Economia

Povertà, Caritas: “Nel 2021 richieste di aiuto in aumento del 7,7%. Il 23% degli assistiti ha un lavoro”. Zuppi (Cei) e Boeri: “Il reddito di cittadinanza va migliorato ma mantenuto”

Il XXI rapporto su povertà ed esclusione sociale L'anello debole evidenzia che la quota dei nuovi poveri rimane sopra il 42%. Nel 2022, con i rincari energetici, la situazione è destinata a peggiorare. Appello del presidente della Cei al nuovo governo: "Speriamo che sappia affrontare con molto equilibrio il problema del reddito di cittadinanza". L'ex presidente Inps: "Purtroppo abbiamo sentito parlare in campagna elettorale di abolirlo, cosa che sarebbe gravissima guardando i numeri"

Nonostante la forte crescita del pil registrata nel 2021, la povertà in Italia non accenna a diminuire. Anzi, prima ancora che la guerra in Ucraina e i rincari energetici iniziassero a far sentire i propri effetti sull’economia italiana sono continuate ad aumentare le persone che entrano ed escono da una situazione di bisogno e chiedono aiuto. A rilevarlo, confermando gli ultimi dati Istat sul disagio sociale ed economico, è la Caritas italiana, che lunedì ha diffuso il suo XXI rapporto su povertà ed esclusione sociale L’anello debole. Il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, durante la presentazione ha fatto appello al futuro governo ricordando che “il reddito di cittadinanza è stato percepito da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti. Quindi c’è un aggiustamento da fare ma mantenendo questo impegno in un momento in cui la povertà sarà ancora più dura, ancora più pesante e rischia di generare ancora più povertà in quelle fasce dove si oscilla nella sopravvivenza, che devono avere anche la possibilità di uscire da questa zona retrocessione”. Sulla stessa linea l’economista Tito Boeri, ex presidente Inps: “Purtroppo abbiamo sentito parlare in campagna elettorale di abolirlo, cosa che sarebbe gravissima guardando i numeri”, anche se si tratta di uno strumento che va necessariamente “riformato” in vari aspetti, innanzitutto quello degli “incentivi alla ricerca del lavoro”.

Il primo capitolo del report dà conto dei dati raccolti nel 2021 presso 2.797 centri di ascolto e servizi Caritas in 192 diocesi (85,4% del totale). Le persone incontrate e supportate sono state 227.566, in aumento del 7,7% rispetto al 2020. Il peso delle persone straniere è in crescita rispetto al 2020 e si attesta al 55% (a fronte del 52%), con punte che arrivano al 65,7% e al 61,2% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est. Al contrario, nel Sud e nelle Isole prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana, a conferma dei dati Istat sulla crescita post pandemica della povertà soprattutto nel Meridione.

La quota dei nuovi poveri, cioè persone che nel 2021 si sono rivolte per la prima volta a Caritas, pur in leggero calo rispetto al 2020 rimane comunque consistente, sopra il 42%. Aumenta l’incidenza delle persone in carico da 1-2 anni, che passa dal 17,7% al 22,1%, dato che – sottolinea il rapporto – “può essere interpretato come una mancata ripresa da parte di chi ha sperimentato gli effetti socio-economici della crisi pandemica. Ma anche di un ritorno di coloro che già nel prepandemia avevano vissuto momenti di fragilità”: per esempio le famiglie a rischio povertà per
le quali una riduzione delle ore di lavoro, un problema di salute o un problema familiare può “facilmente compromettere” lo standard di vita. Un debole segnale positivo proviene invece dal calo delle povertà croniche, che scendono dal 27,5% al 25,5%. Drammatico in compenso il dato sui casi di “povertà intergenerazionale“: il 59% di chi si rivolge a Caritas viene da una famiglia di assistiti. Nelle Isole e nel Centro la quota raggiunge rispettivamente il 65,9% e il 64,4%, mentre il nord-Est e il Sud risultano le macroaree con la più alta incidenza di poveri di prima generazione.

L’età media dei beneficiari si attesta a 45,8. Tra gli assistiti stranieri è di 40,3, tra gli italiani sale invece a 52,8 anni. Si rafforza nel 2021 la correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Cresce infatti il peso di chi possiede al massimo la licenza media, che passa dal 57,1% al 69,7%. Tra loro si contano anche persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare. Cresce l’incidenza dei disoccupati o inoccupati (il 47,1%, contro il 41% dell’anno prima, è in cerca di una prima o una nuova occupazione), mentre si contrae la quota degli occupati – dunque persone per cui il lavoro non basta per uscire dalla povertà – che scende dal 25% al 23,6%. Si tratta di persone con occupazione a basso reddito, in particolare in settori come il commercio al dettaglio, i servizi alberghieri, di catering, i servizi alle persone, i lavori sulle piattaforme. O di lavoratori poveri su base familiare: unici percettori di reddito nel nucleo, madri sole.

L’analisi dei bisogni registrati mostra una prevalenza delle difficoltà materiali. Nell’anno del post-pandemia, l’80,1% delle persone sostenute manifesta uno stato di fragilità economica: spiccano le situazioni di “reddito insufficiente” (63,6%) o di “assenza totale di entrate”. Il secondo ambito di bisogno più diffuso ha poi a che fare con il “lavoro” (48,1%). “Anche se il problema occupazionale appare centrale, tra le persone assistite non tutte possono dirsi “occupabili”, ad esempio i pensionati, gli inabili al lavoro (il 5% tra gli assistiti italiani), le persone con figli senza adeguata rete di supporto familiare, le persone con disagio mentale, talune storie di “homeless””, sottolinea il rapporto.

Delle persone sostenute nel 2021 circa un quarto (il 24,7%) dichiara di essere supportato anche dai servizi pubblici. E i percettori del Reddito di cittadinanza passano dal 19,9% al 22,3%. Tra gli italiani la percentuale si attesta al 33,4% (nel 2020 era 30,1%), tra gli stranieri raggiunge appena l’11,3% (era il 9,1% nel 2020). Il dato “non stupisce vista la forte penalizzazione dei cittadini stranieri legata al requisito dei 10 anni di residenza”, chiosa Caritas.

Come vengono aiutati? Le azioni intraprese dagli oltre 2700 servizi in rete hanno riguardato per lo più la distribuzione di beni e prestazioni materiali (di cui ha beneficiato il 68,2% dell’utenza), seguita dall’accesso a mense o empori, fornitura di cibo, distribuzione di kit igienici, servizi docce. Al secondo posto c’è poi l’erogazione di sussidi economici (22,3%), per supportare in particolare il pagamento degli affitti e delle bollette e di cui hanno beneficiato soprattutto le persone di cittadinanza italiana (27,1%). Al terzo posto tutte le attività di orientamento.

Il 2022 non promette nulla di buono: i dati raccolti fino ad oggi “non preludono ad un ridimensionamento della povertà, tutt’altro: da gennaio ad oggi il numero delle persone seguite ha superato il totale di quelle aiutate durante l’intero anno 2019”. Un esempio: nel centro di ascolto di Potenza il primo semestre 2022 ha visto costantemente salite le richieste di sostegno economico per pagare le bollette. “Quello che si sta delineando, tra strascichi di pandemia, stagnazione economica, inflazione, prezzi di gas e luce fuori controllo, aumento dei tassi di interesse dei mutui
condizionerà la vita di ciascuno di noi”, si legge. “Tuttavia anche in questa circostanza a pagare il prezzo più alto saranno verosimilmente le persone più povere e meno tutelate, come accaduto con la pandemia da Covid-19”.