Cucina

Pomodoro pelato Igp, guerra tra Bari e Napoli dopo che il ministero ha dato l’ok alla certificazione per il prodotto campano

E' scontro sulla paternità del pomodoro lungo: la Puglia combatte perché gli sia riconosciuta l'origine territoriale del prodotto alimentare, il Ministero però ha già assegnato la certificazione Igp alla regione Campania con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 13 marzo

Dopo la mozzarella, ora tocca al pomodoro. È di nuovo guerra di carte bollate tra la Puglia e la Campania dopo che il ministero delle Politiche agricole ha dato il via libera alla certificazione di Indicazione geografica protetta per il pomodoro pelato prodotto nella regione governata da Vincenzo De Luca. Una contesa, va detto, che va avanti dal 2017, con la Puglia che contesta la scelta del dicastero perché, a suo dire, il 90% della produzione di pelato si concentra nella provincia di Foggia. “Ho già avuto contatti con il ministero delle Politiche agricole, stiamo istruendo il fascicolo e a breve sarà pronto. Non arretreremo nemmeno di un millimetro” ha detto l’assessore pugliese alle Politiche agricole Donato Pentassuglia, annunciando che la Regione è pronta a opporsi alla richiesta di riconoscimento Igp del pomodoro pelato da parte della Regione Campania, che il ministero ha già valutato positivamente. La richiesta dei campani è stata già accolta, e pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 13 marzo.

“La levata di scudi sarà netta” ha proseguito Pentassuglia, che ha evidenziato come nel Foggiano si “concentri il 90% della produzione nazionale del pomodoro lungo”. Lo scontro era cominciato già quattro anni fa, all’epoca la Campania provò a ottenere il riconoscimento ma la Puglia si oppose in difesa del pomodoro lungo foggiano. Ora, a seguito dell’istruttoria ministeriale, si è pervenuti ad una stesura finale del disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta ‘Pomodoro pelato di Napoli’. La Puglia ora ha 60 giorni dalla registrazione per fare opposizione: “Non ci sono dubbi che lo faremo, il fascicolo è quasi istruito”, ribadisce l’assessore pugliese.

Una diatriba, quella sul pomodoro Igp, che ricorda moltissimo la lotta tra Bari e Napoli sulla mozzarella dop. Era l’estate del 2017 e Napoli protestò moltissimo per il via libera del ministero alla certificazione per il prodotto caseario pugliese. Alla fine la guerra di carte bollate arrivò sul tavolo del Tar del Lazio, che nel 2018 sancì un pareggio che suonò, però, come una vittoria per i secondi e una sconfitta per gli agricoltori campani, che si erano ribellati contro il riconoscimento del marchio Dop per la mozzarella di Gioia del Colle. La proposta era stata pubblicata dal ministero dell’Agricoltura sulla Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 2017, scatenando un’accesa polemica. Un caso diventato anche politico con le rispettive prese di posizione da parte del governatore della Campania Vincenzo De Luca e il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Secondo i giudici non può sorgere alcuna confusione nei consumatori perché la mozzarella campana è realizzata con latte di bufala, mentre quella pugliese con latte di mucca. La stessa posizione espressa all’epoca del governo Gentiloni. A novembre 2017, infatti, il ministero delle Politiche Agricole aveva risposto all’interrogazione parlamentare del deputato campano Paolo Russo (FI), promotore anche di una petizione sulla piattaforma change.org per chiedere al ministro delle Politiche agricole di sospendere la procedura per il riconoscimento. Secondo il ministero, però, che aveva risposto nel corso di un question time, il marchio ‘Mozzarella di Gioia del Colle’ non induce in errore. Proprio la presa di posizione del ministero, aveva scatenato la reazione del presidente del Consorzio di tutela mozzarella di bufala campana Dop, Domenico Raimondo, che annunciò il ricorso al Tar contro la denominazione di origine controllata per la mozzarella prodotta con latte vaccino. Ora la storia di ripete: dopo la mozzarella, tocca al pomodoro pelato.