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Alitalia, l’Ue ufficializza bocciatura del prestito ponte del 2017 e via libera a Ita. Il governo velocizza l’iter per dribblare il rischio fallimento

Per Bruxelles Ita non è il successore economico di Alitalia e quindi non è tenuta a rimborsare i vecchi aiuti di Stato illegali. Giovedì il cdm ha approvato una norma che "adegua le procedure di cessione già delineate dal legislatore alle sopravvenute esigenze connesse ai tempi di adozione della decisione europea". Intanto i sindacati continuano a protestare per la rottura delle trattative sul contratto

Le decisioni di Bruxelles su Alitalia e su Ita, ampiamente preannunciate da indiscrezioni, sono state ufficializzate venerdì mattina. Da un lato il prestito ponte da 900 milioni concesso nel 2017 alla compagnia di bandiera è illegale e va recuperato, dall’altro Ita ha semaforo verde per decollare ed essendo in “netta discontinuità” con Alitalia non ne eredita le pendenze. Dunque non è tenuta a rimborsare quell’aiuto illegale. Il ritardo nell’annuncio da parte della Ue ha dato tempo al governo Draghi di individuare una soluzione per evitare che Alitalia, zavorrata dalla richiesta di restituire soldi che non ha, fallisca prima di aver trasferito alcuni asset a Ita. Giovedì pomeriggio infatti, come spiega il comunicato ufficiale di Chigi diffuso in serata, il consiglio dei ministri ha approvato una norma che “adegua le procedure di cessione già delineate dal legislatore alle sopravvenute esigenze connesse ai tempi di adozione della decisione europea della vicenda Alitalia. In particolare, per velocizzare tali procedure, si prevede uno schema autorizzatorio basato sulla conformità del piano alla decisione della Commissione europea”.

L’accelerazione che – in attesa di maggiori dettagli – sembra finalizzata proprio a evitare che nel frattempo Alitalia in amministrazione straordinaria finisca in conclamato dissesto per effetto della richiesta di restituire (con gli interessi) i soldi ricevuti dal governo Gentiloni. Cosa che ostacolerebbe le procedure di cessione di una parte degli asset a Ita. Di qui la necessità di far decollare al più presto la nuova compagnia chiudendo le gare per l’acquisizione di 52 aerei e 2.800 dipendenti e avviando quella per il brand Alitalia. “L’Italia ha dimostrato che c’è una netta discontinuità tra Alitalia e la nuova compagnia aerea Ita”, ha sentenziato la vicepresidente esecutiva della Commissione Margrethe Vestager, “e che il suo investimento in Ita è in linea con i termini che un investitore privato avrebbe accettato. Una volta che Ita decolla, spetta all’Italia e al management di Ita sfruttare questa opportunità una volta per tutte. E continueremo a fare la nostra parte per garantire una concorrenza leale nel settore dell’aviazione europea”. Via libera anche agli apporti di capitale pubblico – 1,35 miliardi – nella nuova società, ritenuti in linea con le condizioni di mercato e non aiuti di Stato ai sensi delle norme dell’Ue.

La decisione su Ita. “L’Italia rimborserà i biglietti Alitalia che i passeggeri non potranno usare” – “Rispetto ad Alitalia”, scrive la Commissione pubblicando il piano elaborato dall’Italia per garantire la discontinuità economica tra Alitalia e Ita, “Ita sarà caratterizzata da una struttura dei costi più sostenibile, in termini di flotta e di contratto di lavoro. Assumerà un numero notevolmente ridotto di personale proveniente dal mercato, Alitalia compresa, ma con un nuovo contratto di lavoro conforme alle condizioni del mercato“. Cioè quello che taglia gli stipendi del 30% rispetto alla situazione precedente, denunciano i sindacati. Per il ramo d’azienda volo (aviation), “Ita avrà un perimetro di attività notevolmente ridotto e gestirà meno della metà della flotta di aeromobili di Alitalia, concentrandosi sulle rotte redditizie e abbandonando quelle in perdita”. “L’Italia – aggiunge Bruxelles – si è inoltre impegnata a utilizzare solo un numero di slot di decollo e atterraggio di Alitalia commisurato alla capacità di volo di Ita”. Ita “non si farà carico dei biglietti prepagati che i passeggeri hanno già acquistato da Alitalia” e “per evitare un impatto negativo sui passeggeri e garantirne la protezione, l’Italia ha accettato di rimborsare i biglietti prepagati che Alitalia non avrà onorato al momento della cessazione delle sue attività”. Per quanto riguarda il programma di fidelizzazione di Alitalia, MilleMiglia, “sarà venduto” con “una gara aperta, trasparente, non discriminatoria e incondizionata, alla quale Ita non potrà partecipare, in modo da impedire il trasferimento diretto di clienti tra le due società”.

