Società

Le teorie del complotto mi piacciono, ma solo in tv: così possiamo contrastarle

di Marco Zampetti

Le teorie del complotto mi piacciono. Credo sia iniziato alla fine degli anni ’90, quando ho visto in televisione “Ipotesi di Complotto” con Mel Gibson, un film che ai tempi mi era sembrato esageratamente fico, causa giovane età. Il protagonista è un complottista matto ma presto viene fuori che non è matto e ha ragione lui. Dunque arrivano degli elicotteri neri silenziosissimi da cui escono dei tizi nero vestiti, armati e cattivissimi, che lo vengono a cercare a casa per metterlo a tacere. Fuga, inseguimenti, finale a lieto fine.

Nello stesso periodo guardavo X Files, Essi Vivono, e molto più di recente la serie Utopia, solo per citarne alcuni. Sicuramente qualcuno ha già scritto e spiegato bene perché la fiction e le cospirazioni vanno a braccetto: credo perché è un racconto semplice e accattivante che dà senso e una direzione ad una realtà oscura e complessa. Una buona ricetta per la fantascienza, thriller, noir. Non so voi, ma io con questa dieta mi ci sfamo da sempre.

Le teorie del complotto mi piacciono, ma vederle diffuse fuori dal campo dell’intrattenimento mi piace molto meno. Vi sarete imbattuti anche voi in discorsi complottisti, assurdi e fantascientifici, ricevendo un video su Whatsapp da un amico o parente, o declamati da qualche sconosciuto al bar. Possono suscitare divertimento, stupore, ma spingono sempre più persone, paradossalmente, a rifiutare le cure in terapia intensiva rischiando la propria vita.

Come scrive un professore di storia dell’Università di Firenze in una sua pubblicazione: “L’uso delle teorie del complotto è uno strumento potente ed efficace perché adatto alla politica di massa e alla comunicazione emotiva e mitica, tipica dei nostri mezzi di comunicazione. […] Il mito del complotto è un potente fattore di mobilitazione politica, di cui l’allarme sociale è uno dei più comunemente utilizzati, con lo scopo di muovere le masse contro i propri avversari oppure sopperire al proprio deficit di legittimazione con uno sfruttamento intensivo della natura sentimentale delle masse. […] In base alla teoria della cospirazione sociale tutto ciò che accade di negativo nella società, crisi economiche, trasformazioni sociali, guerre, criminalità, disoccupazione, è il risultato di un preciso proposito perseguito da alcuni individui o gruppi organizzati” (Retorica del Complotto, Zeffiro Ciuffoletti, 1993).

Alla fine dell’Ottocento viene scritto “I Protocolli dei savi Anziani di Sion”: un libro, falso storico, creato con lo scopo di provare l’esistenza di una cospirazione ebraica per il dominio del pianeta. Più o meno l’equivalente degli odierni canali Youtube della galassia complottista. Pochi anni dopo qualcuno ha preso la teoria di questo libro, ormai ben diffusa, e ci ha basato un’ideologia politica che ha portato a perseguitare e sterminare sistematicamente i presunti cospiratori: era il nazismo. Il libro divenne parte del programma scolastico della gioventù hitleriana.

Tornando ai giorni nostri, la Commissione Europea e l’Unesco hanno preso abbastanza sul serio la diffusione delle teorie del complotto per redigere una pagina web e delle infografiche didattiche (scaricabili a questo link) per aiutare i cittadini a conoscere e contrastare questo fenomeno. Un argomento importante, che credo abbia messo in seria difficoltà ognuno di noi, è “Come parlare con una persona che crede fermamente nelle teorie del complotto”. Con questi strumenti possiamo attivarci per contrastare la diffusione delle teorie complottiste, e fare qualcosa per mantenere la nostra società un luogo civile di convivenza e scambio di idee.

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