salvadori in prima pagina dell’Unità del primo maggio 1993 si parla di “trionfo della volontà popolare che ha chiesto il più profondo cambiamento, con tutta la forza della sua sovranità” e di “caso Craxi” riferendosi al discorso tenuto dal leader socialista dove sosteneva che “tutti i partiti della prima repubblica si servivano dalle tangenti per autofinanziarsi”. Salvadori giudica quel discorso, che poi darà stura al lancio delle monetine del pomeriggio successivo del 30 aprile, “l’epitaffio di una politica e di una leadership che si è chiusa senza generosità verso il suo partito, di cui ha calpestato le migliori tradizioni, verso la giustizia, verso la democrazia, verso una nazione che cerca la strada dela rinascita”. Salvadori spiega poi che “gli inquisiti sperano di riutilizzare la proporzionale come strumento estremo per la rielezione”. Il titolo a nove colonne in apertura infine è inequivocabile e richiama proprio il salvataggio di Craxi alla Camera dall’autorizzazione a procedere del 29 aprile: L’urlo della nuova Italia. Nel catenaccio si richiamano le folle scese in piazza e il virgolettato: “Accusiamo chi ha salvato Craxi”. Insomma, trent’anni dopo due pesi e due misure. Ci voleva il cinema veltroniano all’acqua di rose e pace fu per gli ex PD anche col socialismo craxiano.