Cinema

La stranezza, Roberto Andò incontra Pirandello in una magnifica tragicommedia surrealista

Film sui fantasmi, sul rapporto tra finzione e realtà, verità e menzogna, sul visibile e invisibile, sul recitare e “recitarsi”, ed ancora assai intelligente, spassoso, evocativo. Con Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone

“Ho in mente una stranezza che è diventata un’ossessione” pronunciava Luigi Pirandello come ad accusare un malessere, una condizione di disagio che però – da genio qual era – lo intrigava non poco. Questa “stranezza” ha evidentemente ossessionato anche Roberto Andò, affascinato dallo scrittore suo corregionale fin dai tempi della giovinezza grazie all’intervento di un mediatore d’eccellenza, Leonardo Sciascia. “Mi regalò una biografia su Pirandello curata da Gaspare Giudice, ‘la più bella in circolazione, è per te’ mi disse”. Anche quel dono, evidentemente, contribuì a inseminare nel giovane cineasta palermitano la voglia di cimentarsi con un testo sul drammaturgo di Girgenti, divenuto oggi La Stranezza il film italiano di punta dell’odierna giornata alla 17ma Festa del Cinema di Roma.

Ma cos’è dunque questo stato della coscienza in cui versava il premio Nobile siciliano? A spiegarla è lo stesso Andò, contestualmente a fornire linee interpretative al suo omonimo lavoro: “La Stranezza è una fantasia sull’atto creativo, sull’ispirazione. Un viaggio sospeso tra la vita reale del grande scrittore agrigentino e l’invenzione fantastica. Al centro c’è il rapporto tra Pirandello e i suoi personaggi. Tra Pirandello e la Sicilia, tra le ossessioni private di un genio e la vita di un paese siciliano negli anni ’20 del secolo scorso. Alcuni dei fatti che vi sono raccontati sono veri, come pure alcuni dei personaggi che vi compaiono”.

Tragicommedia surrealista, “pirandelliana” par excellance, La Stranezza di Andò – su sceneggiatura scritta insieme a Massimo Gaudioso e Ugo Chiti – ci porta nella Sicilia nel 1920 quando Luigi Pirandello (Toni Servillo “fisicamente” mimetico allo scrittore) tornò nella nativa Agrigento per visitare il sommo corregionale Giovanni Verga al suo compleanno. Tornando a casa scopre che l’amatissima sua balia Maria Stella è passata a miglior vita e decide di darle degna sepoltura. È qui che s’imbatte nei becchini Bastiano e Nofrio (Ficarra & Picone, spumeggianti) che si dilettano nel teatro amatoriale e invitano l’elegante signore al loro spettacolo, ignorando si tratti di Pirandello. Loro, con il contesto umano e sociale che li circonda, sembrano già personaggi pirandelliani.. e per questo il grande letterato non esista a collegarli ai propri fantasmi, tra incubi e sogni, andando a generare quella “stranezza” che – secondo l’immaginazione degli autori di questo film – si sarebbe chiamata Sei personaggi in cerca d’autore, presentata al teatro Valle il 9 maggio del 1921 con un esito a dir poco folle e tumultuoso. Del resto siamo nel cuore del dibattito tra Verismo e Realismo magico, in piena crisi d’identità espansa agli esordi del secolo breve riflessa nel teatro moderno, dove soggettività e oggettività vanno a coincidere, parlandosi, beffeggiandosi, cercandosi invano.

Da parte sua, Toni Servillo è rimasto affascinato “dalla possibilità di sottrarre Pirandello ai cliché della pesantezza intellettualistica, e dunque di raccontarlo in un momento cruciale della sua vita mentre cova questa idea così audace di teatro, che sarebbe diventata I sei personaggi, e la trova durante un viaggio di ritorno nella sua Sicilia, dove riprende contatto con riti, volti, paesaggio e lingua nativi. Mi piaceva inoltre molto, attraverso questo film, di poter contribuire modestamente a far cadere gli steccati che vogliono gli attori comici e drammatici separati. L’alchimia tra me con Valentino e Salvo corrisponde alla curiosità che avevamo di incontrarci e recitare insieme”. Chiamati in causa Salvo Ficarra e Valentino Picone, chiamati fin dalla genesi del film, hanno espresso la gioia di appartenere a un testo che “abbiamo subito capito fosse un progetto ambizioso: ci siamo sentiti immediatamente dentro a questa storia. Scoprendo poi che ci sarebbe stato Servillo nei panni di Pirandello non vedevamo l’ora di iniziare. È stata una grande avventura di ascolto reciproco”.

Film sui fantasmi, sul rapporto tra finzione e realtà, verità e menzogna, sul visibile e invisibile, sul recitare e “recitarsi”, ed ancora assai intelligente, spassoso, evocativo, visionario e a suo modo complesso per i costanti ingressi e uscite dal meta-teatro, La Stranezza è una visione piacevolissima di cui gli spettatori potranno godere dal 27 ottobre distribuito in 450 copie da Medusa ma con la peculiarità di vedere anche Rai Cinema tra i coproduttori, quindi i “concorrenti” Rai e Medusa s’incontrano al cinema, una vera …“stranezza”!. È odierna, invece, l’uscita nelle sale di Astolfo di e con Gianni Di Gregorio, commedia “alla Di Gregorio” al solito garbatissima, delicata, umanissima, che alla Festa del Cinema è stato presentato alcuni giorni fa. Interpretato anche da Stefania Sandrelli in stato di grazia, è il tenero racconto di un innamoramento senile che assume le tinte di un primo amore, quasi adolescenziale, laddove l’impossibile diventa possibile. Seppur sia difficile adombrare questo nuovo lavoro di Di Gregorio, giusto è rilevarne alcune fragilità rispetto alle opere precedenti: forse che lo “stile” abbia qui a tratti sostituito la sostanza?