Calcio

In Italia non c’è il tempo di costruire né di fallire. Nella politica come nel calcio

di Niccolò Mannucci

In Italia, che tu sia primo ministro o allenatore di una squadra di calcio non cambia poi tanto. Entrambi sanno che avranno poco tempo a disposizione per realizzare la propria idea, nel migliore dei casi tre anni, ma mediamente il numero non è superiore ai due anni. Non staremo qui ad elencare i numerosi esempi che in questi ultimi venti anni si sono succeduti, basta avere una minima conoscenza della nostra cronaca quotidiana per rendercene conto.

Il poco tempo a disposizione di queste persone, fondamentali nello sviluppo di un paese, o di una squadra, si ripercuote inevitabilmente su questi ultimi. Come può un politico proporre piani di sviluppo lungimiranti, quando è consapevole che non avrà il tempo per poterli realizzare?
Come fa un allenatore di una squadra a proporre la propria idea di calcio ai giocatori, quando sa che se non ottiene obiettivi velocemente non potrà continuare il proprio percorso?

Il problema che ci si pone davanti è di una serietà e complessità unica, senza idee coerenti nel tempo, nessuno sviluppo è possibile, né politico né sportivo. In Italia è ormai evidente che si gioca per sopravvivere, come si dice in gergo volgare: “Per tirare avanti la baracca”.

Basterà portare qui due semplici esempi: la Germania della Merkel e il Liverpool di Klopp. Entrambi li conosciamo tutti ed entrambi hanno permesso al proprio paese, o squadra di prosperare e accumulare vittorie. La Germania dopo una storia contemporanea travagliata è diventata la potenza egemone dell’Europa, sapendo affidarsi a leader che hanno avuto il tempo di portare avanti le proprie politiche. La Germania non è diventata la prima potenza economica europea dall’oggi al domani dopo la riunificazione, e in poco più di 30 anni ha avuto solamente tre cancellieri; non è un caso che oggi si ritrovi elevata ormai da anni a ruolo di prima potenza del continente.

Il Liverpool di Klopp è arrivato a vincere prima la Champions League e poi il campionato, fatto quest’ultimo che non succedeva da 30 anni. Ma non ha vinto subito nell’anno dell’arrivo dell’allenatore tedesco, non ha vinto l’anno dopo, e neanche quello dopo ancora, ha avuto bisogno di quattro anni di sviluppo per vincere la massima competizione europea e di cinque anni per vincere il campionato.

Proviamo ora ad immaginare il nostro paese con una sola guida politica per circa 15 anni. È impossibile solo cercare di pensarlo. Proviamo a immaginare una squadra come la Juventus (ma anche Milan, Inter e tutte le altre) che confermi lo stesso allenatore, arrivato per vincere, dopo che per quattro anni non accumula nessun trofeo. Impossibile anche in questo caso.

Lo sviluppo di progetti e idee, nel nostro paese, è fortemente intralciato da questo sentimento di volere tutto, e di volerlo subito. La fretta, l’urgenza, l’impazienza di vincere, così in campo politico come in quello calcistico, sono nemici fino ad oggi imbattuti. Spesso sentiamo dire, non da ultimo a Sanremo, “il fallimento è parte del successo”, il che è assolutamente vero.
Ma purtroppo, in Italia, non vi è il tempo di fallire.

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