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La Polonia non paga la multa Ue per non aver chiuso la miniera di Turow e Bruxelles passa all’incasso: “Tratterremo i soldi dai fondi”

La diatriba sulla lignite, secondo diversi osservatori, altro non è che un test della Commissione in vista della partita riguardante lo stato di diritto, versante sul quale la Polonia è stata condannata al pagamento di una multa da un milione di euro al giorno. Per il mancato versamento della sanzione verranno subito trattenuti 15 milioni di euro del periodo settembre-ottobre

La Commissione Europea passa dalle parole ai fatti, o meglio all’incasso, nei confronti della Polonia. Dopo che la Corte di Giustizia europea ha imposto a Varsavia una multa per non aver chiuso la miniera di lignite di Turow, infatti, le sanzioni non sono state pagate. E ora Bruxelles ha notificato alla Polonia l’avviso che procederà allo storno dell’ammontare relativo al periodo 20 settembre-19 ottobre. Si tratta di circa 15 milioni di euro. E tutto avverrà in brevissimo tempo: tra dieci giorni, come spiegato da un portavoce dell’esecutivo Ue.

“Con questa procedura, la Commissione adempie all’obbligo giuridico di riscuotere le sanzioni finanziarie imposte dalla Corte il 20 settembre 2021, seguendo le norme stabilite dal regolamento finanziario in assenza di pagamento da parte dello Stato membro”. Banalmente, la Polonia non bonifica – e fonti Ue ricordano come questa sia “la prima volta” in cui non viene saldata un multa – e l’Ue allora trattiene i fondi. In totale 15 milioni di euro, visto che la sanzione è di 500mila euro al giorno. La settimana scorsa i premier di Polonia e Repubblica Ceca, Mateusz Morawiecki e Petr Fiala, hanno trovato un accordo sul contenzioso, che è partito proprio da una denuncia di Praga, visto che la miniera è vicina al confine ceco. Ma la Commissione ha precisato che, qualora la causa dovesse essere ritirata, il pregresso “varrebbe comunque”.

La diatriba sulla lignite, secondo diversi osservatori, altro non è che un test da parte di Bruxelles in vista della partita riguardante lo stato di diritto, versante sul quale la Polonia è stata condannata al pagamento di una multa da un milione di euro al giorno per non aver rispettato l’ordinanza della Corte di Giustizia relativa alla Camera disciplinare della Corte suprema polacca, che di fatto sottomette il potere giudiziario a quello politico. Se si aggiungono le leggi contro l’aborto e i media, si raggiunge un livello di guardia marcato per un Paese europeo. Non a caso l’Europarlamento ha iniziato un’azione legale contro la Commissione accusandola di “non esercitare il suo ruolo di guardiana dei trattati”.

Sui diritti l’Eurocamera vorrebbe insomma la mano pesante. I fondi del Recovery (oltre 40 miliardi) sono stati dunque sospesi. In più c’è il sollecito a pagare, così come è stato fatto per il dossier della miniera. E intanto la Corte di giustizia dell’Ue si pronuncerà il 16 febbraio sul ricorso della Polonia (e dell’Ungheria) contro il meccanismo che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto. La multa totale che la Polonia dovrebbe pagare supera allora gli 80 milioni. Il presidente Andrzej Duda ha dunque presentato un disegno di legge per smantellare la controversa sezione disciplinare per i giudici della Corte suprema, sperando così di chiudere la partita con Bruxelles.