Diritti

La contraccezione in Italia? Un lusso per poche

In Francia la contraccezione godeva già della gratuità per le minori di 15 anni e per le ragazze fino ai 18. Ora lo Stato si farà carico delle donne fino ai 25 anni di età. In Italia, sebbene la legge 405 del 1975 che istituisce i consultori familiari e la legge 194 del 1978 che regola la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria della gravidanza garantiscano la gratuità della contraccezione, le cose vanno molto diversamente.

Solo alcune Regioni, e tra queste brillano la Puglia, l’Emilia Romagna e la Toscana, seguite dal Piemonte, garantiscono la gratuità per le donne fino ai 25 anni che hanno subito una interruzione volontaria di gravidanza, per quelle che hanno già figli, per le donne con esenzione ticket. In Lombardia e Marche ci furono atti di indirizzo in tal senso ma non sono stati mai applicati.

La materia è confusa e dipende dalle Ausl locali, dai finanziamenti per le gare di acquisto dei farmaci e dalla volontà dei politici in carica. In Toscana, per esempio, si garantisce gratuità anche alle donne dai 26 ai 45 anni entro dodici mesi dal parto o entro 24 mesi dall’aborto e ci sono una serie di agevolazioni e attenzioni di cui potete leggere sulla pagina della Regione.

Per il resto ogni volta che se ne parla spuntano come funghi i movimenti no-choice a fare ostruzionismo. Sono riusciti a bloccare una proposta in Veneto, che io sappia non se ne discute in Sicilia o Sardegna dove il numero di nascite da madri minorenni è elevato, se ne discute male in Lazio e Friuli Venezia Giulia dove si parla di offerta contraccettiva a malapena del 50%. La mancata offerta segue alla totale disinformazione e alla poca disponibilità presso i consultori. Se non ci sono programmi preventivi per evitare le gravidanze indesiderate figuriamoci se ce ne sono per garantire la contraccezione gratuita e qui l’Italia stabilisce un primato in Europa.

Possono avere garanzia di contraccezione e servizi solo le persone che pagano e i contraccettivi costano tanto. Il fatto poi che in certi casi si fa riferimento al ticket non aiuta. L’esenzione in molte regioni viene data solo se praticamente sei alla fame. Se hai un solo stipendio, paghi un affitto che ti svuota le tasche, fai fatica a pagare bollette e a fare la spesa, non è detto che tu rientri nella fascia che ti permette la gratuità dei servizi. Quindi in quel caso dovrai pagare la visita consultoriale, l’aiuto ginecologico e la prescrizione del contraccettivo che in molti casi viene assegnato su quel tipo di ricetta che non ti esime dal pagarne il costo. Pur avendo dunque l’obbligo di esibire la prescrizione nessuno si cura di garantirti la gratuità.

Varrebbe la pena fare un approfondimento per capire bene come è la situazione oggi ma basta una chiacchierata tra ragazze per capire che le porte dei consultori spesso sono chiuse, soprattutto quando si parla di contraccezione d’emergenza (la pillola del giorno dopo da non confondersi con la ru486 pillola abortiva che in Italia può essere somministrata solo in ospedale). Il costo della contraccezione varia a seconda del tipo di prevenzione che scegli. La pillola anticoncezionale, quella a ciclo di 21 giorni, va dai 10 ai 20 euro a botta. La spirale va dai 100 ai 300 euro. La pillola del giorno dopo e quella dei 5 giorni dopo costa una ventina di euro e non è mai mutuabile. Si dice che serva la ricetta medica redatta dal medico di base, da ginecologo o guardia medica o medico del pronto soccorso solo per le minorenni e non per le maggiorenni ma nei fatti ti basta trovare una bella farmacia con un obiettore dentro e il tempo concesso per poter assumere il farmaco va a farsi benedire.

In molte regioni sono stati frequenti le iniziative contro medici che non prescrivono il farmaco o contro i farmacisti che non lo rilasciano. È comunque una guerra contro i diritti delle donne di poter decidere dei propri corpi al punto da indurle ad avere gravidanze indesiderate, pena l’epiteto di “zoccola” che la dà via senza pensare alle conseguenze, come se la faccenda riguardasse solo le donne, senza contare il fatto che la via crucis di quella donna non termina se non dopo aver attraversato i cicli di fedeli in preghiera per i “feti non nati” posizionati a bloccare gli ingressi dei consultori e dei pochi reparti ospedalieri in cui si può praticare l’interruzione di gravidanza.

Non ho dimenticato la questione dei preservativi ma l’ho lasciata per ultima apposta. Nelle regioni che garantiscono gratuità si fa cenno ai profilattici, spesso citati quando si parla di prevenzione da contagio per l’Hiv o liquidati come una “faccenda per gay“, ma per il resto il profilattico, il cui costo varia da 2 a 12/14 euro a confezione, resta a cura dei diretti interessati e più spesso ad acquistarlo e portarselo in borsa sono le donne stesse che sanno bene cosa significa essere vulnerabili a contagi di malattie sessualmente trasmissibili. Esiste anche il profilattico femminile, Femidom, che ha un costo di circa 7 euro a confezione per tre prestazioni.

Per info dettagliate e varie su queste questioni vi invito seriamente a consultare i siti delle Regioni in cui risiedete per capire a cosa avete diritto e cosa no ed essere preparate a fare la guerra nel caso in cui non trovate un bel niente o a esigere il rispetto dei vostri diritti quando stanno sulla carta e c’è chi non se ne ricorda. Di sicuro per poter ottenere il rispetto delle vostre vite sessuali e dei vostri corpi non dovete migrare in Francia. È qui che viviamo e qui vogliamo che ci restituiscano quello che ci spetta. Se vi dicono che l’economia della contraccezione è solo affar vostro allora ricordate a chi vi sputa sentenze gratuite in faccia che la salute e la prevenzione sono diritti che uno Stato deve garantire. Paghiamo le tasse anche per questo. O no?