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Vaccini, Macron dopo il vertice Ue: ‘Alla fine dell’anno l’Europa avrà capacità di produrli’. Merkel: ‘Tutti d’accordo su certificati vaccinali’

Al termine dell'incontro in videoconferenza, il presidente francese ha confermato la strada intrapresa dall'Unione: puntare a una maggiore autonomia in campo vaccinale. Ipotesi che non piace a Big Pharma. E von der Leyen conferma che l'obiettivo dichiarato è quello di "vaccinare il 70% della popolazione adulta europea entro fine estate"

Visto che i cittadini europei dovranno prepararsi a “continuare la vaccinazioni anti-Covid per molti anni a venire“, come ha specificato la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, intervenendo al Consiglio europeo in videoconferenza, “l’Ue si doterà della capacità di produrre dalla fine dell’anno vaccini in modo più autonomo e in modo permanente, dal momento che sembra verosimile che dovremo vivere a lungo con questo virus”. Parola del presidente francese, Emmanuel Macron, che ha dato l’annuncio nel corso della conferenza stampa post summit, dopo che mercoledì il commissario Ue responsabile della task force sui vaccini, Thierry Breton, ha promesso “2-3 miliardi di dosi” prodotte nell’Unione europea “entro fine 2021”. L’idea emersa dall’incontro in videoconferenza tra i capi di Stato e di governo dell’Unione è quella di procedere verso una sempre maggiore autonomia in campo vaccinale, così da limitare i disagi verificatisi nella prima fase vaccinale, in special modo riguardo ai ritardi nella distribuzione delle fiale.

Big Pharma, dal canto suo, frena sull’ipotesi della produzione interna: l’amministratore delegato di AstraZeneca, Pascal Soriot, parlando in audizione al Parlamento Ue ha confermato che nel primo trimestre consegnerà all’Ue meno della metà dei vaccini previsti (40 milioni di dosi contro 90 milioni di dosi) ma ha detto che “non è la condivisione dei brevetti il problema” perché “per produrre in un nuovo sito bisogna formare le persone, ci vuole transfer tecnologico”. Insomma, avere via libera a produrre un vaccino brevettato da altri “non serve se non sai come produrlo”. Intanto, in Italia il neo ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti dopo un incontro con Farmindustria conferma la possibilità di una partnership pubblico-privata per produrre il siero, anche se è probabile che ci vorranno mesi.

Nel corso della videoconferenza è passata anche l’idea di creare dei certificati vaccinali che funzionino come attestato per coloro che si sono sottoposti alle procedure di immunizzazione. “Abbiamo discusso dei certificati vaccinali ma ci sono ancora questioni politiche in sospeso e anche questioni scientifiche – ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – I dati di Israele sono promettenti e alla fine si deciderà in ogni singolo Paese”, precisando inoltre che “c’è un accordo di principio”. Più netta, e positiva, Angela Merkel: “Tutti hanno concordato sul fatto che serva un documento digitale che certifichi il vaccino” e che sia “compatibile” nei diversi Paesi europei. “Saranno necessari circa tre mesi per creare un certificato di vaccinazione Covid, ci aspettiamo che siano pronti per l’estate”, ha aggiunto precisando che sarà possibile viaggiare anche senza, “una decisione politica a riguardo non è stata presa”. Stesse tempistiche fornite da von der Leyen che ha poi ribadito l’obiettivo primo della campagna vaccinale europea: “Siamo fiduciosi di poter raggiungere il nostro obiettivo a fine estate di vaccinare il 70% della popolazione europea adulta, si tratta di 255 milioni di cittadini della Ue. E se guardiamo ai dati previsti è un obiettivo che siamo certi di poter realizzare”.

Questo nonostante “sul fronte della vaccinazione le prossime settimane resteranno difficili“, ha detto il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine del vertice, “ma vorrei trasmettere un messaggio di speranza e ottimismo perché disponiamo dei mezzi e delle risorse per garantire l’uscita da questa crisi. La situazione attuale è difficile, la pressione è molto forte in tutti gli Stati membri e le aspettative tra i cittadini sono molto elevate perché vogliono ritrovare la possibilità di vivere in una società aperta”, ha ammesso aggiungendo che “le varianti pongono delle sfide. Dobbiamo quindi mantenere rigide restrizioni e intensificare gli sforzi per accelerare la fornitura di vaccini”.

Quello svoltosi nel pomeriggio era anche il primo Consiglio europeo per il nuovo premier Mario Draghi. Al centro delle discussioni tra i leader la risposta comune all’emergenza Covid e il nodo dei ritardi nelle consegne dei vaccini. La volontà comune è quella di rafforzare il pressing sulle aziende farmaceutiche perché rispettino gli impegni, anche se i contratti negoziati dalla Commissione presentano diverse falle che rendono difficile sanzionare i rinvii.

