Media & Regime

Draghi e consorte, la stampa cita e non verifica: tutto preso per oro colato

Ieri la settimana enigmistica presidenziale ha avuto uno sviluppo imprevisto quando ai microfoni di “Un giorno da pecora” ha risposto un quirinalista sui generis, il signor Antonio, titolare del bar dal suggestivo nome “Pagaroma”, in zona Parioli.

Tutti hanno diritto di dire la loro sul nome del futuro presidente della Repubblica, ci mancherebbe, ma il signor Antonio pare più titolato perché il suo bar si trova a pochi passi dalla casa romana della famiglia Draghi ed è frequentato, a suo dire, anche dalla signora Serenella, cioè da Serena Cappello Draghi, moglie di Mario, presidente del Consiglio. Il signor Antonio non ha specificato se, prima delle chiacchiere, aveva anche offerto all’illustre e sempre “riservatissima” cliente un paio di spritz, ma ha risposto di buon grado a qualche domanda degli intervistatori:

D: Ha fatto alla signora Draghi la domanda che si fanno tutti, cioè se suo marito vuole fare il presidente della Repubblica?

R: “Sì, sì, sicuramente lo fa, mi ha detto”.

D: Ha chiesto alla signora Serenella se Mario Draghi vorrebbe andare al Colle e lei gli ha detto di sì?

R: “Ha detto sì, sì, sicuramente lo farà. Me lo ha detto un po’ sconsolata, perché saranno molto impegnati. Di solito stavano sempre a Città della Pieve, andando al Quirinale sarà molto più complicato”.

La notizia, diffusa dalle agenzie, è stata riportata anche da molti giornali, senza neppure verificarne la fondatezza interpellando per un doveroso riscontro almeno, che so, il parrucchiere della signora o il titolare della “nota locanda di pesce ad Arino di Dolo (quella frequentata anche per festeggiare i compleanni di ‘Supermario’. Ma rigorosamente in orari studiati – ricorda chi li incontrava – per evitare pubblicità)” oppure, senza andar toppo lontano, “l’amatissimo Nino” che prepara la “bistecca preferita” in un ristorante di via Borgognona.

Niente, tutto preso per oro colato, come se le presunte affermazioni della signora Draghi dovessero corrispondere alla realtà e non piuttosto al suo contrario. Eppure era stata lei, nel 2018, all’uscita del seggio elettorale in zona Parioli, a rispondere ai giornalisti che cercavano di sapere quali fossero le aspirazioni di Draghi dopo la Bce: “Non farà un governo, non è un politico”. Infatti poi si è visto. Eppure nessun sospetto oggi sull’attendibilità delle sue previsioni.

Certo che la signora Draghi deve farsi delle matte risate a leggere che cosa scrivono su di lei i giornali. Si parte con i titoli: “La parola d’ordine della signora Draghi, Maria Serena Cappello, è la riservatezza”, “La moglie Serenella e la scelta obbligata della riservatezza”, “Lady Draghi, cinquant’anni di vita (riservata) insieme”, “…dovrà rinunciare, suo malgrado, alla bolla di riservatezza in cui ha sempre vissuto”. Poi, dopo l’accoppiata obbligatoria moglie di Draghi uguale riservatezza, si parte con gli aneddoti più strani e meno riservati:

“Fu a Bari, nel 2017, durante il G7 economico a presidenza italiana, che con consueta gentilezza e in più l’orgoglio degli onori di casa, Maria Serena Cappello accennò al ritornello di Volare di Modugno, le braccia aperte come il grande Mimmo, la chitarra di un musicista locale ad accompagnarla. ‘Mi piace cantare’, si schermì tra gli applausi delle mogli dei ministri delle Finanze, conquistate dall’empatia vivace e insieme istituzionale dell’allora first-lady della Bce. ‘Ma non mi riprendete con i cellulari, mi raccomando. Mio marito ama molto la riservatezza’, aveva pregato i reporter, poco prima”.

Ma il bello doveva ancora venire. Incomprensibile perché non si riesce a capire come accada, ma pur sempre bello perché “la signora Serenella fa spalancare per le ospiti la cripta del venerato San Nicola, quasi si stende nel sarcofago perché si possano osservare meglio le reliquie”, peccato manchi una foto per verificare meglio la dinamica dell’operazione. Più facile ricostruire l’immagine successiva: “Si arrotola perfino le maniche del tailleur per omaggiare la preparazione di cavatelli e orecchiette”. Sarà la perdita della proverbiale riservatezza? Forse sì, “Ma era di maggio. E fu un’eccezione”. E allora no. Ma perché? Boh. È la stampa, bellezza