Società

Niente sport per i non vaccinati. Ancora una volta manca il senso della misura

di Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica, e Clementina Sasso, astrofisica

C’è una cosa che più di altre è mancata in questi due anni di pandemia: si tratta del senso della misura. Un senso della misura che, in un evento come quello rappresentato da un’emergenza sanitaria globale, dovrebbe guardare principalmente alla solidità delle valutazioni scientifiche, mentre troppo spesso si è sconfinati nel campo dell’ideologia e dell’etica: come era immorale passeggiare da soli in epoca di lockdown duro – per rispetto a chi soffriva, non perché ciò costituisse un ostacolo alla guarigione o potesse in alcun modo alleviare sofferenza e morti – così oggi diventa immorale l’essere sprovvisti di vaccinazione, indipendentemente dall’età e da valutazioni sui rischi del singolo individuo – sesso, abitudini sociali, etc. – che dovrebbero invece costituire il pilastro di una medicina personalizzata, insieme alla valutazione del rapporto rischi/benefici di ogni misura di prevenzione, che fino a qualche tempo fa era invece un metro fondamentale.

Ecco perché lasciano esterrefatti le disposizioni contenute nell’ultimo decreto legge del Governo Draghi circa la necessità di esibire il Super Green Pass (derivante da vaccinazione o da guarigione) a partire dai 12 anni per l’accesso a palestre, piscine, centri e impianti sportivi, sia al chiuso che all’aperto. Nel presentare il provvedimento per il Comune di Bologna, l’Assessore allo Sport della città ha dichiarato come esso risponda “all’obiettivo di proseguire in condizioni di sicurezza lo svolgimento dell’attività sportiva, fondamentale ancora di più in questo momento per il benessere psico-fisico delle persone”. Siamo rimasti colpiti da questa affermazione, in cui l’Assessore dunque ribadisce la centralità dell’attività sportiva (“fondamentale”), nel momento stesso in cui la si vieta ad alcuni in base alla loro condizione vaccinale, sulla base di supposte “condizioni di sicurezza” smentite dall’evidenza dell’ampia circolazione del virus anche tra soggetti vaccinati. E la vieta agli adolescenti i cui genitori hanno scelto, in piena legittimità, di non vaccinare i propri figli.

Di fronte all’obbligo, per gli adolescenti, di presentare un certificato vaccinale per poter praticare sport, che della crescita, appunto, costituisce un elemento fondamentale, non possiamo non constatare come, ancora una volta, venga meno il senso della misura. E da scienziati, medici, pediatri, ricercatori, lo affermiamo basandoci sulla solidità dei dati e delle evidenze scientifiche.

Tra queste citiamo i risultati di uno studio sull’attività sportiva giovanile ai tempi del Covid-19, condotto da Ieo – Istituto Europeo di Oncologia, con il supporto di diverse collaborazioni esterne, che evidenzia (ne avevamo già parlato) come la frequenza di positività al Sars-CoV-2 è stata molto simile tra chi si è continuato ad allenare durante la chiusura generalizzata delle attività sportive e chi no, anzi, si è constatata una maggior frequenza di positivi tra chi non si è allenato (12%) rispetto a chi si è allenato all’interno di centri o società sportive (9%), forse per merito dell’effetto benefico dello sport sulle difese immunitarie.

Non solo i giovani sportivi si sono contagiati di meno ma hanno vissuto le restrizioni con minore pressione psicologica e una migliore condizione fisica, rispetto a chi si è fermato con gli allenamenti. Oltre seimila genitori di atleti italiani hanno inviato il 5 gennaio scorso una lettera aperta al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al ministro della Salute, a varie Istituzioni italiane e internazionali e a tutte le federazioni sportive italiane, per richiamare l’attenzione sulla condizione dei propri figli minorenni che dal 10 gennaio non possono più partecipare alle attività sportive, o perché con green pass da vaccinazione in scadenza (e quindi obbligati ad una terza dose) o perché non vaccinati, per motivi di varia natura. I decreti legge 221 e 229 impongono nuove e drammatiche restrizioni anche ai ragazzi che fanno sport, oltre che all’intera popolazione del nostro paese.

Secondo quanto si legge nel documento (vedi @sportnegato), altri due recenti studi italiani presentano “dati allarmanti sulla condizione di molti adolescenti che, in seguito al secondo lockdown, hanno avuto problemi psicologici anche molto gravi. Si è rilevato un aumento di stati di agitazione e ansia, preoccupazione per il futuro, sintomi dissociativi, disturbi del sonno, tentativi di suicidio.” Il green pass e il super green pass, misure a nostro avviso già di per sé discriminatorie, sui minori possono causare gravi danni non giustificati dalle misure di contenimento del virus.

Concludiamo facendo nostre le congratulazioni della commissione DuPre al primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, che nei giorni scorsi ha invitato l’Unione europea a discutere la possibilità di trattare la Covid-19 come una malattia endemica simile all’influenza. È tempo di rispondere al Sars-Cov-2 con nuovi strumenti, questo è il messaggio di uno dei più grandi paesi europei. “La situazione non è quella che abbiamo dovuto affrontare un anno fa”, ha detto Sánchez. “Penso che dobbiamo valutare l’evoluzione della Covid come una malattia endemica, un’influenza stagionale, a differenza della pandemia affrontata finora”.