Ambiente & Veleni

Sardegna, il progetto per l’albergo nel parco naturale a punta Giglio e il “trucco” della destinazione d’uso come semplice foresteria

La cooperativa che tre anni fa ha vinto un bando dell’Agenzia del Demanio per il recupero a fini turistici di una piccola caserma dismessa è legata a nomi di prima fila dell’amministrazione comunale di Milano, tra cui la vicesindaco Anna Scavuzzo. Il progetto prevede anche una piscina e un ristorante

Da un lato gli esposti a carabinieri, guardia di finanza e procura, che ha aperto un fascicolo. E la protesta di molti cittadini di Alghero (oltre 5mila le firme raccolte), che non ne vogliono sapere di veder aprire quello che considerano un vero e proprio albergo con ristorante e piscina sulla loro Punta Giglio, un promontorio a picco sul mare all’interno di un parco naturale nel nord della Sardegna, dove si riproducono specie protette di volatili. Dall’altro lato Il Quinto elemento, una cooperativa senza fini di lucro, legata a nomi di prima fila dell’amministrazione comunale di Milano, tra cui la vicesindaco Anna Scavuzzo, che tre anni fa ha vinto un bando dell’Agenzia del Demanio per il recupero a fini turistici della vecchia casermetta di una batteria antinavale, costruita tra le due Guerre e in disuso ormai da 70 anni. E mentre i lavori volgono al termine, proprio al periodo del bando del 2017 va fatto risalire il peccato originale di questa storia, che il mese scorso ha visto scendere in campo a difesa di Punta Giglio figure illustri come il geologo Mario Tozzi e gli scrittori Sandro Veronesi e Dacia Maraini, con un appello contro il progetto della cooperativa.

Il bando del Demanio – Il bando si inseriva nel progetto “Cammini e percorsi” con cui il Demanio puntava al “recupero e riuso di immobili pubblici situati lungo cammini storico-religiosi e ciclovie per farne servizi al viaggiatore lento e di animazione sociale e culturale degli itinerari scelti”. Di qui l’idea di recuperare a fini turistici anche l’ex casermetta di Punta Giglio, realizzando quello che per la cooperativa non è un albergo, bensì un “rifugio di mare”, una sorta di foresteria all’interno di un ecomuseo. Ma questa area è tutelata dal punto di vista ambientale da una serie di vincoli: è all’interno del Parco naturale regionale di Porto Conte, è un Sito di importanza comunitaria (Sic) e una Zona di protezione speciale (Zps) a tutela delle rotte migratorie dell’avifauna.

Secondo il piano regolatore di Alghero, inoltre, la casermetta si trova in una zona di “parco urbano e comprensoriale” in cui poco si può fare. E infatti prima della pubblicazione del bando del Demanio, nel marzo del 2017, gli uffici del comune di Alghero sono perentori: “Qualsiasi intervento, inteso a modificare lo stato dei luoghi, deve essere previsto nell’ambito di un piano particolareggiato da predisporre in accordo con gli organi compartimentali delle foreste e la Sovrintendenza dei monumenti”. In sostanza la giunta del comune non può decidere da sola il destino di quell’area. Ma nel luglio del 2017 il sindaco di Alghero, che in quel periodo è Mario Bruno del centrosinistra, sigla un accordo con il Demanio impegnando il comune ad attivare “le opportune procedure amministrative di adeguamento urbanistico” e a richiedere le autorizzazioni alle altre amministrazioni competenti in materia di pianificazione territoriale e di tutela.

Il bando viene pubblicato e nel 2018 se lo aggiudica la cooperativa milanese, nata proprio per partecipare alla gara. Tra i fondatori ci sono il vicepresidente Matteo Mangili, ex membro della segreteria metropolitana del Pd di Milano e attuale membro del gabinetto del sindaco Giuseppe Sala. Un anno dopo si aggiunge tra i soci Doris Zaccaria, ex presidente in quota Pd del consiglio di Municipio 6 a Milano e oggi consigliera nella lista Dialogo e partecipazione.

Soci sovventori e Banca Etica -Dopo la vittoria del bando, che prevede una concessione gratuita della casermetta da trasformare della durata di nove anni rinnovabili, la cooperativa raccoglie 275mila euro da venti soci sovventori che investono nel progetto con la possibilità di trarne un rendimento. Tra di loro ci sono la vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, l’ex presidente dell’azienda di trasporti milanese Atm e attuale membro del cda della fondazione Milano Cortina 2026, Luca Bianchi, la consigliera comunale del Pd Natascia Tosoni. Il progetto vincente è però piuttosto impattante e viene bocciato dal soprintendente di Belle arti e paesaggio della provincia di Sassari, Bruno Billeci. A questo punto la cooperativa sostituisce l’architetto milanese che ha sinora seguito il progetto con un architetto di Alghero, che come altri professionisti della zona è stato allievo di Billeci all’università.

