Musica

Il più giovane conservatorio d’Italia compie vent’anni: impossibile non farsi trascinare

Il più giovane conservatorio d’Italia, il “Tchaikovsky” di Nocera Terinese, ha finalmente spento le candeline del suo ventesimo compleanno: già diretto dal più giovane direttore di conservatorio d’Italia, il Maestro Filippo Arlia, l’istituto calabrese ha festeggiato il suo ventesimo anniversario con un concerto tutto dedicato al più grande dei compositori russi e ad alcune delle sue più celebri pagine orchestrali.

Quello di Pyotr Ilyich Tchaikovsky è “un lirismo destinato a commuovere facilmente le masse popolari e piccolo-borghesi, effusione quindi di natura non molto elevata”. Un giudizio non propriamente lusinghiero quello che, esprimendosi a proposito del suo Concerto per pianoforte e orchestra n. 1, Alfredo Casella, compositore della celebre generazione degli Ottanta italiana, riservava al più importante compositore russo di tutti i tempi, musicista ingiustamente ricordato dai più per i suoi soli, ma immortali, balletti.

Forse Casella equivocava però la magniloquenza e la sontuosità di certi gesti, di certi temi, di intramontabili melodie con cui Tchaikovsky scolpiva il suo nome nel più grande repertorio orchestrale di tutti i tempi, come quelli contenuti proprio nel più famoso dei suoi tre concerti per pianoforte e orchestra, il primo, a cui l’autore de Lo schiaccianoci dedicherà ben tre differenti versioni: la prima, del 1875, la dedicò inizialmente al pianista russo Nikolaj Rubinstein che, di contro, si rifiutò di interpretarla giudicandola eccessivamente rozza e ineseguibile. Strano a dirsi per musica che sembra tutta frutto di una viscerale, non mediata e folgorante ispirazione: nonostante infatti Tchaikovsky non abbia inizialmente accettato di rivederne diverse parti sotto indicazione del pianista primo dedicatario, col passare del tempo accetterà di rivederla ben due volte per portarla, nel 1889, alla sua versione definitiva, la terza, quella oggi più comunemente eseguita in tutto il mondo.

Ascoltandola sabato sera al Politeama di Catanzaro sotto la direzione di uno dei più giovani direttori d’orchestra d’Italia, Filippo Arlia in compagnia della sua Orchestra Filarmonica della Calabria e del pianista russo Boris Petrushansky, non si può che dissentire dal punto di vista caselliano e farsi trascinare, merito non solo del compositore ma anche di un’eccellente esecuzione, nelle mordenti trame di una travolgente passionalità: il tema iniziale, quel mastodontico e solenne enunciato musicale prima esposto dall’orchestra e subito dopo ripreso dal pianoforte con variazioni che sono omaggio alla letteratura pianistica più virtuosisticamente lisztiana, è senza alcun dubbio tra le più rappresentative pagine di una delle vicende artistiche ed esistenziali maggiormente travagliate dell’intera storia musicale.

Lo slancio verso un altrove continuamente anelato, sospirato, verso un mondo diverso da quello nel quale il compositore si era trovato a nascere, crescere e formarsi musicalmente è tutto presente in questo tema di insondabile bellezza: talmente alto, talmente bello da lasciarsi desiderare per l’intero primo movimento, concedendosi in appena tre sole occasioni per oltre venti minuti di musica. Segue ai tre movimenti del Concerto per pianoforte e orchestra l’Ouverture 1812, altra tra le poche pagine concertistiche di Tchaikovsky ad averlo sollevato dallo stringente confine del balletto: Napoleone e la sua campagna militare russa sono i protagonisti di questo pezzo per grande orchestra, ma soprattutto, orgoglio patriottico, la sua cacciata e la vittoria dei russi sulle forze imperiali francesi del 1812.

L’Orchestra Filarmonica della Calabria è quanto mai capace di rendere al proprio pubblico tutta la forza militare che permea le pagine di questa grande pagina di storia europea, poi divenuta cornice musicale per celebrazioni patriottiche in tutto il mondo e ciò nonostante il severo giudizio del suo stesso autore: “L’ho scritta senza eccessivo entusiasmo e senza amore ed è quindi probabile che manchi di una qualche validità artistica”. Gli stessi autori, a volte, vengono di fatto smentiti dal pubblico e dalla storia.