Cronaca

Taser ai vigili urbani di Roma? Perché il sindaco Gualtieri deve impedirlo

Alcuni giorni fa il Consiglio comunale di Roma ha approvato una mozione presentata dalla Lista Calenda e da Fratelli d’Italia per dotare anche i vigili urbani capitolini della pistola Taser, che da metà marzo ha già cominciato a essere distribuita a polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza in 18 città italiane (Roma compresa).

Il Taser è una pistola a impulsi elettrici capace di immobilizzare temporaneamente il destinatario dell’elettroshock. Come altre volte è accaduto, l’Italia copia sulle politiche di sicurezza gli Stati Uniti d’America, dove la pistola elettrica è in dotazione alla polizia sin dal 2000.
Alcuni anni fa un’inchiesta dell’agenzia giornalistica Reuters, che esaminò centinaia di certificati autoptici, mostrò come il Taser sia tutt’altro che innocuo: tra il 2000 e il 2017 più di mille persone hanno trovato la morte dopo essere stati storditi dalla scossa elettrica. Non è facile capire esattamente il ruolo giocato dal Taser nel decesso, ma oltre 150 autopsie lo citavano esplicitamente quale causa unica o concausa della morte.

Presumibilmente i numeri sono ben più alti. La stessa azienda produttrice, la Taser International Incorporation, riconosce un rischio dello 0,25%. Ogni 400 persone, una rischia di morire. Se l’effetto è legato a patologie neurologiche o cardiache pregresse, è evidente come queste non siano individuabili al momento dell’intervento. Dopo aver dibattuto per quasi un secolo sull’utilizzo dell’elettroshock in psichiatria, diamo adesso al singolo poliziotto la possibilità di improvvisarne la somministrazione fuori da qualsiasi base scientifica.

Ancora leggendo i dati dell’inchiesta Reuters, troviamo che una su quattro delle persone decedute soffriva di un disturbo mentale o neurologico. In nove episodi su dieci la vittima era disarmata, a dimostrazione di come il fatto di avere l’arma a disposizione induca a utilizzarla anche al di là dello stretto necessario per la difesa.

Pochi giorni fa, nel quartiere romano di Tor Bella Monaca, alcuni poliziotti, freschi dell’aver ricevuto la pistola Taser nella loro dotazione, l’hanno utilizzata contro un uomo destinatario di un’ordinanza cautelare per motivi di droga, il quale al loro ingresso nella sua abitazione aveva iniziato a tagliarsi per protesta con un coltellino. Un comportamento evidentemente disturbato e non particolarmente pericoloso, visto che l’uomo era solo con la giovane fidanzata mentre i poliziotti erano diversi.

È evidente come la pistola Taser non vada a sostituire nella prassi di polizia un’arma più letale quale la pistola ordinaria, bensì armi meno offensive quali il manganello o addirittura l’intervento di immobilizzazione a mani nude, cui i poliziotti si presume siano addestrati. Si poteva e si doveva evitare la dotazione del Taser a tutte le forze di polizia. Ma sicuramente, ancor più, ci sono due ambiti dove il Taser non deve assolutamente sconfinare: la polizia penitenziaria e la polizia municipale.

Quanto alla prima, non c’è organismo internazionale che non vieti l’uso delle armi in carcere. Ancor più dopo aver visto le immagini di Santa Maria Capua Vetere, sappiamo quanto sia importante che il carcere non sia un luogo conflittuale e violento. La finalità costituzionale della pena deve puntare a un carcere nel quale si respiri un clima sereno, con un trattamento penitenziario volto al recupero sociale. Servono istruzione, formazione, operatori sociali, educatori. Gli operatori penitenziari hanno dimostrato di avere grandissime professionalità e di saper gestire i conflitti con il dialogo, senza aver bisogno di quelle scariche elettriche che non farebbero altro che alimentare le tensioni.

Quanto ai vigili urbani, ancor più dobbiamo evitare che si trasformino nell’ennesimo corpo di polizia armato. Essi non devono avere funzioni di ordine pubblico, essendo nati ed essendo stati addestrati con altre finalità. Quando, già nel 2018, si volle allargare la sperimentazione del Taser alla polizia locale delle città con oltre 100.000 abitanti, Antigone scrisse ai sindaci dei grandi comuni italiani proponendo un ordine del giorno volto a non aderire alla sperimentazione. L’ordine del giorno fu al tempo approvato a Bergamo, Palermo, a Torino e a Milano. Ci auguriamo che anche a Roma il sindaco Gualtieri sappia riconoscere i danni che provocherebbe l’attuare la mozione votata dal Consiglio.