Ambiente & Veleni

No al bollino nero per i cibi che contengono alcol: bocciata la proposta dell’inventore di Nutriscore. E l’Italia rilancia il suo Nutrinform

Palazzo Madama ha votato all'unanimità una mozione per chiedere al governo un’azione più incisiva per “impedire qualsiasi forma di discriminazione compiuta ai danni di particolari prodotti del nostro Paese". Nel frattempo i ministri Di Maio, Patuanelli e Speranza hanno rilanciato il sistema a batteria italiano contro quello a semaforo francese, con il suo autore che aveva tentato il colpo di coda della discriminazione per tutti gli alimenti che contengono quantità anche minime di alcol

Il Parlamento chiede al Governo Draghi un’azione più incisiva per “impedire qualsiasi forma di discriminazione compiuta ai danni di particolari prodotti del nostro Paese”. Lo fa con una mozione, approvata all’unanimità in Senato (229 favorevoli, nessuno contrario, nessun astenuto). Il contesto è quello della guerra sul sistema di etichettatura nutrizionale obbligatorio che la Commissione Ue ha proposto nell’ambito della strategia Farm to Fork, da adottare entro la fine del 2022 e della sfida tra il sistema a semaforo Nutri-Score ideato dai francesi e già adottato in sette Paesi, e l’altenativa italiana, la NutrInform Battery. Che, sempre in queste ore, i ministri italiani della Salute, delle Politiche agricole e degli Esteri hanno presentato con un evento organizzato alla Farnesina. Una ‘guerra’ dai risvolti tutt’altro che scontati, come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, sottolineando vantaggi e svantaggi di entrambi i sistemi. Ma l’approvazione della mozione arriva in un momento particolare, ossia nelle stesse ore in cui l’Europarlamento votava il testo sulla strategia per la lotta ai tumori, arrivando alla conclusione che “c’è differenza tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche e non è il consumo in sé a costituire fattore di rischio per il cancro”. Vince la linea (anche) italiana, almeno su questa battaglia.

LA PROPOSTA CONTRO I CIBI CHE CONTENGONO ALCOL – Una discussione, quella sull’alcol, accesa già da giorni, proprio nel contesto della guerra tra Nutri-Score e NutrInform. Nel sistema francese, infatti, a ogni singolo alimento (su 100 grammi o 100 ml di prodotto) vengono assegnati una lettera e il relativo colore (A, verde scuro; B, verde chiaro; C, giallo; D, arancione; E, rosso), in base a un algoritmo che tiene conto degli elementi nutrizionali da limitare (calorie, grassi saturi, zuccheri e sale) e da prediligere (fibre, proteine, frutta, frutta secca e verdure). Solo che nei giorni scorsi il suo ideatore, Serge Hercherg, ha proposto di aggiungere anche una F, stampata in campo nero, a indicare la massima pericolosità dei prodotti alimentari da ritenere più pericolosi, ossia quelli che contengono alcol, anche in percentuale minima. Una proposta bocciata dalla Commissione Ue, ma dopo la quale si è scatenata una polemica molto aspra. Il sottosegretario alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, ha subito tirato in ballo il presidente francese Emmanuel Macron che solo agli inizi dell’anno ha firmato un lungo elogio del vino, definendolo parte integrante della tradizione e dello stesso essere francese. La Lega ha presentato un’interrogazione alla Commissione Ue per sondare il terreno. Sul piede di guerra, oltre che la politica, anche Cia-agricoltori italiani, Coldiretti e Confagricoltura, con il presidente Massimiliano Giansanti che ha commentato: “Ora abbiamo veramente superato ogni limite”, sottolineando che “il limite più evidente del sistema Nutriscore è quello di classificare gli alimenti sulla base di un algoritmo che ignora completamente le quantità che sono normalmente consumate”. Eppure parliamo di un sistema che ha incassato i pareri positivi di oltre 40 società scientifiche, oltre a quelli dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.

