Politica

Morassut (Pd) sullo scranno di Matteotti ricorda l’ultimo discorso del martire del fascismo: “Dalla parte dei deboli, italiano da ricordare”

Lungo tributo pronunciato in Aula da Roberto Morassut, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, in onore di Giacomo Matteotti, il parlamentare socialista assassinato da sicari fascisti il 10 giugno 1924. Il deputato dem, proprio dallo scranno del segretario del Partito Socialista Unitario, ricorda l’ultimo discorso tenuto da Matteotti il 30 maggio 1924, quando denunciò le violenze efferate, i brogli elettorali, le continue intimidazioni dei gruppi fascisti alle elezioni politiche del 6 aprile dello stesso anno.

“Quest’Aula – sottolinea Morassut – era ormai già schiava di questa nuova, drammatica condizione di sottomissione alla violenza. Matteotti pronunciò il suo discorso tra gli insulti, le interruzioni, le aperte intimidazioni dei deputati fascisti, sfidando da questo seggio l’insofferenza del Presidente dell’Aula, Alfredo Rocco, estensore poi di un codice penale, che avrebbe conformato la giustizia italiana per quasi sessant’anni, fissando la sagoma inquieta ed irritata di Mussolini e respingendo le provocazioni di personaggi come Farinacci o quell’Aldo Finzi, uno dei responsabili poi del suo rapimento, che però poi si schiererà con la Resistenza e morirà alle Fosse Ardeatine. Ancora oggi, quel resoconto stenografico conserva intatta la sua drammatica consistenza”.

Il deputato dem sottolinea: “Ma un discorso ancor più duro e pericoloso per il regime fascista Matteotti, in verità, si preparava a pronunciarlo quel 10 giugno, quando fu rapito al lungotevere Arnaldo da Brescia per essere poi ucciso. Quel discorso, che gli fu strappato dalle mani, dalla cartella che portava con sé, conteneva le prove della corruzione del regime, un regime che rivendicava la sua matrice nazionalista, ma che aveva svenduto, in cambio di cointeressenze personali sia di Mussolini che del re, le concessioni petrolifere in Emilia Romagna ad una compagnia americana per delle royalty miserrime e per novant’anni. A fornirgli quelle informazioni erano stati i laburisti inglesi, oppositori degli interessi americani – continua – una pagina di storia ricca di sorprendenti retroscena. Matteotti comunque non era un oppositore teatrale, era un oppositore insidioso perché documentato, per questo fu ucciso su certo mandato di Mussolini, anche se poi nelle ricostruzioni si cercò sempre, e ancora si cerca, di attenuarne le responsabilità. Tanto era certo che fu lui a volerne la morte che, fino ai giorni di Dongo, portò con sé in quella valigia documenti che provavano i suoi rapporti diretti con gli autori materiali del delitto, come Rossi, lo stesso Finzi, Malacria e Poveromo“.

Morassut ricorda altri martiri vittime del fascismo, come Giovanni Amendola, Carlo e Nello Rosselli, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Bruno Buozzi, e aggiunge: “Matteotti è una figura moderna e attualissima. Il suo riformismo era qualcosa di cui oggi sentiamo bisogno: l’intransigenza dei valori, l’inderogabilità dei principi, la dimensione etica e valoriale dell’azione politica, unita però alla concretezza, allo studio e alla praticabilità delle soluzioni. Oggi la parola ‘riformismo’ appare inflazionata, abusata, svuotata: tutti si dicono riformisti, ma è questo il riformismo, esattamente quello che Matteotti incarnò col suo esempio – prosegue – E non può esistere riformismo senza gradualismo e, allo stesso tempo, senza forti principi. Se manca una di queste dimensioni, si scade nella demagogia o nell’opportunismo. E questa tenaglia di opposti, questa doppia deriva è il grande rischio quotidiano della politica contemporanea. Questa è la modernità di Matteotti, ma moderna è anche la sua passione per il governo locale, per l’amministrazione territoriale: egli fu consigliere comunale, consigliere provinciale e nei suoi discorsi torna continuamente il richiamo all’attenzione dei bilanci e alla corretta applicazione dei contratti di appalto”.

Il parlamentare conclude: “Matteotti non è solo un esercizio doveroso di memoria, ma un richiamo al presente e a ciò che deve essere oggi la politica. Mi auguro che il Parlamento e il governo diano dunque il massimo sostegno alle iniziative di commemorazione che si apriranno nel prossimo triennio verso il centenario della morte di Matteotti. La Fondazione, che a lui si intitola e che ho l’onore di rappresentare come vice presidente, ha presentato un programma di incontri, di attività e di eventi, che attraverseranno l’Italia, i Comuni, le scuole e gli istituti di cultura. La prego quindi, Presidente, di trasmettere al governo la richiesta, che oggi formulo in quest’Aula, di preparare degnamente e con tempestività questo triennio di manifestazioni per tenere viva la memoria di un grande italiano, di un grande antifascista, di un socialista democratico, sempre dalla parte dei più deboli, delle ragioni della giustizia e della libertà“.