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La Turchia sta per attaccare il Kurdistan della Siria?

“Sabato, il primo giorno della festa islamica Id Al Azha, il governo turco si prepara ad attaccare la zona di Kobane, nel Kurdistan della Siria”. Me lo dice, preoccupato che nessuno ne parli, Shorsh Surme, già presidente della Comunità curda in Italia e fondatore dell’Associazione per i diritti del popolo curdo, che ho chiamato per manifestare la mia solidarietà per la scelta della Nato di cedere al ricatto del dittatore Recep Tayyip Erdogan riguardo ai rifugiati curdi che egli considera terroristi. Questa scelta occidentale è stata probabilmente considerata un lasciapassare dal governo turco per agire senza limitazioni nella regione del Kurdistan, dove già dagli anni ‘90 la Turchia sta portando avanti uno smantellamento sistematico della realtà storica, culturale ed etnica curda, costringendo oltre due milioni e mezzo di curdi a diventare profughi.



Nei decenni scorsi, gli stati europei avevano fatto in qualche modo percepire di sostenere il popolo del Kurdistan, sia per quanto riguardava l’accoglienza degli esuli curdi, sia con dissenso rispetto alla diga sul fiume Tigri la cui costruzione Ankara sta progressivamente portando avanti, con il risultato da un lato di allagare centinaia di villaggi, preziosi siti archeologici e il raro ecosistema che li circonda, dall’altro di togliere alla parte del paese a valle della diga la risorsa idrica, oggi una delle più preziose.

Dopo essere stati sfruttati dalle grandi potenze occidentali per combattere l’Isis, i curdi furono abbandonati e ora sono stati usati come moneta di scambio. Per fortuna, mentre qualcuno arriva addirittura a dire che “la vita di oltre 50.000 curdi, esuli in Svezia e Finlandia, sono un costo accettabile per lo sblocco delle derrate di grano” e il premier Draghi viene a patti con quello che solo poco tempo fa aveva definito un dittatore, tanta parte dell’opinione pubblica italiana è vicina ai curdi ed è indignata per questo vergognoso scambio.

I curdi sono un popolo forte dall’animo gentile. Ne ho avuto esperienza collaborando per anni con Shorsh e sua moglie Lana, entrambi giornalisti, che hanno studiato e vivono in Italia ma non hanno mai interrotto i loro legami con il paese d’origine e divulgano la cultura, la storia e le istanze del loro popolo. In particolare Shorsh (il cui nome in curdo vuol dire rivoluzione), dirige il giornale online Panoramakurdo e ha scritto alcuni libri sui curdi di cui il più recente, con Lorenzo Guella, permette di conoscere la storia del popolo curdo e la sua storia personale di figlio di un perseguitato politico. Il titolo “Essere Curdo. Il più grande popolo senza Stato, tradito dalla storia” sembra quasi scritto dopo l’accordo Nato.

Il professor Domenico Canciani, che ha recensito il volume da cui è stato tratto il film omonimo, ritiene che quello del popolo curdo sia un destino paradossale. “Paradossale, perché un popolo numeroso, con un territorio potenzialmente vasto, ricco di risorse, con una lingua, una storia, una cultura, si è trovato, si trova, penalizzato dal peso e dai vincoli di una geopolitica che si è edificata sulle macerie del colonialismo europeo e occidentale (in particolare inglese e francese).”

“Con una situazione ricca di tutti i punti di forza per costruire uno Stato, i curdi si sono ritrovati a fare i conti con gli Stati (Turchia, Iraq, Siria, Iran, Armenia) che li circondano, e che, con il beneplacito delle potenze occidentali, si sono accaparrati ognuno un pezzo più o meno esteso del suo territorio, dove le molte risorse, in particolare l’abbondanza di petrolio nel Kurdistan iracheno, è stato ed è causa di conflitti”.

Si spera di non dover assistere questo fine settimana ad un nuovo sanguinoso attacco nei confronti di questo coraggioso popolo, attacco che graverebbe i governanti occidentali di una responsabilità morale, prima per essersi disimpegnati dal conflitto siriano lasciando soli i curdi, e poi per non aver tutelato i loro diritti umani e civili facendo scambi con Erdogan.