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Due miliardi spariti nel nulla, l’ad in fuga all’estero: la mega truffa Ftx fa tremare il mondo delle criptovalute. Ecco com’è nata

Il crac di una delle principali piattaforme per lo scambio di valute digitali al mondo sta assumendo risvolti sempre più torbidi. Scomparsi nel nulla 2 miliardi di dollari. La Casa Bianca fa sapere di stare monitorando la situazione. Per tutto l'universo delle criptovalute si avvicina il momento della verità

Qualcuno fa paragoni con Lehman Brothers, qualcun altro preferisce Enron. La prima fallita nel 2008, vittima illustre della generalizzata sbornia finanziaria alimentata dai mutui subprime e dallo smodato ricorso agli investimenti a debito, la seconda in bancarotta nel 2001, esempio più deleterio di “finanza creativa” e vera e propria fucina di frodi contabili. In ogni caso c’è poco da stare allegri. Il crac di Ftx, una delle principali piattaforme per lo scambio di valute digitali al mondo, sta assumendo risvolti sempre più torbidi. Rappresenta una sorta di momento della verità per tutto l’universo delle criptovalute. Venerdì scorso la società creata da Sam Bankman Fried (a quanto pare fuggito in Argentina o alle Bahamas) ha dichiarato bancarotta dopo aver evidenziato un buco di bilancio di 8 miliardi di dollari e non essere riuscita a trovare un “cavaliere bianco” disposta a salvarla. Ci ha provato, per qualche ora, l’arci-rivale Binance, il più grande operatore al mondo nel settore. Dopo aver guardato meglio i bilanci Binance è scappata a gambe levate. Come vedremo anche questa aspirante salvatrice ha qualche magagna. La Casa Bianca ha fatto sapere di stare monitorando il tracollo di Ftx, e ritiene che la sua bancarotta confermi la necessità di regole più stringenti per il settore. Nello stesso senso si è espressa la segretaria al Tesoro, ed ex governatrice della Federal Reserve, Janet Yellen che ha anche rimarcato come la vicenda mostri la debolezza dell’intero mondo delle valute digitali.

Nei mesi scorsi, un po’ improvvidamente, Sam Bankman Fried era stato paragonato a John Pierpont Morgan che nel 1907 coordinò un intervento dei principali banchieri statunitensi per risollevare il mercato azionario quando la Federal Reserve ancora non esisteva. L’accostamento al capostipite della dinastia Morgan era stato suggerito dagli interventi di Sam Bankman Fried in soccorso di operatori di criptovalute in gravissima difficoltà a causa dei crolli dell’ultimo anno. Si possono avere tutte le legittime riserve del mondo nei confronti della finanza tradizionale ma, dopo un oltre un secolo la banca fondata da JP Morgan è viva e vegeta, rimane il più grande istituto di credito statunitense. Ftx ha finito miseramente la sua avventura dopo nemmeno 3 anni di vita con un crollo consumatosi nel giro di una settimana.

In quella che è sembrata una guerra tra bande, domenica 6 novembre Changpeng Zhao, patron di Binance, ha annunciato che la società avrebbe venduto tutti i token digitali di Ftx (una sorta di valuta privata virtuale emessa dalla società e garantita, in teoria, da altri asset) equivalenti a 580 milioni di dollari. La decisione “a causa di rivelazioni sui conti della società”. Quattro giorni prima, la testata giornalistica CoinDesk aveva riferito che gran parte dei 14,6 miliardi di dollari di asset di Alameda erano detenuti nel suo stesso token digitale. Un giro del fumo contabile. La decisione di Binance ha scatenato una corsa virtuale agli sportelli che ha affossato Ftx.

Nell’autunno del 2021 un bitcoin veniva scambiato a quasi 70mila dollari, oggi a meno di 17mila. La capitalizzazione complessiva dell’universo cripto è precipitata da 3mila miliardi a meno di mille miliardi di dollari. Una corsa in discesa che ha fatto morti e feriti. Anche Ftx alla fine è fallita. Ma non basta. Nella notte tra venerdì e sabato dai conti della società si sono misteriosamente volatilizzati monete digitali per oltre una cifra tra 1 e 2 miliardi di dollari che appartenevano ai clienti ed erano stati congelati nelle ore precedenti. La società parla di una falla nella sicurezza informatica della piattaforma. Più verosimilmente si tratta di una fuga con il bottino. La società ha sede alle Bahamas, giurisdizione segreta che consente molta molta discrezione su bilanci ed operazioni finanziarie. Non è un caso che anche Enron avesse una filiale a Nassau utilizzata per “ripulire” i conti.