La soprintendenza indica una serie di modifiche da apportare in senso conservativo e l’8 giugno 2019 dà il suo parere favorevole, che però non è ancora un’approvazione del progetto su cui si dovranno esprimere tutti gli enti coinvolti in conferenza dei servizi. Passa appena un giorno e Banca Etica eroga a favore della cooperativa un mutuo da 900mila euro deliberato in precedenza e garantito per l’80% dallo Stato attraverso il Mediocredito Centrale. Quando di recente la cosa si viene a sapere, diversi soci sardi della banca non nascondono il loro malumore. È normale che il mutuo sia stato erogato senza che il progetto fosse stato ancora approvato? “Si è trattato di una procedura assolutamente ordinaria – risponde il vicedirettore generale di Banca Etica, Nazzareno Gabrielli -. L’erogazione è fatta su un conto non accessibile al cliente, se non per chiedere pagamenti documentati a fronte di effettive spese legate al progetto. Questo significa che l’erogazione del finanziamento è avvenuta per il totale della somma deliberata, ma non utilizzabile dal cliente se non dietro documentazioni di spesa. Quindi in caso di mancata approvazione del progetto, la cooperativa non avrebbe potuto usufruire di quelle risorse che sarebbero rimaste sul conto di Banca Etica”.

I turisti? Come i militari di 70 anni fa – Ormai la cooperativa ha i soldi per eseguire i lavori e le istituzioni dalla sua, compresi il Parco di Porto Conte e il comune di Alghero, passato nel frattempo dal centrosinistra al centrodestra, sotto la guida del sindaco Mario Conoci del Partito Sardo d’Azione. Così a ottobre 2020 ottiene in conferenza dei servizi l’approvazione di un progetto che fino a qualche mese prima sembrava irrealizzabile. Ma come è stato possibile superare i vari vincoli ambientali di quell’area? Considerando il progetto non come una struttura ricettiva con 20 posti letto in sette camere, più ristorante e piscina, ottenuta restaurando e rifunzionalizzando una vecchia casermetta, ma come “un museo a cielo aperto” che, come mette a verbale il direttore del Parco di Porto Conte, Mariano Mariani (vicino a Forza Italia), “potrà beneficiare anche di servizi complementari come quelli di ristoro e di ospitalità”.

Il geometra del comune sempre a verbale ammette che “allo stato attuale una proposta di variante urbanistica al piano vigente risulta non attuabile”, ma giustifica così il parere favorevole dell’amministrazione di Alghero: “Dal momento che la struttura si configura come foresteria/casa per ferie l’intervento non richiede un cambio di destinazione d’uso sostanziale, mantenendo la stessa categoria funzionale che aveva in passato, quando veniva utilizzata per offrire alloggio e ristoro ai militari”. Cioè, “oggi è semplicemente cambiato il soggetto”, la struttura “da alloggio per militari diventerà alloggio per i turisti”.

I turisti che dormiranno e pranzeranno a Punta Giglio vengono dunque paragonati ai militari. Fa niente se a Punta Giglio di soldati non se ne vedono più dalla fine degli anni Cinquanta. Tutto ciò sembra una capriola normativa, non vi pare? “Ci chiede un parere su aspetti sui quali non siamo titolati a rispondere – dicono dalla cooperativa -. Facciamo però presente che da parte degli enti ogni passaggio amministrativo è stato particolarmente approfondito e ponderato (a dimostrazione di questo, basti vedere i lunghi tempi di approvazione di ogni passaggio), proprio alla luce delle specificità del compendio storico e dell’area in cui è collocato. Non a caso la nostra proposta progettuale si è dovuta adattare alle prescrizioni e limitazioni impartite, a testimonianza dell’attenzione degli enti (e del fatto che, ci pare, abbiano svolto con efficacia il proprio ruolo di regolazione e controllo)”.

Non ritiene ci siano state capriole normative nemmeno Michele Fois, responsabile dell’ufficio Urbanistica e Demanio del comune di Alghero: “Dal nostro punto di vista – dice – il punto di ristoro è compatibile col piano regolatore senza necessità di alcuna variante urbanistica, perché il numero di posti letto è stato ridotto a 20, come prescritto per le foresterie, e la cooperativa è senza scopo di lucro. Sfugge poi ai più che questo bene è, e rimane, proprietà dello Stato”.

Il fascicolo in procura – Parole che non convincono chi, come il comitato Punta Giglio libera, protesta contro il progetto. E può contare, tra l’altro, sul parere dell’Ispra: secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, l’esercizio delle componenti progettuali giudicate più impattanti, come piscina e ristorante, è una fonte di disturbo per l’avifauna per la quale “non è possibile indicare forme di mitigazione che garantiscano la compatibilità delle strutture con le finalità istitutive di una zona a protezione speciale”. Sotto accusa anche la trasformazione della vecchia cisterna in una piscina da una ventina di metri per 2,5 (definita nel progetto “vasca ricreativa” perché profonda solo un metro) e la realizzazione già avvenuta di uno scavo di quattro chilometri su una strada sterrata per collegare le condutture alla rete. Tutti elementi finiti in una segnalazione indirizzata a carabinieri del Noe e guardia di finanza e in un esposto inviato alla procura di Sassari, che ha aperto un fascicolo le cui indagini sono al momento delegate al Corpo forestale della Sardegna.

