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Olimpiadi Milano-Cortina, l’ultima grana: il rischio che l’Italia debba ripianare le perdite per un’eventuale assenza dei russi

L'accordo tra il Cio e la Fondazione - cioè gli enti locali e il governo italiano che ne sono soci - prevede che il Comitato internazionale possa chiedere indietro tutto o parte del contributo anticipato, ad esempio in caso di mancata vendita dei diritti tv. E a Mosca non sono ancora stati assegnati

Come se non avesse già abbastanza problemi, le Olimpiadi di Milano-Cortina devono preoccuparsi pure della guerra in Ucraina. C’è il rischio, infatti, di dover aprire il portafoglio per le perdite di un’eventuale mancata partecipazione dei russi: secondo un accordo riservato, se dei ricavi verranno meno (ad esempio per quanto riguarda i diritti tv), è responsabile in solido la Fondazione. Cioè gli enti locali e il governo che ne sono soci. In poche parole, l’Italia.

Fin qui, la preparazione dei Giochi invernali 2026 è stata un disastro, tra ritardi siderali e buchi che continuano a venire fuori nel programma: come anticipato dal Fatto Quotidiano, dopo la pista di pattinaggio saltata a Baselga di Pinè (ma non ancora consegnata a Torino per veti territoriali tra i governatori, altro tempo perso…), adesso è la volta dell’Arena di Verona, sede della cerimonia di chiusura ma non adeguata agli standard del Cio . L’ultima grana però viene dalla Russia ed era davvero imprevedibile.

A differenza delle opere che sono di competenza della società pubblica Simico, la parte sportiva dell’evento spetta al Comitato organizzatore: una Fondazione privata, partecipata da soggetti pubblici (gli enti locali, a cui in estate si è aggiunto il governo dopo la richiesta d’aiuto disperata dei governatori), che dovrebbe gestire solo soldi privati, sponsor e contributi del Cio. Una cospicua parte di questo finanziamento deriva dalla vendita dei diritti tv, che il Cio anticipa al Comitato per avviare le attività. Nel caso di Milano-Cortina, parliamo di 450 milioni di dollari (su circa un miliardo e mezzo totale di budget). Prima di procedere al versamento, il Cio chiede la sottoscrizione di un accordo, chiamato “Broadcast refund agreement”: una semplice garanzia, con cui il Paese ospitante si impegna a restituire la somma nel caso in cui saltino i Giochi per qualche cataclisma. Di solito, una pura formalità. Per l’Italia purtroppo no.

In parte è si era già verificato per Tokyo 2021 e Pechino 2022: una delle ragioni per cui le ultime edizioni si sono disputate in piena pandemia ad ogni costo, in condizioni proibitive per tifosi e atleti, era appunto quella economica, l’impossibilità per il Paese ospitante di rifarsi dei soldi già spesi. La clausola principale che fa scattare la garanzia e la restituzione dei contributi Cio è la mancata disputa dei Giochi, che per Milano-Cortina fortunatamente non è in discussione. Negli allegati del documento, però, ci sono anche delle condizioni ulteriori. Tra cui, ad esempio, la mancata vendita dei diritti tv o di una sua parte. Proprio ciò che spaventa Milano-Cortina, che aveva firmato quando guerra e Covid non erano nemmeno ipotizzabili.

Il Cio ha appena concluso la vendita del prossimo ciclo per l’Europa, che comprende le edizioni 2026, 2028, 2030 e 2032: un’asta di grande successo, aggiudicata al circuito Ebu per i diritti free e al gruppo Discovery per quelli pay, a cifre superiori della precedente. Non sono pubbliche, si parla di oltre un miliardo e mezzo. Dalla vendita, però, almeno per il momento è stata esclusa la Russia per ovvie ragioni. Ci sono dei contatti con MatchTv, che però è di proprietà del gruppo Gazprom (quindi troppa vicina al governo di Putin per poter chiudere l’affare). E poi al momento vige sempre la raccomandazione del Cio di “non partecipazione” per gli atleti russi, che non si sa nemmeno se saranno ai Giochi. Il che aprirebbe un buco nei conti. Difficile dire di quanto, bisogna valutare l’incidenza della Russia, e poi la quota parte di Milano-Cortina: a termine di riferimento, secondo stime non ufficiali l’ultima volta la tv di Mosca aveva sborsato circa 40 milioni.

Il 2026 è lontano, tutti sperano che la situazione in Ucraina si sia risolta per allora. E comunque non c’è nessun automatismo: il Cio potrebbe anche non chiedere indietro i soldi alla Fondazione, che per giunta è coperta da un’assicurazione. Carte alla mano, però, il pericolo di dover pagare esiste. Non a caso, i soci in tempi non sospetti avevano sottoscritto delle garanzie, divise in parti uguali tra Veneto e Lombardia (e tra Regione e Comune: Milano ad esempio ha stanziato 50 milioni a bilancio), e ora qualcuno si è già rassegnato ad aprire il portafoglio. Poi, invece, c’è il rischio di dover ripianare le altre perdite ordinarie della Fondazione. Ma per quelle potremo prendercela solo con noi stessi.

Twitter: @lVendemiale