Calcio

Nations League, la Francia campione (di non si sa bene cosa) e il vero motivo dietro la nuova competizione: i conti (e il potere) dell’Uefa

Un trofeo che i tifosi non capiscono ma seguono, i calciatori disputano e alla fine festeggiano pure, ma non amano. Perché si gioca? La risposta era semplice: per i soldi. Almeno 200-300 milioni di euro di ricavi in più, che fanno lievitare il giro d’affari: ecco cosa viene fuori dai bilanci

Campioni d’Europa no, quelli siamo noi. Campioni di cosa, allora. È difficile trovare un titolo da assegnare alla Francia, che si è aggiudicata questa seconda edizione della Nations League battendo in finale la Spagna per 2-1. Un trofeo che i tifosi non capiscono ma seguono, i calciatori giocano e alla fine festeggiano pure, ma non amano, se è vero che il portiere belga Courtois in uno slancio di sincerità si è chiesto perché mai fosse costretto a prender parte all’inutile finalina per il terzo posto, vinta brillantemente dall’Italia di Mancini. Ma la risposta era semplice. Per i soldi: almeno 200-300 milioni di euro di ricavi in più, che fanno lievitare il giro d’affari della Uefa, e quindi il suo potere.

La Nations League è una delle ultime operazioni della Uefa, e, bisogna dirlo, una delle più indovinate. È riuscita a creare da una massa informe di gare inutili, le amichevoli di cui ha preso il posto, un torneo tutto sommato credibile e soprattutto redditizio. Sportivamente parlando la Nations League non ha senso, perché è uno strano doppione degli Europei ma senza né fascino né tradizione. Non mette in palio praticamente nulla (se non per le Nazionali minori a cui spettano slot privilegiati per partecipare a manifestazioni vere a cui altrimenti non si qualificherebbero mai, tipo la Macedonia del Nord agli ultimi Europei). Non risolve nemmeno la vera esigenza delle Nazionali, quella di passare più tempo insieme per formare gruppo e identità di squadra, visto che la manifestazione si è solo inserita nelle solite finestre del calendario. Sempre meglio delle vecchie amichevoli, si dirà. Forse. O forse a volte è meglio nulla. Non per la Uefa, però. Questo è il tipico evento che piace tanto alle televisioni, perché mette di fronte grandi squadre, un prodotto artificiale creato in laboratorio (tipo la Laver Cup nel tennis), tutto spettacolo e poca sostanza. L’ideale per abbindolare il tifoso (lo dimostrano gli ascolti di Italia-Spagna, drogati dall’onda lunga del trionfo europeo ma comunque straordinari per il valore intrinseco della partita: 9 milioni di spettatori). Il risultato è una nuova pioggia di milioni.

È difficile dire quanti esattamente, perché nel bilancio Uefa la Nations League viene inquadrata in un’unica voce che comprende anche le amichevoli (di cui di fatto ha preso il posto) e le qualificazioni europee, un maxi torneo da 55 squadre e 262 partite totali. Ci sono però alcuni dati da cui si riesce a farsi un’idea. Nel periodo 2016-2018 i diritti tv di questo comparto avevano fruttato in totale 495 milioni di euro; nel biennio 2018-2020, in cui si è disputata la prima Nations League, la cifra ha raggiunto gli 850 milioni, nonostante l’impatto negativo del Covid. L’impennata è evidente. E la stessa Uefa ammette candidamente che l’aumento di circa un miliardo di fatturato nell’ultimo quadriennio “è la diretta conseguenza della Nations League, che ha incrementato il numero e la competitività delle partite”. Altra indicazione: il montepremi di circa 115 milioni di euro, 6 se li è portati a casa da sola la Francia con la vittoria di ieri. “Se consideriamo che nel 2018/19 (anno di Nations League) la Uefa ha distribuito 273,2 milioni in più rispetto al 2019/20 (anno senza Nations League), è lecito ipotizzare che il giro d’affari complessivo della manifestazione sia superiore ai 200 milioni”, spiega l’esperto di contabilità sportiva, Luca Marotta.

Eppure nel presentare l’ultima edizione, alla domanda se la competizione fosse stata pensata solo per incassare di più, l’Uefa aveva risposto: “No, le finanze non sono un principio ispiratore del torneo, che tuttavia sfrutterà la centralizzazione dei diritti televisivi, dunque le federazioni avranno entrate più stabili”. Ha detto una mezza verità, o una mezza bugia. In effetti, il bilancio rivela come il saldo della categoria “Nations League/Qualifier” sia stato negativo negli ultimi due anni (-28 e -16 milioni). Non sappiamo quanto per colpa del nuovo torneo e quanto per le vecchie qualificazioni dal formato lungo e dispendioso, ma è vero, la Uefa non ci guadagna. O meglio, non ci guadagna in senso stretto: anche se non produce utili, la manifestazione ha centrato comunque l’obiettivo per cui era nata. Aumentare i ricavi, e dunque le somme che possono essere distribuite alle Federazione, e dunque l’influenza della Uefa.

L’inutile Nations League ha reso la grande Uefa ancora più grande. E ha scatenato l’invidia degli altri padroni del pallone, cioè la Fifa, che da anni cerca con scarsi risultati di crearsi una seconda competizione di successo: Infantino ne ha solo una (i Mondiali), la Uefa ormai addirittura tre (Europei, Champions e Nations). Di qui il folle piano di disputare la Coppa del Mondo ogni due anni, in vista della grande battaglia sulla revisione dei calendari internazionali che rischia di distruggere il calcio. Il gioco del pallone può scivolare in secondo piano, il punto è tutto qui: più soldi, più potere. Come dimostra la Nations League. Alla fine, la Francia è pur sempre campione, di qualcosa.

Twitter: @lVendemiale