Società

Coppia suicida a Forlì, come analista ho avuto a che fare con ‘fuoriusciti’ da gruppi parareligiosi

‘Vogliamo trovare altrove la nostra pace e altre possibilità per noi’, sono queste le ultime parole vergate da Paolo Neri e Stefania Platania, morti suicidi in quel di Spinello. Tra le varie piste percorse per motivare questa drammatica scelta, molti media hanno ricordato il fatto che i coniugi erano da tempo usciti dalla Ramtha’s School of Enlightenment, un culto new age di origine statunitense, gruppo che in quella località contava diversi adepti. E’ tuttavia fuori luogo, è bene sottolinearlo nettamente, stabilire – come molti quotidiani hanno forse un po’ frettolosamente fatto – un nesso causa-effetto tra questa lontana appartenenza (si parla di dieci anni fa) e il loro tragico gesto.

Questo episodio offre però la possibilità di fare alcune considerazioni sullo sfilacciamento del legame sociale e il conseguente fenomeno delle cosiddette ‘sette’ ad esso collegato, binomio ampliatosi a dismisura nel tempo pandemico. La vita dei coniugi, il loro operare, l’aver costruito sotto casa un bunker per prepararsi ad una imminente fine del mondo danno il destro per ampliare la discussione e indagare la ricerca di luoghi, fisici e virtuali, di gruppi, associazioni dove cercare protezione da parte di molti cittadini a causa dello stato di precaria incertezza e insicurezza che ha travolto tanti uomini e donne provenienti da diversi strati sociali. La pandemia non solo ha incrinato tante certezze, ma si è innestata su una crisi economica che, già prima del Covid, andava sbriciolando posti di lavoro, generando quelle condizioni di precarietà cronica alla quale tanti hanno cercato un rimedio. Chi ha scelto la famiglia, chi la famiglia invece l’ha persa, chi ha optato per la farmacologia, chi per la ricerca di ascolto e chi, purtroppo, è finito nelle grinfie di sette incantato dai discorsi di guru in cerca di adepti da intruppare e spennare economicamente.

Ho iniziato ad interessarmi del fenomeno del plagio mentale dopo averlo incontrato e successivamente accogliendo molti reduci da psicoterapie devastanti operate da maldestri e raffazzonati epigoni di Freud, nebulizzati al momento del redde rationem con il loro operato. Mi sono rivolto poi all’accoglienza e al trattamento delle persone cadute nelle spire delle sette.

In questi anni di attività ho avuto che fare con decine di ‘fuoriusciti’ da gruppi a sfondo parareligioso, ad orientamento misticheggiante, congregazioni che attendevano la fine del mondo nonché devoti ad incarnazioni di novelli messia in cerca di facili guadagni. Una delle caratteristiche di alcuni dei capi di queste sette è il richiamo a massime nietzschiane, evocate a validare azioni ammantate di spirito fondativo, rete oscurante per celare intenti manipolativi e predatori. I fondatori a sfondo perverso sono soliti mascherare la loro predace fame di adepti indossando l’abito dei novelli portatori di scandalose verità, ‘costretti’ a reclutare altrove i discepoli perché forzati dal fato, favorendo movimenti scismatici all’interno dei gruppi più strutturati dai quali spesso provengono.

Spacciarsi per novello Gesù, colui che resiste alle regole ossidate tiranniche dell’ordine costituito, è il modo col quale il soggetto perverso nobilita le sue basse gesta, il suo desiderio di raggruppare manipoli di adepti facilmente addomesticabili. Con la scusa del ‘creatore’ il perverso condottiero nasconde la sua atavica allergie alle regole altrui, la sua incapacità di sottomettersi ad esse, perché lo limitano, lo inibiscono, frenano il desiderio di fama e godimento illimitato. Sovente infatti si tratta di personaggi che hanno avuto guai con la legge, pregressi di violenza o sono stati messi ai margini dal legame sociale per condotte illecite. Le truppe scelte devono essere attentamente selezionate, dotate di grandi venature di isteria, o menti assai fragili, affinché possano prendere per valide tutte le verità assolute delle quali il neo messia necessita per giustificare la chiusura delle porte della sua setta. Costoro intruppano la prima linea nella difesa dell’ortodossia perversa, bevuta come legge infusa e permeata di etica.

