Giustizia & Impunità

Decreto rave, Nordio corre ai ripari: il reato si applicherà ai “raduni musicali” (e solo a chi li organizza). Ma restano le intercettazioni

Con due corposi emendamenti alla legge di conversione del cosiddetto "decreto-rave", il Guardasigilli disinnesca due bombe che rischiavano di esplodergli sotto i piedi. Da un lato evita che il nuovo reato di "raduno pericoloso" possa finire per punire col carcere qualsiasi tipo di manifestazione non autorizzata. Dall'altro, modificando la riforma Cartabia, scongiura l'uscita dal carcere da un giorno all'altro di decine di presunti ladri e sequestratori

Il ministro Carlo Nordio corre ai ripari. E disinnesca due bombe che rischiavano di esplodergli sotto i piedi, attirandogli le critiche dei suoi ex colleghi e dei suoi elettori insieme, nonché mettendo in crisi (in un colpo solo) la sua fama di garantista e l’ideologia securitaria del governo di cui fa parte. Il Guardasigilli ha partorito alcuni corposi emendamenti alla legge di conversione del cosiddetto “decreto-rave“, il primo provvedimento dell’esecutivo Meloni, che contiene – tra le moltissime e diversissime misure – una nuova fattispecie di reato contro i “raduni pericolosi, propagandata come norma anti-rave party, e il rinvio dell’entrata in vigore di una parte della riforma penale dell’ex ministra Marta Cartabia. Da un lato Nordio interviene per limitare l’estensione del nuovo “reato di rave”, evitando che possa finire per punire col carcere qualsiasi tipo di raduno non autorizzato, come denunciavano all’unisono gli addetti ai lavori. Dall’altro, aggiungendo un comma alla riforma Cartabia, ne scongiura (come anticipato dal fattoquotidiano.it) un potenziale effetto assai imbarazzante per il governo: l’uscita dal carcere da un giorno all’altro di decine di presunti ladri, sequestratori, truffatori e responsabili di gravi incidenti stradali, che di certo non sarebbe piaciuta agli elettori di Lega e Fratelli d’Italia. Infine, previene il rischio di caos organizzativo negli uffici giudiziari di tutta Italia, venendo incontro alle richieste dei procuratori e dettando un regime transitorio per l’applicazione delle nuove norme sul processo.

“Raduno musicale” e “concreto pericolo” – Il primo emendamento riscrive la nuova fattispecie di reato, cambiandone anche la collocazione nel codice penale: non più all’articolo 434-bis, inserito tra i delitti contro l’incolumità pubblica, ma al 633-bis, tra i reati contro il patrimonio. La pena resta identica: reclusione da tre a sei anni o multa da mille e diecimila euro, una cornice che consente il ricorso a intercettazioni in fase d’indagine (ma non a quelle preventive regolate dal codice antimafia). A cambiare però è la condotta incriminata: l'”invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati” dovrà avvenire “al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento“. Non basterà più la semplice “possibilità” che dall’invasione derivi un pericolo: perché si applichi la norma dovrà sussistere un “concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica” (sparisce il riferimento all'”ordine pubblico”).

Non più punibili i partecipanti – Quel pericolo, inoltre, dovrà sussistere “a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi”. Scompare il limite minimo, previsto nella vecchia norma, di cinquanta partecipanti all’invasione. Infine, e soprattutto, scompare il riferimento aipartecipanti“: a essere punito sarà solo “chiunque organizza o promuove” i raduni illegali. Nella relazione illustrativa si legge che la modifica proposta è “essenziale per evitare che nell’alveo applicativo della fattispecie siano ricomprese anche manifestazioni pubbliche in luoghi pubblici”. Il governo, quindi, ha scelto di fare marcia indietro rispetto a una norma accusata di spalancare la strada alla repressione del dissenso. “La condotta illecita”, scrive l’ufficio legislativo del ministero, “risulta ora riferita a situazioni precise, compiutamente definite nei loro tratti di offensività, rispetto ai quali si giustifica il maggior rigore sanzionatorio”.

Il comma anti-svuotacarceri – Un altro emendamento, invece, è pensato per evitare l’effettosvuotacarceri” della riforma Cartabia nella parte in cui trasforma una serie di reati (furti, lesioni stradali, sequestri, truffe o danneggiamenti) da “procedibili d’ufficio” a “procedibili a querela“. Significa che se oggi i pm sono obbligati a indagare in presenza di una notizia di reato, domani lo potranno fare solo se la vittima dichiara in modo esplicito la volontà che il colpevole sia punito. Il problema però è che il nuovo regime si applicherà in modo retroattivo, per il principio costituzionale della legge penale più favorevole al reo. Quindi dal 31 dicembre senza una querela quei reati semplicemente non esisteranno più (a meno che la persona offesa non provveda entro tre mesi). E, secondo l’interpretazione più diffusa tra i tecnici, verranno meno istantaneamente anche tutte le misure cautelari già applicate e in corso, compresa la custodia in carcere o agli arresti domiciliari. Liberando istantaneamente legioni di presunti delinquenti professionisti (il rischio di reiterazione del reato, infatti, è l’esigenza che giustifica quasi tutte le misure in questi casi).

Scarcerazioni dopo venti giorni senza querela – Un rischio che la premier Giorgia Meloni aveva ben presente, tanto da sottolinearlo in conferenza stampa dopo l’approvazione del dl rave. E su cui ora Nordio interviene con una misura ad hoc: le misure cautelari, si legge, non perdono efficacia da subito, ma solo se la querela non arriva entro venti giorni dall’entrata in vigore della riforma. Un tempo nel quale, si prevede, “l’autorità giudiziaria effettua ogni utile ricerca della persona offesa, anche avvalendosi della polizia giudiziaria”. E la relazione illustrativa è chiarissima sul perché della scelta: “In questo modo si intende scongiurare il rischio di interpretazioni che potrebbero condurre alla immediata scarcerazione degli indagati/imputati sottoposti a misure cautelari”.

Il regime transitorio – Altri emendamenti intervengono a dettare un regime transitorio per l’applicazione di alcune novità processuali della riforma. Un’esigenza, questa, che gli uffici giudiziari avevano manifestato a Nordio con una lettera firmata da tutti i procuratori generali d’Italia, e che ha portato al rinvio di due mesi dell’entrata in vigore della legge (inizialmente prevista al 1° novembre). Si prevede, ad esempio, l’applicazione solo ai procedimenti iscritti nel 2023 delle nuove disposizioni sulle indagini preliminari e l’esercizio dell’azione penale. Nella decisione “hanno avuto rilievo dirimente”, scrivono gli uffici di Nordio, “sia la necessità di scongiurare le evidenti complicazioni di natura pratica derivanti dalla contestuale applicazione di regimi diversi nell’ambito di un medesimo procedimento, sia la considerazione delle possibili ricadute negative sulle indagini in corso“. Le nuove norme, infatti, impongono ai pm di mettere a disposizione degli avvocati tutte le carte delle inchieste una volta scaduto il termine per le indagini preliminari, anche se non è stato ancora chiesto il rinvio a giudizio né l’archiviazione: una novità criticata da molti inquirenti.