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Africa: nessuna ecatombe Covid, “ma senza vaccini si rischiano nuove varianti. Se non si immunizza tutto il mondo, nessuno si salva”

Cdc Africa lancia l'allarme a seguito della nuova ondata in India. Per quanto i numeri della crisi sanitaria finora siano stati contenuti, per Angelo Ferrari, coautore di “La pandemia in Africa. L’ecatombe che non c’è stata”, il punto è quello di garantire i sieri anti-Covid per tutti. Ma le dosi del programma Covax sono troppo poche. E mentre le economie locali tracollano sulla scia degli effetti globali, i regimi autoritari approfittano della pandemia per ridurre ulteriormente le libertà

L’Africa rischia di essere travolta da contagi da Covid-19 se non saranno prese urgenti misure per evitare un disastro simile a quello “molto preoccupante” in atto in India. Parola di John Nkengasong, direttore del Centro africano di controllo e prevenzione delle malattie (Africa Cdc): “Guardiamo con totale incredulità a cosa sta accadendo in India. La situazione nel Paese è molto, molto preoccupante per il nostro continente. Si tratta di un campanello d’allarme. Dobbiamo agire ora, con decisione e tutti insieme”. L’Uganda giusto venerdì ha annunciato di aver trovato un positivo alla variante indiana dopo essere rientrato da un viaggio: nel paese risiede tra l’altro una secolare comunità indiana e ci sono stretti rapporti fra i due Paesi. In generale, stando alle cifre ufficiali dell’Africa Ccd, il continente registra il 3,1% dei contagi e il 4% circa delle morti globali. Numeri bassi. Ma la situazione indiana desta allarme. Un allarme lanciato pochi giorni fa anche da Gino Strada, sulle pagine de La Stampa: “Li abbiamo abbandonati a loro stessi. In Sudan hanno fatto i tamponi al personale sanitario. Su milletrecento medici ed infermieri i positivi erano il 70%. A Khartoum addirittura l’80%. L’Occidente è miope. Le mutazioni del virus rischiano di rendere obsoleti i vaccini. Se il virus non si ferma anche in Africa poi ce lo ritroviamo mutato in casa nostra”.

Ilfattoquotidiano.it ne ha parlato col giornalista Angelo Ferrari, autore insieme a Freddie del Curatolo di un libro appena pubblicato da Rosenberg&Sellier, La pandemia in Africa. L’ecatombe che non c’è stata. “Un anno fa – dice Ferrari – l’Oms temeva una strage, per tutta una serie di fattori fra cui la scarsità di strutture sanitarie e la mancanza di tracciamento. Tutti elementi reali. Eppure, la previsione non si è avverata”. Ferrari ricorda che “a oggi, i dati ufficiali dell’Africa CDC parlano di 87mila decessi su quasi un miliardo e trecentomila persone”, ma si tratta di “numeri che ovviamente non rispecchiano la realtà, poiché il tracciamento è insufficiente. Di certo il virus è circolato e circola più di quanto sia documentato, ma non in forma grave. Se ci fosse stato un aumento esponenziale dei morti, sarebbe stato impossibile non vederlo, come accade ora in India: ospedali al collasso, obitori pieni. E questo non è avvenuto”. Ferrari precisa però che nella seconda ondata, c’è stato “un forte aumento del numero dei casi, ma circa l’80% era asintomatico. Il Paese più colpito è stato il Sudafrica, con 43mila morti su 57 milioni di abitanti: da solo, metà dei decessi dell’intero continente. Poi Egitto e Marocco: tutti Stati con forti contatti con l’estero”.