LA PRESENTAZIONE DEL NUTRINFORM E LA MOZIONE ITALIANA – Ma l’Italia non si ferma. Il 15 febbraio, alla Farnesina è stato presentato lo schema di etichettatura ‘Nutrinform Battery’. Presente anche il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ha sottolineato l’obiettivo “di salvaguardare gli interessi di ogni singola produzione delle filiere agroalimentari europee e di tutelare l’esportazione delle eccellenze alimentari che beneficiano di denominazioni di qualità (come i marchi Igp e Dop), le quali potrebbero trovarsi ingiustamente penalizzate dall’adozione di sistemi di etichettatura fondati su algoritmi svantaggiosi”. Per il ministro della salute Roberto Speranza il sistema “ambisce a creare una nuova consapevolezza sui valori della dieta mediterranea”. Mentre il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, anche lui presente, ha detto: “Sento e vedo una volontà comune di alcuni Paesi di portare le produzioni agroalimentari verso livelli di omologazione che l’Italia non può accettare”. Anche il Senato ha preso posizione. Con la mozione appena approvata chiede al governo di assumere in Europa “una posizione più determinata” e che intraprenda ogni opportuna iniziativa affinché “venga riconosciuto il valore delle produzioni agroalimentari di qualità ottenute con modelli produttivi e disciplinari che ne garantiscono origine, procedimenti produttivi, caratteristiche organolettiche e nutrizionali, nel cui solco si colloca il made in Italy, il quale esprime qualità, sicurezza e salubrità”. Nel chiedere di “impedire qualsiasi forma di discriminazione” si parla dell’assegnazione dei fondi europei per la promozione di alimenti “considerando l’alta qualità nutrizionale e l’attenzione verso la sostenibilità ambientale e la biodiversità che le produzioni made in Italy garantiscono attraverso il delicato connubio tra antica tradizione ed innovazione tecnologica”. Questa è la posizione italiana, ma in Europa (e non solo) c’è chi si domanda se i prodotti made in Italy siano effettivamente quelli raccomandati nella Dieta Mediterranea e fino a che punto il sistema a batteria voglia tutelare quest’ultima e non, appunto, le produzioni e le aziende italiane.

LA STRATEGIA PER LA LOTTA AI TUMORI – Nel frattempo, però, almeno sull’affaire ‘alcol’ ha vinto la linea anche italiana nel voto espresso dal Parlamento europeo, che ha modificato la relazione sul Piano di azione anti-cancro. Dal testo è stato cancellato il riferimento ad avvertenze sanitarie in etichetta, e introdotto l’invito a migliorare l’etichettatura delle bevande alcoliche con l’inclusione di informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcol. Passano, quindi, in Aula gli emendamenti depositati dagli eurodeputati della cosiddetta ‘maggioranza Ursula’ Paolo De Castro (Pd, S&D), Herbert Dorfmann (Svp, Ppe) e Iréne Tolleret (Renaissance, Renew). Insomma passa la linea di Strasburgo. In due parti del testo, infatti, al riferimento al consumo di alcol è stato aggiunto il termine “nocivo”, ritornando alla formulazione originaria del piano anti-cancro proposto dalla Commissione europea. Questi emendamenti hanno ottenuto l’appoggio degli europarlamentari con 381 voti contro 276 e 386 voti contro 270. La sostituzione del riferimento alle avvertenze sanitarie in etichetta con l’invito a fornire informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcol, è passato con 392 voti contro 251. Bocciato, poi, l’emendamento che modificava il riferimento al ricorso alla tassazione tra le opzioni per scoraggiare il consumo nocivo di bevande alcoliche. Non che tutti fossero d’accordo. A iniziare dall’eurodeputata Alessandra Moretti, relatrice del testo per il gruppo dei Socialisti europei, che ha parlato di “polemiche strumentali”, mettendo in guardia contro il rischio che “un’innovazione straordinaria come il piano europeo per la lotta al cancro” fosse ridotto, per fini politici, ad un tentativo di attaccare un settore specifico. Preoccupazioni condivise anche dalla Commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides. A cose fatte, a esultare sono stati in tanti. Per il sottosegretario Centinaio “ha prevalso il buon senso”, mentre il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha ricordato che “il settore vale 12 miliardi di fatturato dei quali 7,1 miliardi di export e offre direttamente o indirettamente occupazione a 1,3 milioni di persone”. E Patuanelli: “Ci siamo opposti alle strumentalizzazioni e, ancora una volta, al tentativo di etichettare le nostre eccellenze in maniera fuorviante, con improbabili bollini neri”.