Società

Sono ancora attuali i dieci comandamenti? E quanti tra i credenti li conoscono e rispettano?

Sono ancora attuali i dieci comandamenti? E quanti, tra coloro che si definiscono credenti, li conoscono e li rispettano? La domanda può apparire abbastanza anacronistica in tempi in cui sembra che la tendenza, proprio a partire dalle gerarchie ecclesiastiche, sia quella del lassismo. La provocazione arriva da un volume appena pubblicato e intitolato Dieci comandamenti per dieci cardinali (Ares), curato dal vaticanista di Mediaset, Fabio Marchese Ragona, che è in libreria anche con il libro intervista a Papa Francesco, Oltre la tempesta (Rizzoli).

“Spesso – scrive il giornalista – capita che anche la gente che è abbastanza assidua nella frequenza della vita pastorale e liturgica della propria parrocchia non conosca le verità della fede che dice di professare. Lo si sperimenta quando vengono effettuati dei sondaggi oppure nei quiz televisivi su domande anche molto elementari che riguardano il Catechismo”. Da qui l’idea di affidare il commento dei dieci comandamenti ad altrettanti cardinali con provenienza geografica ed esperienze pastorali diverse tra loro. “Un testo – spiega Marchese Ragona – che può essere utile sia per la meditazione personale, sia come base per l’esame di coscienza in preparazione al sacramento della confessione”.

Uno strumento che concretizza il recente invito rivolto da Bergoglio ai catechisti a inventare “nuovi linguaggi, nuovi ‘alfabeti’, per trasmettere il Vangelo, per l’inculturazione della fede. Questo chiede di saper ascoltare la gente, ascoltare i popoli a cui si annuncia: ascoltare la loro cultura, la loro storia; ascoltare non superficialmente, pensando già alle risposte preconfezionate che abbiamo nella valigetta, no! Ascoltare davvero, e mettere a confronto quelle culture, quei linguaggi, anche e soprattutto il non-detto, il non-espresso, con la parola di Dio, con Gesù Cristo Vangelo vivente”. Un aspetto molto importante nel magistero di Francesco che ha istituito il ministero laicale di catechista.

Nel volume di Marchese Ragona, il commento al quinto comandamento, “Non uccidere”, è affidato al cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi. Il porporato spiega che “non sopprimere la vita, custodire la persona, porta a condannare la pena di morte”. E riprende le parole di Bergoglio: “Oggi affermiamo con chiarezza che la pena di morte è inammissibile e la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il mondo”.

Zuppi sottolinea che “la vita si difende sempre e la sua difesa è sempre importante. Non si difende solo una parte, ma tutta. Non si vince la sofferenza con la sofferenza. La pena di morte è un ottimo esempio perché è un omicidio di Stato. Abolire la pena di morte, ma anche cercare di combattere in tutti i modi la guerra! Non basta solo proclamare alcuni diritti, dobbiamo perseguirli. E difendere gli strumenti che li rendono possibili, che non restino delle dichiarazioni disattese”.

Il porporato indica percorsi concreti da intraprendere, spiegando che “se vogliamo combattere la guerra dobbiamo aiutare istituzioni come l’Onu, per superare i conflitti con la via del dialogo. E potremmo anche dire che indebolire significa allearsi con la guerra, che è anche la logica del più forte, giustizia evidentemente ingiusta che provoca altra violenza e una corsa al riarmo. Non possiamo abolirli, ma che la loro soluzione sia quella della logica del più forte non è certamente accettabile. La guerra non è un fantasma del passato, ma è diventata una minaccia costante”.

Zuppi precisa, inoltre, che “amare la vita è cercare il bene comune che sarà tale se è davvero per tutti. Dobbiamo avere cura con continuità dei poveri e della difesa della vita. Sono due temi speculari, due facce della stessa medaglia. Non possiamo chiudere gli occhi su uno dei due aspetti. Un bambino nel grembo materno e un clochard, un migrante e una schiava della prostituzione hanno la stessa necessità di essere difesi nella loro incalpestabile dignità personale e di essere liberati dalla schiavitù del commercio del corpo umano, dall’affermazione di una tecnoscienza pervasiva e dalla diffusione di una mentalità nichilista e consumista”. Per il cardinale “la vita umana ha bisogno di amore e solo l’amore difende la vita, il male la distrugge soltanto, non la sa donare. È possibile vivere senza uccidere? L’uomo imparerà a vivere senza ammazzare? Sì. È il sogno di Dio, è la nostra speranza”.