Ma per quali motivi l’ecatombe non c’è stata? Si ipotizzava che potesse dipendere dal clima caldo. Ma a smentirlo sono arrivati prima il dramma brasiliano e ora quello indiano. Lo scorso ottobre Nature pubblicava uno studio che poneva in correlazione le forme gravi di Covid con alcuni geni ereditati dai Neanderthal. Una sequenza genetica presente nel dna di circa la metà degli abitanti dell’Asia meridionale, nel 16 per cento degli europei e praticamente assente in Africa. “Al di là di questo, non esistono altri studi mirati – spiega Ferrari – ma possono esserci anche altre spiegazioni o magari delle concause: anzitutto, una struttura demografica con il 60 per cento di popolazione sotto i 25 anni e solo un 3 sopra i 65. Poi le minori connessioni con l’estero. La vita all’aperto. O ancora la minore diffusione di obesità e diabete, fattori di rischio. O un sistema immunitario già allenato, con una migliore capacità di reagire alle infiammazioni. Un’altra ipotesi lega la resistenza al Covid all’alto tasso di vaccinazioni contro la tubercolosi che ancora si effettuano”.

Pur nella fragilità dei sistemi sanitari la situazione endemica di tante malattie ha portato a una buona capacità di contrasto alle epidemie: con ebola si erano già attrezzati diversi aeroporti con termoscanner e si era imparata la gestione di norme igieniche e isolamento. “Secondo la classificazione del Lowy Institute, un think tank australiano che ha pubblicato il Covid performance index, il Rwanda sarebbe primo in Africa e sesto al mondo nella gestione della pandemia, seguito da Togo e Tunisia. Nella statistica stilata da Foreign Policy, invece, al secondo posto mondiale figura il Senegal. Ci sono Paesi che hanno governato in modo oculato la pandemia, con lockdown (anche se ben diversi dai nostri), il divieto di cerimonie funebri e religiose, la chiusura di chiese e moschee, la sospensione dei voli. Proprio ieri il Kenya ha bloccato i voli per l’India, nonostante sia un partner molto importante”.

Se la pandemia non ha prodotto un eccesso di mortalità, ha causato però altri problemi: “Si è rivelata un’ottima scusa per i regimi autoritari – spiega Ferrari – uno strumento di potere utile per imporre regole ferree, lockdown, divieto di manifestare. Altri paesi invece, come la Tanzania o il Burundi, hanno rifiutato la pandemia. Il presidente Magufuli aveva dichiarato la Tanzania covid free a maggio 2020, smettendo di testare la popolazione. Lo stesso è accaduto in Burundi con Nkurunziza: ora i due presidenti sono morti (si vocifera di covid, anche se ufficialmente non verrà mai detto) e i loro successori hanno cambiato la gestione sanitaria”.

La pandemia ha poi sferrato un colpo potentissimo alle fragili economie africane: “Il 2020 ha registrato una contrazione del pil del 2%, la prima recessione degli ultimi 25 anni. Il 2021 per l’Africa subsahariana dovrebbe vedere un rimbalzo del 3-4%, ma secondo l’economic outlook del Fmi servirà fino al 2025 per tornare al livello di prima”. E poi c’è il nodo vaccini: “Lo stesso Fmi indica la campagna di immunizzazione come chiave per uscire da questa situazione: il limite d’accesso ai vaccini infatti non è solo un problema sanitario, ma frena anche la ripresa economica. Il meccanismo dell’Oms chiamato Covax, che distribuisce vaccini ai paesi in via di sviluppo, funziona, ma non a sufficienza: le dosi disponibili sono troppo poche. Ed è fondamentale capire che se non si vaccina tutto il mondo, nessuno si salva. Il sovranismo vaccinale è un problema serio: secondo molti studi, l’immunità di gregge in Africa si raggiungerà forse nel 2024/25. Intanto il virus circola, molto spesso tra asintomatici, e può diventare endemico, col rischio che si sviluppino nuove varianti che potrebbero compromettere tutta la campagna vaccinale. A scanso di equivoci: il virus non arriva sui barconi. I pochi che sopravvivono alla traversata vengono rigorosamente testati e messi in quarantena. Il virus ha circolato e circola nelle classi benestanti, in chi ha contatti politici o d’affari con l’Europa.”

Ferrari pone infine l’accento su un altro tema delicato: “Il vaccino viene usato come arma diplomatica: Cina e Russia hanno spinto molto su Sinovac e Sputnik, che vengono somministrati in diversi paesi africani. È la diplomazia dei vaccini, che serve a rafforzare anche il potere di Pechino e Mosca nel continente africano. L’Occidente deve fare uno sforzo di solidarietà serio”.