Draghi, secondo fonti diplomatiche, ha affermato che le aziende che non rispettano gli impegni “non dovrebbero essere scusate”. Richiamando gli esempi del Regno Unito e degli Stati Uniti, che tengono per sé i vaccini, il premier ha chiesto perché l’Europa non possa fare altrettanto, invitando anche a guardare ad altre produzioni fuori dell’Ue. Poi ha sottolineato la necessità di accelerare per “rallentare la corsa delle mutazioni” con “un’azione coordinata a livello europeo, rapida e trasparente”. Ha poi sollecitato a un approccio comune sui test e a un coordinamento per l’autorizzazione all’export. E avrebbe anche detto che bisogna dare priorità alle prime dosi di vaccino (il cosiddetto “modello inglese”, alla luce della recente letteratura scientifica.

Sassoli: “Agevolare la concessione di licenze” – All’avvio del vertice Ue, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli ha detto dal canto suo che le case farmaceutiche “dovrebbero onorare i loro obblighi contrattuali, ma dovremmo anche continuare ad agevolare tutte le soluzioni pratiche di concessione di licenze che permettano di accelerare la vaccinazione su grande scala dei nostri cittadini. Tutti gli sforzi ora devono concentrarsi sull’aumento della produzione di vaccini, esistenti e futuri, basata nell’Ue. Non abbiamo altra scelta: è la sola chiave per realizzare il nostro obiettivo di vaccinare il 70 % della nostra popolazione adulta entro la fine dell’estate”.

Pfizer tratta con 11 aziende con stabilimenti in Ue – Fa ben sperare il fatto che Pfizer, che insieme alla tedesca Biontech sta valutando se aggiungere una terza dose e studiando una nuova versione del prodotto che sia efficace contro la variante sudafricana del virus, abbia avviato trattative con undici aziende con stabilimenti in Europa per ampliare la produzione. La maggior parte di esse si trova in Germania, altre in Svizzera. Secondo l’Ansa si tratta degli stabilimenti di Delpharm, Sanofi, Merck KGAa, Novartis, Polymun, DermaPharm, BioNTech Marburg, BioNTech Mainz e Rentschler. Ogni stabilimento parteciperà alla produzione del vaccino in base alle sue tecnologie e al tipo di impianto, è stato spiegato.

AstraZeneca: “Rese inferiori al previsto. Produzione in Uk? Non basta per la Ue” – Soriot, da settimane in rotta con la Ue per i ritardi nelle consegne, agli europarlamentari ha ribadito la sua versione: “Il motivo per cui le forniture dei vaccini sono state minori del previsto, è che le rese (il numero di dosi prodotte per impianto, ndr) sono state più basse. La realizzazione dei vaccini è molto complessa, richiede una fase di ‘learning‘, a volte molto lenta e questo ha un impatto sui volumi”. Inoltre non c’è “alcun magazzino”, nel senso che le dosi vengono spedite non appena confezionate, “quindi ogni volta che si verificano problemi di produzione si sentono subito”. Poi ha assicurato che la “schiacciante maggioranza della produzione Ue viene spedita in Ue” e in aggiunta “il nostro sito di produzione olandese era originariamente previsto per il Regno Unito, ma ora approvvigiona l’Ue”. Resta il fatto che, da contratto, la produzione in Uk va destinata alla Ue. Invece ora solo una parte di quelle dosi arriva nel Vecchio continente. Ma per Soriot “la catena di rifornimento del Regno Unito è fatta per 65 milioni di abitanti, anche se prendiamo tutta la fornitura d’Oltremanica e la spediamo in Europa cambierebbe poco per oltre 400 milioni di abitanti”. Inoltre, ha ricordato, “in gennaio-febbraio il governo britannico ha finanziato lo sviluppo del vaccino e ha investito con capitale” per finanziare i siti produttivi “sia nel Regno Unito che in Olanda. Quando abbiamo siglato il contratto con l’Università di Oxford”, i patti siglati con il governo britannico “sono passati a noi”.

Johnson&Johnson: “200 milioni di dosi entro il 2021. Da luglio network di produzione europeo” – Paul Stoffels, vicepresidente della Johnson & Johnson, si è invece detto “fiducioso che onoreremo il nostro impegno di fornire 200 milioni di dosi del nostro vaccino nell’Ue entro il 2021”. Stoffels si è soffermato anche sulle difficoltà di aumentare la produzione. “Abbiamo visitato oltre 100 siti nel mondo, tra cui 41 in Europa, per verificare la possibilità di produrre. La grande maggioranza (dei siti visitati, ndr) non sarebbe pronta prima del 2022. Nei prossimi mesi dovremo contare su catene di approvvigionamento globali, ma a luglio avremo un network di produzione europeo”, ha aggiunto.

Finora, come emerso a Bruxelles dalla riunione con i vertici delle case farmaceutiche con cui l’Ue ha firmato contratti, sono state distribuite complessivamente 51,5 milioni di dosi di vaccini. In tutto sono state 29,17 milioni le somministrazioni. Dati presentati dalla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, alla videoconferenza dei leader. Il tasso di vaccinazione è salito così all’8% (5% ha ricevuto la prima dose, il 3% anche la seconda). L’obiettivo resta quello di immunizzare il 70% della popolazione adulta, ovvero 255 milioni di persone.