Sulla vicenda Ilfattoquotidiano.it ha chiesto a fine luglio un chiarimento al Soprintendente Billeci, ma dai suoi uffici hanno risposto che “è in ferie” e “rientrerà ai primi di settembre”, mentre l’architetto Daniela Scudino, responsabile del procedimento, “non è autorizzata a concedere interviste”. Se proprio questo progetto era da fare, non si poteva passare per un piano particolareggiato come il comune aveva ritenuto appena quattro anni fa? “Non era necessario perché non c’è stata alcuna modifica dello stato dei luoghi – dice Fois dal comune – l’intervento edilizio è un intervento di mero restauro e risanamento conservativo, senza nuove costruzioni o incrementi di volume”. Non è d’accordo Maria Antonietta Alivesi, consigliera comunale del M5S e tra i fondatori del comitato Punta Giglio libera: “Hanno evitato un piano particolareggiato perché avrebbe dovuto essere approvato anche da altri enti e dal consiglio comunale. E qui lo scempio che stanno facendo di Punta Giglio non sarebbe mai passato”.

Lavori finiti? – Il 6 agosto è stato a Punta Giglio Mario Tozzi, geologo e presidente del parco regionale Appia antica, una delle personalità che si era espressa contro il progetto: “Da quello che ho visto è stato realizzato secondo autorizzazioni che, per essere arrivati fino a questo punto, presumo ci siano – dice a Ilfattoquotidiano.it dopo la visita -. Ma io, da presidente di parco, non avrei concesso l’autorizzazione puntando sullo studio dell’Ispra e ancor prima non avrei inserito la casermetta nel bando del Demanio”. I lavori erano finiti? “Oltre alla piscina, non ancora realizzata e che mi sembra assurdo sia stata autorizzata, ho visto ambienti non completati e tracce ancora aperte”.

Proprio sulla fine lavori si gioca in questi giorni una nuova partita. Entro il 2 agosto la cooperativa avrebbe dovuto comunicare al Demanio la fine lavori con tanto di certificazioni varie “tra cui, a titolo meramente esemplificativo – si legge nella concessione – la certificazione relativa all’agibilità dell’immobile”, pena la decadenza della concessione stessa. Ma la sera del 3 a Punta Giglio è stato organizzato un sit-in di protesta fuori dal cantiere, mentre dentro erano presenti ancora gli operai. E restano ancora da approvare alcune varianti in corso d’opera all’ordine del giorno di una nuova conferenza dei servizi in programma per il 12 agosto.

Particolari nonostante i quali la cooperativa sostiene che “i lavori sono terminati. All’interno del cantiere proseguono le opere di allestimento. La comunicazione di fine lavori è stata inviata all’Agenzia del Demanio, che è il nostro interlocutore contrattuale quanto alla concessione”. Al comune, invece, non è arrivata alcuna comunicazione di fine lavori, che sarebbe necessaria per l’agibilità, diventata oggi un’autocertificazione soggetta a verifica più che una certificazione. “Dobbiamo fare le nostre verifiche”, dicono dal Demanio. E senza l’ok del Demanio, potrà saltare l’ultimo ok del comune. Un intrico che rischia di mettere tutto di nuovo in discussione.

@gigi_gno

Riceviamo e pubblichiamo
In riferimento all’articolo, pur apprezzando il prezioso contributo di denuncia e sensibilizzazione sulla questione di Punta Giglio, siamo costretti a segnalare una – per noi – grave inesattezza. L’ex sindaco Mario Bruno, citato nell’articolo, nel periodo a cui si riferiscono i fatti e contrariamente a quanto da voi riportato non era iscritto al Partito Democratico, ma espressione di una lista contrapposta al candidato sindaco del PD, Enrico Daga. Nel periodo in cui, secondo la vostra ricostruzione, il Sindaco Bruno firmava l’accordo con il Demanio, i consiglieri democratici sedevano convintamente ai banchi dell’opposizione.

Attualmente ci risulta che il sig. Bruno abbia richiesto la tessera online. Dal momento però che la tessera per Statuto, deve essere ratificata e consegnata dal Circolo di riferimento, a scanso di equivoci chiariamo che per quanto riguarda Alghero, finché chi vi scrive, a nome di tutto il Circolo, ne sarà Segretario, le regole statutarie che regolamentano le reiscrizioni dei candidati in liste contrapposte al P.D. saranno rigorosamente rispettate.

Mario Salis
Segretario del Circolo PD di Alghero

L’inesattezza è derivata dalla particolare storia dei rapporti di Mario Bruno col Pd, rapporti tuttora in essere se lui chiede nuovamente la tessera. Ex capogruppo del Pd in Regione Sardegna, Bruno si candidò un prima volta a sindaco di Alghero senza l’appoggio del Pd, dopo una rottura per la sua decisione di candidarsi contro la volontà della segreteria del partito di Alghero. Nel luglio del 2017, quando come sindaco siglò l’accordo col demanio, il Pd effettivamente non era in maggioranza, ma quattro mesi dopo il Pd iniziò ad appoggiare la sua giunta. E nel 2019 Bruno è stato di nuovo il candidato a sindaco di Alghero del centrosinistra, Pd compreso. (l.f.)