Economia & Lobby

Grandi opere, un fascino irresistibile: accontentano tutti, dai politici ai contribuenti

Le Grandi Opere, principalmente di trasporto, hanno un fascino davvero irresistibile, e non solo in Italia. È fiorita sul tema persino una ricca letteratura, con studiosi internazionali di fama (uno svedese è dovuto persino espatriare, dopo che ha scritto che una linea ferroviaria oltre il circolo polare artico sarebbe servita al massimo alle renne…).

L’unico movimento politico no-Tav, i 5 Stelle, è oggi tra i più accaniti sostenitori di opere, quelle previste dal Pnrr, al cui confronto la Tav costa poco ed è forse meno disastrosa. Appare addirittura patetico che quando quel tunnel ricompare sulla stampa, alcuni 5 Stelle continuino a criticarlo: il tipico caso di trave e pagliuzza. W la Tav, inutile ma relativamente poco costosa! Di Tav (all’Italia costa quattro miliardi di euro), cioè di ferrovie, ce ne sono sul tavolo una dozzina, per 62 miliardi di euro, dei quali 25 con i soldi del Pnrr e altri 37 da reperire più tardi per finire le opere iniziate, in uno scenario di finanza pubblica perlomeno incerto.

Proviamo a capire il perché di questa ostinata fascinazione, senza continuare a parlare di tangenti, regali alle mafie ecc… Certo, ci saranno anche queste cose, ma si accompagnano a ragioni assai più solide.

In sintesi le grandi opere, anche poco utili, sono un formidabile strumento di consenso politico, perché accontentano tutti: i costruttori in primo luogo, perché i profitti sono elevati a causa della ridotta concorrenza; i politici centrali che sbandierano queste opere come “regali” erogati grazie a loro; i politici locali e i sindacati, perché creano occupazione (molto poca per euro speso, e limitata nel tempo, ma questi dettagli non si notano). Poi, anche se c’è traffico scarso, i pochi utenti sono comunque contenti, o perché non le pagano (nel caso delle ferrovie) o perché, anche strapagandole, ci corrono su volentieri (nel caso delle autostrade).

Infine, per le ferrovie, persino i contribuenti che le pagano sono contenti, perché gli han fatto credere che servano all’ambiente (una fake news come ce ne sono poche, la famosa “cura del ferro” in atto da due decenni è un fiasco colossale). Ma anche perché comunque un’infrastruttura si tocca e si vede, mentre altri sprechi sono remoti e immateriali. Infine, se un’infrastruttura risulterà semideserta, si vedrà solo parecchi anni dopo che è terminata (i primi anni sono sempre “di avviamento”). Nessuno si ricorderà più dei politici che hanno sprecato soldi pubblici.

Ma come mai un governo come l’attuale, che si connota come liberaleggiante, decide serenamente di buttare senza nessuna analisi né di traffico, né ambientale, né economica, né finanziaria, un pacco di miliardi del Pnrr per opere destinate a essere finite in un lontano futuro, in un contesto di calo demografico, soprattutto al sud, e in un settore con effetti di innovazione tecnologica nulli?

Sembra davvero un prezzo pagato ai partiti (ops, per i 5 Stelle forse bisogna dire “movimento”…) per tenerli buoni, una sorta di “polpetta” che questi si possono rivendere per ragioni di consenso elettorale di breve periodo, ognuno attribuendosene senza vergogna il merito, e inaugurando per un decennio pezzi ancora più inutili di opere inutili. Ma anche i costruttori sono contenti, al di là delle ragioni già viste: partiranno moltissimi cantieri che comunque sarà poi difficile chiudere. Infatti anche in caso di finanziamenti a singhiozzo i costi continuano a correre, le imprese non potranno essere penalizzate e i sindacati premeranno.

Si è detto che nessuna analisi a supporto dei progetti è stata prodotta dal ministero competente (che adesso si chiama Mims, con la S che sta per “Sostenibile”, termine molto di moda, come “prodotto interamente italiano”). Forse se ne faranno, ma diranno di sì a tutto, anche perché per le ferrovie, che hanno la parte del leone, le analisi saranno fatte probabilmente dalle ferrovie stesse, che sono in vistoso conflitto di interessi: dovrebbero dire dei no a soldi destinati a loro a fondo perduto.

Ma è in corso una peculiare supplenza privata: l’associazione Bridges Research Trust onlus le sta facendo a proprie spese, con una modellistica molto sofisticata e migliaia di dati. I primi risultati saranno presentati a Milano al convegno annuale de lavoce.info il 16 dicembre. La pretesa non è certo di dire “la verità”, ma almeno di provocare un qualche dibattito politico, perché per dare solo un’idea della qualità delle proposte sul tavolo, l’opera più costosa (22 miliardi di euro tutti a carico dello Stato), la linea Av Salerno-Reggio Calabria farà risparmiare ben mezz’ora di tempo rispetto alla linea esistente rimodernata. W la Tav!