Sono questi che, quando la polizia fece irruzione nella tenuta a Waco, per primi spararono agli agenti per difendere il loro guru. Son questi che sui sociali ti inondando di insulti se osi mettere in dubbio le parole o la condotta del loro maestro (io ho collezionato diverse velate minacce private per aver una criticato questi sistemi, uno di questi fatto da un collega per via messaggistica). Molti dei suicidi che avvengono a seguito del crollo del castello di carta di questi neo superuomini è legato appunto alla precisione svizzera con la quale si svolgono i reclutamenti. Individui sovente con povertà culturale e facilità di manipolazione, indotti a credere che il neo Gesù sia il loro salvatore, al punto da chiudere ogni tipo di contatto con amici, familiari e altri legami, facendo della parola del maestro la loro unica strada di vita. Morendo il maestro, muoiono con esso togliendosi la vita.

La pandemia ci ha insegnato qualcosa di nuovo. Al di là del binomio guru-soggetto fragile e facilmente manipolabile, la verità che questi anni hanno fatto emergere in maniera inconfutabile è che non è affatto vero che queste spire settarie avvinghino solo soggetti ‘deboli’. Al contrario, il principio dell’obbedienza è un elemento assai più diffuso di quello che si possa immaginare e recluta uomini e donne del cosiddetto ‘mondo normale’. L’attempato e serioso uomo che vi passa di fianco mentre siete al supermercato, l’azzimata professoressa che sale in cattedra, il rigido direttore di azienda, il pensionato, la casalinga, l’operaio. Molti di essi nottetempo si recando in luoghi nei quali si assoggettano a regole di vita, di comportamento emanate da guru, profeti e guaritori portatori di verità mistiche e millenaristiche.

Vero è che il principio di realtà prima o poi fa capolino nella mente di individui che sino ad un momento prima si definivano adepti di questo o quel maestro, così da permettere loro una fuga da quelle spire. E’ doloroso e clinicamente interessante ascoltare i loro racconti, che descrivono una devozione spesso totale, portata sino alle estreme conseguenze fatta di annullamento della personalità e distruzione dei legami sociali in funzione dell’obbedienza ai capricci del capo.

Si tratta di un fenomeno attuale, frutto di un innato desiderio di servire il padrone che alberga in tanti comuni cittadini, sdoganato ed ampliato dal tempo pandemico. Abbiamo insomma a che fare con quel mondo normale che ancora oggi colma le sale di questi capi adunanze, uomini e donne che hanno nel tempo visto sbriciolare le loro fedi, i loro deboli credo, e pur di non arrendersi ad una quotidianità spesso grigia e ripetitiva sono pronti a giurare fede a credi strampalati o, peggio, offrire la loro devozione a personaggi istrionici che, una volta interiorizzati, diventano padroni delle loro vite. Qua sta la questione squisitamente clinica: il guru, il maestro, il caposetta diventa letale quando diventa una parte integrante del sistema psichico della vittima, quando cioè viene interiorizzato sino a tramutarlo in una sorta di entità superegoica dalla quale accettare ordini, desideri e capricci. La fragilità di coloro quali non riescono ad uscire diventa evidente quando, nonostante le finestre aperte lascino trasparire la realtà, l’ancoraggio che essi hanno effettuato alle idee solide del guru sopravanza il reale, preferendo saldarsi definitivamente ad un destino di martirio e devozione che può portare anche alla morte.

Tornando al caso della morte dei due coniugi, impossibile non pensare ad una struttura con venature persecutorie preesistenti, probabilmente fragili, se è vero come le cronache dicono che sono stati capaci di costruire un bunker sotto la loro casa.