Scuola

È dura insegnare l’importanza delle regole nell’anno della scuola senza regole

“Che bello!”, esclama Giulio. “Finalmente l’Ambiente!, aggiunge Eleonora. “Educazione ambientale e sviluppo ecosostenibile!”, incalza Valeria. “Tutela del patrimonio ambientale? Speravo ne parlassimo”, dice dall’ultimo banco Leonardo. “Professore, mi scusi. Ma che intende per Educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici?”, chiede Giorgia.

Ho appena finito di spiegare ai ragazzi di una seconda media di cosa ci occuperemo nelle ore di Educazione civica. Quali i temi che tratteremo quest’anno. Nelle otto ore che la nostra scuola ha previsto, tra primo e secondo quadrimestre, per Italiano, Storia e Geografia.

“Perché da settembre 2020 l’Educazione Civica è una disciplina trasversale che interessa tutti i gradi scolastici, a partire dalla scuola dell’Infanzia fino alla scuola secondaria di II grado. Una disciplina a tutti gli effetti. Con tanto di voto in pagella”, cerco di chiarire. Una bella notizia, senza dubbio. Se non fosse che anche questo anno scolastico è difficile. E’ apparso faticoso e incerto ancor prima di iniziare. Ovunque, ma soprattutto alle medie. Dove la Dad ha fatto capolino, ogni tanto. Insomma non è stata integrale come è accaduto alle superiori. Ma è innegabile che la didattica, anche se in presenza, ne stia risentendo. In alcuni casi anche in maniera importante. Ma questi sono pensieri, miei. Non contano, ora.

Già, perché intanto i ragazzi sembrano davvero interessati. Forse non tutti, ma certo la gran parte. Lo confesso, un po’ la loro curiosità mi colpisce. Così, prima di rispondere, aspetto. Il tempo necessario a riflettere. Nel tentativo di non deludere le loro aspettative. Poi inizio provando a spiegare che cercheremo di conoscere e apprezzare le bellezze culturali e artistiche. Non solo del Paese, ma anche quella della nostra città. Naturalmente, “il discorso non potrà non prendere avvio dagli articoli 9 e 33 della Costituzione”, dico, alzando il tono della voce. Per sottolineare l’importanza che rivestirà questa parte. “Insomma, ragazzi, parleremo ancora di regole da seguire. Di precetti. Validi, nello specifico, per l’ambiente naturale e il patrimonio culturale”, aggiungo.

“Le regole servono”, dico ancora. Ma non sono soddisfatto, ancora. Il ragionamento deve essere più incisivo. Ci vogliono degli esempi per provare a rendere ogni parola più chiara. Ma anche più coinvolgente. Così, sperando che la memoria mi assista, comincio.

“Ingiusti e violenti, i Ciclopi non hanno assemblee, non leggi, ma degli eccelsi monti vivono sopra le cime, / in grotte profonde; fa legge ciascuno / ai figli e alle donne, e l’uno dell’altro non cura”. In questo modo Omero nel IX libro dell’Odissea descrive i Ciclopi. Sottolineandone l’inciviltà, evidenziata soprattutto dalla mancanza di istituzioni pubbliche. Di regole valide per tutti. Come invece avviene ad Itaca. “Ricordate l’assemblea convocata da Telemaco nel secondo libro dell’Odissea?”, chiedo in maniera retorica. Alla riunione prendono parte tutti. Ciascuno ha la possibilità di prendere la parola e alla fine di ogni intervento un’acclamazione ne indica il gradimento.

Le regole ci sono. Ma vanno rispettate. Altrimenti si rischia quasi l’impossibile. Proprio come accade a Giovannino Perdigiorno, il protagonista de Il paese senza punta, una delle Favole al telefono di Gianni Rodari. “Ma che paese è questo?” domandò Giovannino. “Il Paese senza punta,” rispose la guardia municipale, apparsa all’improvviso. “E per i chiodi come fate?” “Li abbiamo aboliti da un pezzo, facciamo tutto con la colla. E adesso, per favore, mi dia due schiaffi”. Giovannino spalancò la bocca come se dovesse inghiottire una torta intera. “Per carità, non voglio mica finire in prigione per oltraggio a pubblico ufficiale. I due schiaffi, semmai, dovrei riceverli, non darli”. “Ma qui usa così”, spiegò gentilmente la guardia, “per una multa intera quattro schiaffi, per mezza multa due soli”. “Alla guardia?”. “Alla guardia”.

“Ma è ingiusto, è terribile”, concluse Giovannino. “Certo che è ingiusto, certo che è terribile”, disse la guardia. “La cosa è tanto odiosa che la gente, per non essere costretta a schiaffeggiare dei poveretti senza colpa, si guarda bene dal fare niente contro la legge. Su, mi dia quei due schiaffi, e un’altra volta stia più attento”.

Ora che gli esempi erano sul tavolo, anzi “in aria”, potevo fermarmi. Ora il viaggio poteva iniziare. Parlare dell’Agenda 2030, di buone pratiche ambientali e di Paesaggio sarebbe stato meno arduo. Forse.

“Professore mi scusi. Una domanda a proposito delle regole e del loro rispetto. Perché se sono così importanti non sembra ce ne siano per la scuola? Intendo in questo ultimo anno. E’ solo colpa della pandemia?”. La voce di Lucrezia per una volta è forte e chiara. Nonostante la mascherina. Provo a risponderle, cercando di essere convincente. Nel tentativo di rassicurarla. Ma in fondo i suoi dubbi sono anche i miei. Di tanti insegnanti e ragazzi. Dubbi che stanno contribuendo a svuotare la Scuola di quella poca autorevolezza che aveva conservato nonostante riforme sbagliate e ministri “per caso”.