Economia

Guerra Russia-Ucraina, la metalmeccanica italiana stretta tra carenza di materie prime, rincari dell’energia e blocco delle esportazioni

Il comparto vale metà dell'export italiano verso Mosca e verso l'Ucraina. Ma sono soprattutto le importazioni a rappresentare un problema in questo momento. Il mancato arrivo di materie prime e semilavorati impatta “sui primi anelli della catena dei processi di trasformazione, la metallurgia” e si “ripercuote sugli anelli successivi rendendo difficile produrre”, spiega il dg di Federmeccanica. Alcuni comparti già soffrono. Le fonderie rischiano di restare senza pani di ghisa nelle prossime settimane

Dopo un 2021 da record, in cui la produzione ha superato il livello del 2019, la metalmeccanica italiana si trova davanti mesi difficili. E non solo per il possibile blocco delle esportazioni verso la Russia. A incidere sono soprattutto gli intoppi nelle forniture. “Abbiamo già dei riscontri di problemi nella catena di approvvigionamento” sottolinea Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica. Tuttavia, queste difficoltà si erano già manifestate prima della guerra in Ucraina, come prova il calo dell’1,8% del quarto trimestre dell’anno scorso sui tre mesi precedenti. Il conflitto, però, le ha decisamente aumentate. “C’era un problema sulle materie prime e sull’energia”, prosegue Franchi, “sia nel comparto metalmeccanico che nell’industria in generale: la situazione geopolitica non potrà che acuirlo”. Anche perché i legami economici con la Russia e l’Ucraina sono stretti per il settore.

La metalmeccanica, infatti, rappresenta la metà dell’export italiano verso Mosca, con 3,8 miliardi di euro su 7,7 miliardi. Un discorso analogo vale per l’Ucraina. Le esportazioni sono pari a 1,9 miliardi, di cui 800 milioni di euro derivano dalla meccanica. Ma sono soprattutto le importazioni a rappresentare un problema in questo momento: dall’Ucraina, su un totale di 3 miliardi di euro, 1,8 miliardi sono prodotti metallurgici, come ferro, ghisa e acciaio di prima trasformazione. Dalla Russia, invece, nel 2021 sono arrivati in Italia acciaio e materie prime siderurgiche per un valore di 1,2 miliardi di euro. “Anche se non si tratta di cifre particolarmente elevata dal punto quantitativo – le nostre importazioni di prodotti metalmeccanici sono di 190 miliardi di euro – è comunque un grosso problema”, spiega Franchi. La carenza di materie prime e semilavorati, infatti, impatta “sui primi anelli della catena dei processi di trasformazione, la metallurgia,” e si “ripercuote sugli anelli successivi rendendo difficile produrre”, continua il dg di Federmeccanica. Si tratta di un problema che sta già facendo sentire i suoi effetti su alcuni comparti metalmeccanici.

Fonderie senza pani di ghisa – Le fonderie, per esempio, rischiano di restare senza pani di ghisa nelle prossime settimane: il 20% del materiale importato in Italia proviene dalla Russia. Insomma, gli effetti sulle imprese metalmeccaniche sono solo ritardati. I rincari e le difficoltà nelle forniture, infatti, si trasmettono prima sulle siderurgie e sulle fonderie e solo in un secondo momento investono la meccanica. A ciò va aggiunto il possibile blocco delle esportazioni verso la Russia in un contesto già sfibrato dai prezzi fuori controllo delle materie prime e dell’energia. “C’è una situazione di grande incertezza e un’estrema volatilità”, prosegue Franchi, “e per le imprese che devono programmare a sei mesi, oppure a un anno, questo genera difficoltà enormi”. Difficoltà che mettono le aziende di fronte al bivio se produrre in perdita o fermare gli impianti.

Problemi di costo e di approvvigionamento – “Non è solo un problema di costo, che è un problema immenso, ma anche di approvvigionamento”, sottolinea il dg di Federmeccanica. “Ci si può trovare nella situazione paradossale per cui, pur avendo lavoro, si è costretti a interrompere la produzione”, dichiara Franchi. Certo, alcune aziende sono più toccate di altre, ma il quadro rischia di aggravarsi per tutti, anche per chi acquista soltanto dal mercato italiano. Blm Group, azienda che produce macchine per la lavorazione di tubi in metallo, sta iniziando a ritardare le consegne. “Abbiamo solo fornitori italiani e tutti hanno problemi ad approvvigionarsi”, spiega il manager Giovanni Zacco. Ma queste criticità non sono solo figlie della guerra in Ucraina. Già da prima, infatti, il mercato dell’acciaio era si trovava su un crinale delicato, tra prezzi raddoppiati e difficoltà a reperire il materiale. Con il conflitto, poi, la situazione rischia di precipitare. “Tutti i costi sono cresciuti: dalle materie prime ai trasporti” e adesso “ci sono ritardi che potrebbero incidere sul fatturato”, sottolinea Zacco.

Quello che temono le aziende metalmeccaniche è soprattutto un rallentamento dell’economia in seguito alla guerra. “Finora non abbiamo avuto disdette”, prosegue il manager di Blm Group, “ma le cose potrebbero cambiare rapidamente in peggio”. Insomma, l’incertezza è elevata. “Già adesso abbiamo delle commesse a cui non potremo dare seguito”, sottolinea Zacco. La fortuna dell’azienda è di venire da anni molto buoni: “Inoltre il nostro portafoglio ordini ci mette al riparo per tutto il 2022”. Per Blm group, che realizza l’80% dei suoi ricavi all’estero, il problema principale è il blocco delle esportazioni. “Anche se per noi la Russia non è un mercato di sbocco primario, le sanzioni potrebbero colpirci in modo indiretto”, spiega il dirigente, “produciamo macchinari: è chiaro che se i nostri clienti non possono vendere hanno meno bisogno dei nostri prodotti”. E anche per i beni che non ricadono sotto i divieti si registrano delle difficoltà: “I pagamenti dalla Russia sono bloccati e quindi le esportazioni sono di fatto ferme”.

Verso la Russia 7,7 miliardi di esportazioni – Una situazione che appare in tutta la sua gravità se si allarga la visuale all’intera economia italiana. La nostra dipendenza dalla Russia, infatti, non si limita al solo settore dell’energia. Oltre ai quasi 30 miliardi di metri cubi annui di gas naturale che il nostro Paese importa da Mosca, su un fabbisogno di 70 miliardi, bisogna considerare anche il resto dell’interscambio commerciale. Nel 2021 le importazioni dalla Russia sono state pari a 14 miliardi di euro, dei quali 3 miliardi di euro di prodotti metalmeccanici, soprattutto semilavorati e materie prime per la siderurgia (1,2 miliardi di euro). Di contro le esportazioni italiane sono state di 7,7 miliardi di euro, la metà delle quali (3,8 miliardi) erano macchinari. Per il resto, i settori più importanti sono l’abbigliamento con 909 milioni di euro, la farmaceutica (603 milioni di euro), la chimica (574 milioni), le apparecchiature elettriche (490 milioni), poi articoli in pelle (399 milioni), gli alimentari (347 milioni) e i mobili (349 milioni).