Giustizia & Impunità

Martina Rossi, il papà dopo la sentenza: “In Italia si può causare la morte di una persona e fare tre anni di carcere. Le donne vanno tutelate di più”

“Bisognerebbe che un po’ tutti pensiamo che nel nostro Paese chi causa la morte di una donna nel tentativo di violentarla può essere condannato solo a tre anni, dopo dieci anni”. Così Bruno Rossi, esausto ma soddisfatto dell’esito della sentenza dell’appello bis con la quale la Corte di Firenze ha condannato in secondo grado Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per il tentato stupro ai danni di Martina, figlia ventenne di Bruno, 81 anni e una vita sulle barricate con il sindacato e i collettivi portuali di Genova. All’uscita del palazzo di giustizia anche la mamma Franca Murialdo, ex-insegnante con la quale hanno voluto salutare e ringraziare un gruppo di attiviste che avevano atteso l’esito del processo con uno striscione di solidarietà contro la prescrizione per i casi di stupro.
Certamente ricorreremo in Cassazione e abbiamo diverse versioni, diverse ipotesi di come sono andati i fatti secondo i nostri assistiti, che li vedono completamente innocenti – ribattono i legali degli imputati”. Per i genitori di Martina Rossi il problema è che per arrivare a una sentenza abbiano dovuto attendere dieci anni: “Bisognerebbe rivedere un sistema che, in questo modo, consente di avere verità e giustizia solo a chi ha la tenacia di non mollare ma anche i soldi per sostenere tutti questi procedimenti, ma la giustizia non può essere riservata a chi ha i mezzi economici per poterla cercare”.
Ora ci saranno da attendere le motivazioni della sentenza e il probabile nuovo passaggio in Cassazione, per evitare che anche il campo di imputazione di “tentativo di stupro di gruppo” cada in prescrizione come già prima avvenuto per “omissione di soccorso” e “morte come conseguenza di altro reato”. La tagliola della prescrizione sulla tentata violenza sessuale scatta al decimo anno dai fatti, nel caso di Martina il prossimo agosto.