La governance del gruppo, estremamente complesso nella sua struttura, era a dir poco approssimativa. Il “board of directors” era costituito dallo stesso Sam Bankman Fried, da un impiegato della società e da un legale. La società intratteneva intensi rapporti con l’azienda “sorella” Alameda research, dominio personale di Bankman Fried, dove il manager ha trasferito 10 miliardi di dollari dei suoi clienti a loro insaputa che ora sono in parte spariti. Ogni ora che passa si scoprono elementi che autorizzano a pensare ad una delle più grandi truffe finanziarie di sempre. Sarebbe ad esempio emerso che la piattaforma era stata dotata da Bankman Fried di una “back door” (un’uscita di sicurezza) nel sistema da cui far transitare denaro in segreto. Intrappolati nella rete di Ftx sono rimasti 100mila clienti tra cui anche pesci grossi come la giapponese Softbank, gli hedge fund Galois e Sequoia. Ma ci sarebbero anche il fondo pensioni degli insegnanti dell’Ontario e l’onnipresente Blackrock.

Ora che le autorità si stanno muovendo e le società sono sotto scrutinio attento stanno emergendo diffuse pratiche contabili discutibili. La stessa Binance ha ad esempio un capitale quantificato in 74 miliardi di dollari ma 23 miliardi sono rappresentati da valute digitali emesse dalla stessa piattaforma. Forzando il ragionamento è come se una società mettesse a garanzia di perdite contro il valore delle sue azioni…le sue azioni. Il fondatore della società Changpeng Zhao ha avvertito di un rischio di effetto domino per il settore dal fallimento di Ftx. Ma si è anche detto convinto che il mercato saprà “guarirsi da solo”. Nel mirino delle autorità ci sono anche le società che hanno certificato i bilanci di Ftx. Nel 2021 i revisori sono statile società Armanino, e Prager Metis.

Per la finanza tradizionale non è mai stato così. Le monete digitali sono nate e cresciute dopo la grande crisi del 2008 quando l’intero sistema finanziario globale è stato mantenuto a galla dagli interventi di soccorso di banche e centrali e governi. Nel caso delle valute digitali però di banche centrali non ce ne sono. L’utopia alla base di questi strumenti è quella di un sistema monetario che si autoregola e si auto valida grazie a un sistema interno, senza ingerenze esterne. Una suggestione che, nei postumi della crisi di 14 anni fa, è risultata molto seducente. Bitcoin e fratellini sono maturati in condizioni monetarie del tutto anomale e senza precedenti, con tassi di interesse nulli o addirittura negativi. Quella che era una situazione straordinaria è stata scambiata per normalità. In concreto significa che il sistema è stato inondato di tanti tanti soldi che dovevano in qualche modo essere investiti. E tanti sono finiti anche nelle criptovalute, non perché avessero un qualche valore in se ma alla semplice ricerca di rendimenti che non si trovavano più altrove.

In queste condizioni la gerarchia che esiste tra i vari prodotti finanziari (il denaro è denaro, le altre sono tutte promesse di pagare del denaro) tende ad farsi più lasca e ad appiattirsi. Poi quando le cose cambiano come sta accadendo ora con la stretta monetaria avviata dalle banche centrali, la stessa gerarchia torna a imporsi con vigore. Ogni tanto suggestioni anarchiche non sono estranee a nessuno ma purtroppo anche le monete virtuali si sono scoperte soggette a leggi reali. E come dimostrano gli scandali che si susseguono il governo di nessuno tende facilmente a scivolare nel governo del più forte.

In questi mesi bitcoin e soci hanno dimostrato di essere in balia delle decisioni delle banche centrali tanto quanto gli altri mercati. Ultima delle beffe sarebbe un intervento della Federal Reserve per mettere una pezza alla crisi. Lo scorso maggio il sistema era stato scosso dalla bandiera bianca alzata dalle cosiddette “stablecoin”, monete digitali costruite in teorie per assicurare una stabilità del loro valore nel cambio con il dollaro che non sono però riuscite a mantenere la promessa. Le criptovalute hanno dimostrato di non essere investimenti alternativi al mercato azionario, di cui in questo ultimo anno non hanno fatto altro che amplificare i cali e condividere i guadagni muovendosi esattamente in base alle stesse logiche. Non sono mai riuscite ad affermarsi come strumento di scambio poiché le loro violente oscillazioni di valore rendono impossibile gestire seriamente acquisti e vendite di beni. Per lo stesso motivo non sono utilizzabili come riserve di valore. L’esperimento di stati come El Salvador che hanno adottato il bitcoin come moneta legale accanto a quella ufficiale non hanno dato indicazioni favorevoli. Il paese è stato soccorso dalla Cina per arginare la violenta crisi economica. L’architettura su cui si reggono le monete digitali, la blockchain, è stata copiata ed utilizzata per alcuni tipi di transazione ma, almeno sinora, le criptovalute non sono mai andate oltre il ruolo di giocattolo speculativo. O si cambia o ci si accontenta di questo.