'ndrangheta

Reggio Calabria, l’ex direttrice del carcere va a giudizio per concorso esterno: “Atteggiamenti di favore verso detenuti di ‘ndrangheta”

Maria Carmela Longo era stata arrestata nell'estate 2020: secondo l'accusa, dalle indagini è emerso come avesse favorito decine di detenuti, alcuni dei quali esponenti di spicco delle cosche di 'ndrangheta reggine. L’ex direttrice - è la ricostruzione - favoriva in particolare i carcerati nel circuito “alta sicurezza”, indagati o imputati per 416bis o per altri reati aggravati dalle modalità mafiose

Inizierà il prossimo 17 marzo il processo contro Maria Carmela Longo, l’ex direttrice del carcere “Panzera” di Reggio Calabria accusata di concorso esterno con la ‘ndrangheta e di omessa denuncia di reato. Lo ha stabilito la gup reggina Karin Catalano al termine delle udienze preliminari, accogliendo la richiesta formulata dai sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia (Dda) Stefano Musolino e Sabrina Fornaro. Difesa dall’avvocato Giacomo Iaria, Longo andrà a giudizio assieme ad altri due imputati, il medico Antonio Pollio e la detenuta Caterina Napolitano. Questi ultimi rispondono di falso. In sostanza, Pollio (difeso dagli avvocati Francesco Calabrese e Santa Spinelli) è accusato di aver attestato falsamente in un certificato di aver sottoposto a vista medica la detenuta Caterina Napolitano (difesa dall’avvocato Alba Nucera) diagnosticandole coliche renali “per evitare che partecipasse come teste a un’udienza in Tribunale”.

L’indagine, coordinata dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, aveva portato nell’estate 2020 all’arresto dell’ex direttrice del carcere, per la quale il gip aveva disposto gli arresti domiciliari. Secondo l’accusa, dalle indagini, condotte dal Nucleo investigativo centrale del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), è emerso come Longo abbia favorito decine di detenuti, alcuni dei quali esponenti di spicco delle cosche di ‘ndrangheta reggine. L’ex direttrice – è la ricostruzione – avallava le richieste dei detenuti favorendo, in particolare, quelli collocati nel circuito “alta sicurezza”, indagati o imputati per 416bis o per altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Così facendo “concorreva – si legge nel capo di imputazione – al mantenimento e al rafforzamento delle associazioni a delinquere di tipo ‘ndranghetistico”. I pm sostengono che all’interno del carcere di Reggio Calabria sia avvenuta “una sistematica violazione delle norme dell’ordinamento penitenziario” e delle circolari del Dap. Tra i detenuti che Longo è accusata di aver favorito c’è l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare condannato l’estate scorsa nel processo “Gotha” perché ritenuto una della due teste pensanti della ‘ndrangheta. Ma anche affiliati alle famiglie mafiose reggine e della provincia, tra cui boss come Cosimo Alvaro, Maurizio Cortese (oggi pentito), Michele Crudo, Domenico Bellocco e Giovanni Battista Cacciola.

Secondo gli inquirenti, nei confronti dei detenutigraditi” l’ex direttrice Longo aveva atteggiamenti di favore, dando loro la possibilità di incontrare i familiari fuori dall’istituto penitenziario e oltre i limiti previsti dalla disciplina dei colloqui. Ma non solo: la direttrice individuava solo tra i “graditi ai referenti delle cosche mafiose” i detenuti “da autorizzare all’espletamento del lavoro intramurario, nonché quelli da indicare al magistrato di sorveglianza per l’espletamento del lavoro esterno” , e faceva sì che il lavoro si svolgesse “senza controlli”. In questo modo i detenuti potevano comunicare con l’esterno, ricevendo anche beni non consentiti come orologi e profumi. Maria Carmela Longo, inoltre, avrebbe consentito “la collocazione nelle medesime celle di detenuti ristretti in circuito di alta sicurezza legati da rapporti di parentela o appartenenti allo stesso sodalizio criminoso”, rendendo così possibile la comunicazione tra carcerati dello stesso gruppo criminale. A volte, inoltre, secondo i pm richiedeva anche il trasferimento di detenuti nel proprio carcere per “soddisfare le richieste ricevute da loro o dai congiunti”.

L’altro reato per il quale è imputata Longo è l’omessa denuncia di reato. Secondo i pm, infatti, l’ex direttrice – pur essendovi tenuta in qualità di publico ufficiale – non ha avvertito l’autorità giudiziaria di alcune circostanze che le erano state riferite al padre di un detenuto poi deceduto nel carcere di Paola: si trattava di “circostanze allarmanti, indicative della possibile simulazione, da parte di detenuti di provenienza reggina che avevano minacciato il figlio durante la co-detenzione, di un gesto di autolesionismo”.