Società

No vax, alcuni portano temi comprensibili ma le restrizioni servono a proteggere loro

di Derek

L’obiettivo dichiarato della vaccinazione era fin da subito la riduzione del rischio ospedale e del rischio morte. Ricordo benissimo il professor Massimo Galli a fine primavera ribadire questi concetti. Non era certo che i vaccini, studiati sulla prima versione del Covid-19 e non sulle successive varianti ben più contagiose, potessero contenere la trasmissione del virus, ma era ormai chiaro che avrebbero ridotto la probabilità per un contagiato vaccinato di finire in ospedale, in terapia intensiva e morire.

Del resto i dati, se letti oggettivamente, oggi dimostrano questa situazione. A seconda dei momenti, dei luoghi presi in esame, il rischio morte per un non vaccinato positivizzato appare dalle sette alle dieci volte superiore (e forse anche oltre) rispetto a un vaccinato. Ma questo evidentemente non basta.

Purtroppo, la percentuale di persone che non hanno ancora fatto la prima dose di vaccino è ancora troppo alta e sembra evidente che con il passare del tempo, seppur con numeri molto migliori dello scorso anno, gli ospedali comincino a sentire il peso di questa situazione. E’ vero probabilmente che con molti no-vax è difficile discutere, ma alcuni portano temi comprensibili.

Un tema è quello della paura per un “siero sperimentale”. Ora io posso anche comprendere questa paura, neppure io questa estate mi sono vaccinato a cuor leggero; tuttavia mi chiedo se oltre sette miliardi di inoculazioni possano oggi rappresentare un valido test. In Italia, per esempio, quasi 45 milioni di persone hanno ricevuto due dosi di vaccino e i morti accertati sembrano essere 16. Sono molti, certo, ma “molti” meno degli oltre 130mila morti di Covid.

Un altro tema interessante su cui ho sentito pareri diversi anche tra gli scienziati è quello della carica anticorpale. Chi ha avuto il Covid a volte avrebbe, anche dopo un anno, ancora un numero alto di anticorpi, e quindi: “Perché vaccinarsi?” chiede. “Perché no?” chiedo io. In fondo comunque la comunità scientifica ha delineato un protocollo, perché non fidarci? A questi aggiungerei una percentuale (secondo me non piccola) di uomini che hanno paura degli aghi (è una paura prevalentemente maschile) che aspettano il vaccino orale.

Al netto di tutto ciò, però, ora la situazione comincia a pesare non solo sugli ospedali, ma sulle famiglie e sui gruppi di amici spesso “spezzati” in due, tra chi ha il Super Green Pass e chi no. Gruppi che magari non possono cenare insieme al ristorante, fare un giro ai mercatini di Natale insieme, andare al cinema. Certo, è facile dare la colpa a chi non si è vaccinato, ma oggettivamente poco conta.

A questo si aggiunge un aspetto che secondo me rischia di diventare il tema delle prossime settimane. Stabilito che i vaccinati si contagiano, è altrettanto chiaro che moltissimi vaccinati potrebbero essere positivi senza saperlo perché proprio grazie al vaccino non hanno alcun sintomo. Ovviamente, se tutti fossimo vaccinati, anche se ci contagiassimo a vicenda non andremmo incontro a nessun problema serio. Il fatto, tuttavia, è che non siamo tutti vaccinati. Questo mi porta a pensare a come 45 milioni di italiani, in questo momento, rappresentino un rischio enorme per quei sette-otto milioni di persone che ancora non sono protette. Vista la trasmissibilità delle ultime varianti, questi rischiano davvero molto, oggi sempre di più, e la probabilità che finiscano in ospedale è alta, anche per colpa dei vaccinati.

E’ un paradosso, ma al momento le restrizioni per i non vaccinati servono più che altro a proteggere loro. Il mio timore è che non possano bastare e che a breve, per proteggere una minoranza spesso molto rumorosa, sarà nuovamente la maggioranza a dover fare la sua parte e rimetterci con nuove chiusure. Magari sbaglio. Spero.

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