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Ucraina, le parole ‘di pace’ di Mattarella mi angosciano. Davvero sono vie d’uscita credibili?

di Pietro Francesco Maria De Sarlo

Il Presidente Mattarella alla vigilia del 2 giugno ha detto: “L’Italia è convintamente impegnata nella ricerca di vie di uscita dal conflitto che portino al ritiro delle truppe occupanti e alla ricostruzione dell’Ucraina”. Parole di pace? Sarà, ma a me destano angoscia.

Per quali vie è possibile la pace ripristinando i confini preesistenti all’invasione e magari facendo pagare ai russi la ricostruzione dell’Ucraina? C’è qualche segnale che Putin dica “Scusate, mi sono sbagliato?” Se così non è il Presidente ha informazioni su un prossimo colpo di Stato in Russia che estrometta Putin dal potere affidando il governo a un filo occidentale che porti la Russia stessa nella Nato e fuori dalla influenza cinese? Oppure intende dire che la guerra durerà fino a quando gli ucraini, forti delle armi fornite dall’Occidente, ricacceranno l’invasore oltre confine umiliando Putin, la Russia e i russi?

Se è quest’ultima la via di pace a cui pensa Mattarella, e il governo, chiedo come sia possibile umiliare una potenza nucleare senza rischiare o affrontare un confitto nucleare?

Molti diranno che è ingiusto che l’Ucraina sia costretta a cedere dei territori di fronte a un barbaro invasore. Concordo! Ma la Storia, almeno per quanto ricordi dai miei studi classici, ci insegna che dopo ogni guerra c’è un trattato che stabilisce uno spostamento dei confini in base a tanti fattori ma da cui è sempre esclusa la semplificazione ‘invasore colpevole-invaso innocente’.

Pensiamo alle guerre coloniali, oppure, rimanendo a casa nostra, a come fu fatta l’Unità d’Italia, dove l’esercito piemontese invase il pacifico Regno delle Due Sicilie. Oppure alla cessione di Nizza e della Savoia. La questione di Fiume, dell’Istria e della Dalmazia. Alla fine della guerra dei Balcani, al muro di Berlino. Oppure al Vietnam e alla Corea del Sud e del Nord. La questione Palestinese o ai tanti confini contestati nel mondo a partire da quello tra Austria e Italia. La guerra è ingiusta sempre e comunque, anche perché a finire sottoterra ci vanno sempre vittime innocenti ma alla fine contano solo le ragioni di chi vince.

E quindi se non siamo in grado di sconfiggere la Russia e Putin senza il disastro atomico credo che si debba affrontare la questione su basi più realistiche, magari sarebbe utile pensare a un onorevole pareggio e salvare qualche vita.

Oppure il governo sa che le sanzioni, che l’Occidente ha messo in atto contro la Russia, stanno avendo un effetto tale che la Russia si ritirerà in buon ordine? Se è così ben venga la benzina non a 2 ma a 3 euro, l’aumento del 100% della pasta e la chiusura della pesca e di tutte le industrie in sofferenza per l’aumento delle bollette. Possiamo però avere un report indipendente e credibile che ci dica come va l’economia in Russia? Che dimostri che l’effetto delle sanzioni sulla vita dei russi sia almeno superiore ai danni che patiamo noi?

C’è un’altra questione. In ogni libro di storia, prima della narrazione di un conflitto, ci sono le cause prossime e remote che lo hanno generato. Cosa c’è di vero nella narrazione russa sull’operato battaglione Azov nel Donbass? Solo propaganda? Qualche informazione sulla qualità della democrazia in Ucraina si può avere? Possibile che si debba leggere il ‘filoputiniano’ NY Times per avere qualche traccia di discussione seria? Con tutta la simpatia e solidarietà per gli invasi, se dobbiamo rischiare un conflitto nucleare e mandare l’economia in crisi è lecito chiedersi se tutto ciò abbia un senso?

Infine c’è il tema della identità europea, di cui nessuno parla. Se l’Ucraina è parte dell’Europa a maggior ragione lo è la Russia. Siamo di fronte a un conflitto interno europeo ma abbiamo scelto che siano gli Usa a dettare la linea, come se fossimo una penisola araba qualsiasi, con la conseguenza di spostare il confine dell’Asia dagli Urali a quello ovest della Russia (ex) europea e regalata alla influenza cinese.

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