Economia

Rapporto Ocse sull’Italia: “Il Reddito di cittadinanza ha ridotto livello di povertà. Scarso il numero dei beneficiari che hanno trovato impiego”

L'organizzazione parigina rileva anche che "molti migranti restano fuori dalla rete di sicurezza": è uno dei fronti su cui il governo potrebbe intervenire in sede di "tagliando" della misura. Nella Survey vengono poi ricordate le raccomandazioni fatte nel 2019, subito dopo l'avvio del rdc: l'Italia era stata invitata a ridurre il livello del sussidio rispetto ai 780 euro massimi previsti per un single "per incoraggiare i beneficiari a cercare occupazione nel settore formale". La cifra media percepita si è rivelata poi ben più bassa: 548 euro

L’introduzione del reddito di cittadinanza “ha contribuito a ridurre il livello di povertà delle fasce più indigenti della popolazione” e sebbene i livelli di povertà siano aumentati con la pandemia, “nel 2020 i trasferimenti pubblici hanno limitato la diminuzione del reddito disponibile delle famiglie al 2,6% in termini reali”. Anche se molti nodi restano irrisolti, a partire dalla scarsa efficacia dei centri per l’impiego pubblici che in parte spiega perché “il numero di beneficiari che di fatto hanno trovato lavoro è scarso“. E’ il giudizio messo nero su bianco dall’Ocse nell’Economic Survey sull’Italia presentato lunedì al ministero dell’Economia. Nei giorni in cui stanno salendo i toni del dibattito politico intorno al sussidio contro la povertà voluto dal Movimento 5 Stelle, l’organizzazione parigina passa poi in rassegna i progressi fatti rispetto alle raccomandazioni date a Roma nel 2019, poco dopo l’avvio del rdc. Per quanto riguarda l’altra misura introdotta nel 2018 dal governo gialloverde, quota 100, la posizione dell’organizzazione è che la sperimentazione va fatta concludere senza rinnovarla e occorre “ristabilire immediatamente la correlazione tra età pensionabile e speranza di vita”.

Rimane irrisolto, si legge nella tabella che riassume raccomandazioni e interventi messi in cantiere, il problema dei “working poor“, cioè le persone che lavorano ma hanno un reddito sotto la soglia di povertà: la loro incidenza sul totale dei lavoratori “non è stata influenzata” dall’introduzione del reddito. Un tema legato, evidentemente, non solo alle politiche pubbliche ma anche e soprattutto alle offerte di un mercato che offre troppo spesso salari molto bassi. L’Ocse rileva poi che “molti migranti restano fuori dalla rete di sicurezza del reddito”, esclusi dal requisito dei dieci anni di residenza in Italia che è uno dei fronti su cui il governo Draghi potrebbe intervenire in sede di “tagliando” della misura.

La seconda raccomandazione riguardava l’incremento dell’efficienza dei servizi sociali e il rafforzamento della collaborazione tra loro e i centri per l’impiego. Sul primo fronte non ci sono rilievi, mentre sul secondo si nota che “il numero di beneficiari che di fatto hanno trovato lavoro è scarso“. “Le autorità attribuiscono tale esito alla distanza tra i beneficiari e il mercato del lavoro”, riporta l’Ocse: evidentemente il governo italiano ha messo a disposizione i dati in base ai quali il 70% dei percettori ha al massimo la terza media e solo un terzo di quelli soggetti ai cosiddetti Patti per il lavoro ha esperienza lavorativa pregressa: si tratta insomma di persone molto difficili da collocare. Oltre al fatto che la riforma delle politiche attive e relativo potenziamento dei centri per l’impiego è ancora al palo per i ritardi delle Regioni nell’assumere nuovi lavoratori nei cpi e il parallelo ritardo del governo nel presentare il suo piano per rendere efficiente il sistema.

L’Ocse ricorda poi di aver consigliato, nel 2019, di “ridurre il reddito”, la cui cifra massima di 780 euro per un single risultava in effetti relativamente elevata rispetto al reddito mediano italiano e rispetto ai sussidi versati in altri Paesi Ocse, “per incoraggiare i beneficiari a cercare occupazione nel settore formale”. E di “introdurre un sussidio per i lavoratori a basso reddito“. Il livello del rdc non è stato ritoccato, ma va ricordato che in base ai dati Inps la cifra media versata ai nuclei beneficiari è di 548 euro (579 per il reddito e 267 per la pensione di cittadinanza), ben sotto il massimo possibile. E nei fatti la raccomandazione del 2019 è stata più che rispettata: un nucleo di due persone adulte riceve in media 574 euro, ben sotto il 70% della linea di povertà relativa indicato come valore ideale dall’Ocse: nel 2020 la soglia di povertà relativa per una coppia era di 1001 euro. L’organizzazione in ogni caso non commenta più le cifre. Quanto ai benefici per i lavoratori a basso reddito, la tabella cita il bonus 80 euro che è stato incrementato a 100 euro dall’estate 2020 per chi guadagna fino a 28mila euro.

Allargando lo sguardo agli altri aiuti messi in campo lo scorso anno, il report promuove il “generoso sostegno” fornito dal governo italiano durante la pandemia: “Ha mitigato le perdite di posti di lavoro e le avversità e ha altresì preservato la capacità produttiva”. Secondo l’Ocse, infatti, “le garanzie sui prestiti e le moratorie sul rimborso del debito hanno sostenuto la liquidità delle imprese e ne hanno limitato i fallimenti”. Inoltre, “i regimi di lavoro a tempo ridotto (cig, ndr) e il divieto di licenziamento sono stati integrati da un sostegno al reddito per coloro che non beneficiano delle reti di sicurezza esistenti, unitamente al rinvio delle date di pagamento delle imposte dovute”.

Ora però il governo Draghi è atteso al varco delle riforme della concorrenza, degli ammortizzatori e del fisco. Laurence Boone, capo economista dell’Ocse, ha ricordato che “in Italia il livello del cuneo fiscale è il quinto più alto nell’area Ocse. Questo non aiuta l’occupazione, in un Paese in cui solo il 57% della popolazione è occupato contro una media Ocse del 67%. Il governo ha riconosciuto l’impatto di questa situazione riducendo temporaneamente il cuneo fiscale per i giovani e le donne. Forse dovrebbe considerare una riduzione permanente per tutti i lavoratori, in particolare le donne“. Una riforma fiscale dovrebbe puntare a mitigare la complessità del regime e ridurre permanentemente le imposte sul lavoro, finanziata grazie alle entrate derivanti da migliori livelli di compliance, minori spese fiscali e maggiori imposte su beni immobili e successioni.

La ripresa è solida ma non abbastanza veloce: il report stima per l’Italia una crescita del 5,9% dopo “la contrazione dell’8,9% nel 2020, una delle più significative rilevate tra i Paesi” dell’area, ma sottolinea che “rispetto ad altre grandi economie la ripresa continuerà a ritardare, con un Pil che recupererà i livelli del 2019 solo nel primo semestre del 2022″.