Scuola

La “dad” a 7mila chilometri di distanza. Awais e Abdullah, studenti a Cantù, completano l’anno scolastico in collegamento dal Pakistan

I due fratelli hanno seguito la famiglia nel paese asiatico per necessità familiare. Ma grazie al collegamento attraverso internet riescono a seguire le lezioni giorno per giorno. Un'esperienza che può servire d'esempio per i tanti studenti che trascorrono periodi nei paesi di origine dei genitori

Nessuno fino a un anno fa avrebbe mai immaginato la possibilità di imparare italiano e matematica dal Pakistan. Eppure, grazie alla didattica a distanza, due alunni dell’istituto comprensivo “Anzani” di Cantù sono riusciti a non abbandonare la scuola. A raccontare la storia al FattoQuotidiano.it è il dirigente scolastico Gian Maria Rovelli: “I due fratelli, uno di 14 anni e l’altro di sette, nelle scorse settimane son dovuti partire per il Paese d’origine dei loro genitori per motivi famigliari strettamente personali. A quel punto il padre ci ha chiesto di poter attivare la didattica a distanza per non far perdere loro gli ultimi mesi di scuola. Immediatamente ci siamo adoperati con gli insegnanti per questa soluzione che ha permesso ai ragazzi non solo di continuare ad apprendere ma anche di mantenere la socialità con la classe”.

Ogni giorno Awais e Abdullah, nonostante il fuso orario (più tre ore rispetto all’Italia) si collegano da Gujrat, nella regione del Punjab e i 7mila chilometri tra Cantù e la loro attuale residenza vengono cancellati grazie alla rete. Per loro la scuola ha programmato un calendario ad hoc favorendo le lezioni di alcune materie come italiano e matematica ma non manca una certa elasticità tra i docenti che permette ai due alunni di partecipare anche ad altre lezioni. Awais e Abdullah seguono in maniera costante e sono particolarmente felici di poterlo fare grazie alla complicità della rete che non è mai particolarmente disturbata.

“In aula – spiega il preside, soddisfatto di questa esperienza – abbiamo una webcam installata in modo che le riprese vengano fatte inquadrando l’intera classe. In questo modo i compagni dei due ragazzi riescono a relazionarsi con loro senza alcun problema”. Rovelli, inoltre, ha apprezzato la scelta della famiglia: i due alunni, infatti, avevano già oltrepassato la quota minima di frequenza per poter essere ammessi alla classe successiva ma la famiglia ha pensato ugualmente di mantenere il collegamento con la scuola per non perdere la pratica della lingua italiana e per dare loro la possibilità di incontrare, seppur in lontananza, gli amici e gli insegnanti. La sperimentazione finora sta funzionando: i docenti si collegano almeno una volta al giorno con il Pakistan e aggiungono altro materiale in modalità asincrona. Un lavoro che senz’altro impegna maggiormente gli insegnanti ma che permette loro di continuare la didattica con i due alunni che perderanno in questo modo ben poche lezioni.

L’esperienza dell’istituto di “Anzani” fa scuola. Prima di quest’anno di pandemia i molti alunni migranti, che spesso tornavano nel Paese d’origine, abbandonavano per mesi la scuola accumulando delle lacune: “Dobbiamo andare oltre il Covid e pensare a tutte quelle situazioni emergenziali che ci troviamo ad affrontare: la tecnologia – dice Rovelli – in questi casi ci viene incontro. Nessuno di noi pensa che la scuola a distanza sia meglio di quella in presenza ma dovremo far tesoro di questa esperienza e tenere ciò che di buono ci ha insegnato”.