“Nel 2017 l’Italia non ha agito come investitore provato. Era improbabile che i soldi fossero restituiti” – Per quanto riguarda il prestito del 2017, l’Italia dovrà recuperare gli aiuti “per contribuire a ripristinare condizioni di parità nel settore europeo dell’aviazione”. L’indagine è stata avviata in seguito a una serie di denunce formali ricevute dalla Commissione nel 2017 da parte di compagnie aeree concorrenti, secondo le quali l’Italia avrebbe concesso ad Alitalia aiuti di Stato illegali e incompatibili e “alla notifica da parte dell’Italia, nel gennaio 2018, dei prestiti statali come aiuti al salvataggio ai sensi degli orientamenti della Commissione sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione”. Ma “gli interventi pubblici a favore delle imprese possono essere considerati esenti da aiuti di Stato se lo Stato non agisce in quanto pubblica autorità ma sulla base di termini che un investitore privato accetterebbe in normali condizioni di mercato. Dall’indagine della Commissione è emerso che, nel concedere i due prestiti ad Alitalia, l’Italia non ha agito come avrebbe fatto un investitore privato, in quanto non ha valutato in anticipo la probabilità di rimborso dei prestiti, maggiorata degli interessi. A tale riguardo, dalla valutazione dei rendiconti finanziari di Alitalia effettuata all’epoca dalla Commissione è emerso che era improbabile che Alitalia fosse in grado di generare una liquidità sufficiente per rimborsare i prestiti statali entro le scadenze previste e che essa non avrebbe potuto vendere le sue attività per raccogliere liquidità sufficiente per rimborsare il debito. Su tale base, la Commissione ha concluso che all’epoca nessun investitore privato avrebbe concesso i prestiti alla compagnia e che i due prestiti costituivano aiuti di Stato ai sensi delle norme dell’Ue in materia di aiuti di Stato”.

I sindacati vedono Laura Castelli. Pd chiede apertura di tavolo nazionale – Intanto i sindacati continuano a protestare per la rottura delle trattative sul contratto: per le 10 era prevista una manifestazione a Montecitorio, poi spostata in piazza San Silvestro su disposizione del questore di Roma. Alle 15 saranno ricevuti al ministero dell’Economia dalla viceministra M5s Laura Castelli. Ieri è sceso in campo anche il Partito Democratico, chiedendo l’apertura di un tavolo politico che coinvolga il governo. Il vicesegretario Giuseppe Provenzano ha chiesto “la convocazione di un tavolo nazionale in cui l’intero governo si assuma la responsabilità politica del futuro della compagnia”. I sindacati hanno espresso ancora una volta tutte preoccupazioni per il futuro di circa 8.000 lavoratori Alitalia che non saranno assunti dalla newco, che ha confermato “l’intenzione di procedere all’assunzione delle 2.800 persone attraverso l’applicazione di un regolamento aziendale”, per cui c’è il rischio di migliaia di esodati, avvertono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e UglTa. “Si è creata una situazione inaccettabile in cui i lavoratori Alitalia rimangono schiacciati, col rischio di avere migliaia di persone esodate, senza lavoro, senza ammortizzatori sociali e senza raggiungere la pensione”, ha spiegato il segretario nazionale della Uiltrasporti, Ivan Viglietti. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, cerca di rassicurare dicendo che “sul futuro delle persone che resteranno nella vecchia Alitalia, il ministro del Lavoro Orlando ha già individuato possibili soluzioni, non solo per ammortizzatori sociali di breve termine, ma anche per una formazione continua”. E ha spiegato che “il piano di Ita è un piano a crescere” per cui ci sarà “bisogno di avere lavoratori formati, pronti ad essere reimpiegati nel momento in cui Ita realizzerà un piano industriale in crescita”.