Musica

Eurovision 2022, Achille Lauro stupisce anche se il risultato non lo premia. Sbaglia chi lo paragona ai Maneskin

Eurovision 2022, Torino, grande trampolino di lancio per la nostra Italia, grazie anche alle immagini di bellezze e tesori del nostro Paese che precedono l’esibizione di ogni artista in gara, promuovendo il territorio a beneficio di un ritrovato turismo.

Convincono Mika e Laura Pausini, entrambi adatti al ruolo, spigliati e professionali. Di lei apprezzo tra le altre cose la padronanza dell’inglese, cosa per niente scontata tra artisti e personaggi dello spettacolo spesso con poca conoscenza o pratica della lingua straniera, a dispetto invece di assurdi inglesismi ormai imperanti oltre misura nel linguaggio comune e dell’informazione soprattutto televisiva. Abbandonate le lungaggini cui siamo abituati con il nostrano Sanremo si viaggia veloce, canzone dopo canzone, acquistando puntualità svizzera. Il commento in italiano (Cristiano Malgioglio non si smentisce mai, trovo perfetto il suo mix di ironia, autoironia, giocosità e professionalità) ci ricorda ancora una volta che siamo davanti a una trasmissione che sarà vista da un pubblico davvero grande. Fa specie che dall’Ucraina si trasmetta da un bunker, ma come sempre lo spettacolo va avanti e ci ricorda solo da lontano la vita reale che gira intorno.

Lontani i tempi in cui a vincere fu Gigliola Cinquetti, nel 1964 con Non ho l’età (per amarti), lontani anche quelli di Toto Cutugno con Insieme nel 1992. Stile tutto italiano per entrambi i trionfatori di quelle edizioni, molto diverso l’immaginario proposto dai Maneskin che con la vittoria di Zitti e buoni nel 2021 ci hanno permesso di ospitare per la terza volta lo spettacolo, quest’anno al PalaOlimpico di Torino. Una edizione con diverse proposte musicali interessanti, arricchita da balletti, coreografie, scenografie e luci pazzesche, oltre ad abiti preziosi, eleganti o semplicemente eccentrici. Non sempre le novità sono tali: il duo norvegese dei Subwoolfer ha ricalcato le orme degli ormai sciolti Daft Punk, che negli anni Novanta hanno prodotto splendida musica elettronica, tenendo segreta la loro identità e circondando le loro esibizioni di mistero grazie ai volti coperti da caschi luminescenti.

In questa seconda semifinale Achille Lauro ha dovuto confrontarsi con una serie di artisti giovani belli e bravi, alcuni dei quali provenienti dai talent dei loro Paesi, molti con canzoni in lingua inglese (tra gli altri ho apprezzato Nadir Rustamli rappresentante dell’Azerbaijan con Fade To Black). Lauro giocava in casa ma non aveva affidato esclusivamente alla vittoria la sua partecipazione, concetto espresso in conferenza stampa quando ha affermato che per loro (parla sempre al plurale riconoscendo evidentemente importanza a chi contribuisce al suo successo) questa sarebbe stata soprattutto un’opportunità per presentarsi a un pubblico più ampio. Con grande perspicacia infatti si era proposto a San Marino vincendo le selezioni che lo hanno portato qui.

La sfida non era facile anche se la sua esibizione ha infiammato il pubblico presente e probabilmente anche quello di casa. Lauro ci ha abituati a tutto ormai, e penso fosse calcolato che per questa occasione bisognasse esportare alcuni suoi marchi di fabbrica, tra cui il bacio con il fedele Boss Doms, repertorio che ha già ampiamente sperimentato con noi ma forse altrove sarà stato una sorpresa. Aveva detto di non aver scritto un brano per l’occasione, come già era successo per altre competizioni, ma di aver scelto Stripper per portare qualcosa di forte, una canzone nella quale il concetto è quello della libertà, un incitamento a essere liberi di scegliere.

Sempre nella stessa conferenza, dove ha risposto nel suo solito modo garbato, educato e pacato a domande a volte non tanto interessanti, ha dichiarato che lui e il suo team hanno lavorato per portare all’Eurovision qualcosa che non aveva ancora fatto nessuno. E sicuramente chi ha corta memoria non ricorda un cavallo da rodeo come scenografia di un brano, però chi ha qualche anno o conoscenza in più ha visto Madonna nel video di Don’t tell me, vestita da cowboy in sella a un toro meccanico. Certamente consapevole citazione da parte di Lauro, che utilizza il passato per dare nuova linfa alle sue creazioni, tanto più che richiama espressamente Madonna nel testo con la frase Like a virgin, oltre a rimandare alla nostra Caterina Caselli con le parole: Nessuno mi può giudicare. Molto sfavillante come sempre il suo aspetto patinatissimo, fatto di tuta attillata nera velata, lustrini, boa di struzzo e trucco pesante. A dirla tutta anche il suo toro meccanico aveva un tocco particolare con quel rosa acceso. Una mescolanza dei due generi in cui consegna la sua virilità, che non riesce a celare con nessuna delle sue eleganti e strabilianti mise, alla libertà di essere e amare chi si desidera. Lauro vuole essere unico, il complimento più grande per lui è riconoscergli la sua identità.

Di sicuro scomoda la domanda di chi lo ha paragonato ai Maneskin, cosa che tra l’altro trovo non appropriata. Entrambi provengono dalla strada, ma mentre il gruppo utilizza un’estetica trasgressiva su componente musicale più o meno standardizzata, Lauro si serve di se stesso come tramite per una sperimentazione di generi, i più vari e disparati dai quali attinge, delegando alla sua forte e sicura personalità il ruolo di collante tra gli stessi, dimostrando ogni volta una grande conoscenza del passato musicale che cita, omaggia, mescola, ottenendo un risultato proprio e riconoscibile.

Lauro gioca, si diverte, appare e probabilmente è libero. Di scegliere cosa proporre e come farlo. Ha lavorato anni per raggiungere questo risultato. Non è un artista in embrione, ha già consolidato una sua posizione che chiaramente dovrà essere in grado di mantenere. Il carisma, la sua seduzione, la voce e il modo di cantare particolari, il potente muro punk rock di chitarre distorte del brano non hanno sfigurato nemmeno ieri pur in presenza di concorrenti molto agguerriti. Stripper, come già era successo per Domenica, dal punto di vista musicale ha un impatto meno immediato e dirompente di altri brani del passato che catalizzavano e inchiodavano al loro primo ascolto, tuttavia entrambi avvincono e catturano successivamente, allo stesso modo degli altri, confermando la nostra dedizione all’eclettico artista.

Certo per chi lo ama dispiace che la sua avventura sia finita qui, ma Achille Lauro ha già in programma un lungo giro di concerti in tutto il Paese. Fino alla prossima sorpresa.