Scuola

Scuole aperte d’estate? Io chiederei prima agli alunni

Martedì 5 gennaio su La Repubblica l’amico Andrea Gavosto, direttore della fondazione “Giovanni Agnelli” (a mio avviso uno dei più illuminati esperti d’istruzione), ha proposto come soluzione al tempo perso in didattica a distanza e ai danni causati soprattutto fra i più piccoli e i ragazzi svantaggiati, la soluzione più semplicistica, superficiale e arrogante: tenere aperte le scuole a luglio e agosto.

Il numero uno della fondazione sposa la proposta di “Condorcet” , un gruppo di dirigenti e insegnanti delle scuole superiori che ha lanciato una raccolta firme su questo appello: “Iniziamo a calendarizzare settimane per il recupero del tempo scuola perso a causa di queste interruzioni, pensiamo cioè a rimodulare i periodi di vacanza e allungare l’anno scolastico molto oltre il 10 giugno. Va fatto in modo flessibile e differenziato, a seconda delle regioni, anche interrompendo quando occorre l’attività a distanza, per consentire a studenti e docenti di prendere un po’ di respiro. Un calendario ‘europeo’, caratterizzato da vacanze estive più corte (quando il virus è meno aggressivo) e sospensioni dell’attività di alcuni giorni durante l’anno”.

Mi stupisco che quest’idea arrivi da chi vive la scuola. Questi professori, ma anche Gavosto, dovrebbero sapere che la maggior parte delle nostre scuole non sono adatte per ospitare alunni nei mesi estivi: ben poche (direi quasi nessuna) hanno l’aria condizionata e nemmeno delle banali pale elettriche. Le fasce climatiche del nostro Paese (le ripasso ogni anno studiando geografia) consentirebbero di adottare il modello proposto da “Condorcet” solo sulle Alpi. Ma immaginiamo di andare a fare lezione all’aperto, nei parchi, nei giardini. L’Italia non è solo Torino e Roma dove Gavosto vive, ma è fatta da piccoli paesi che spesso hanno un solo piccolo parco dove faticherebbero a starci centinaia di ragazzini o bambini.

Il direttore della fondazione Agnelli, così come i dirigenti e i docenti della piattaforma “Condorcet”, trascurano un piccolo particolare arrogandosi, appunto, la scelta di mandare a scuola i ragazzi senza averli consultati. Avete provato a chiedere a un 15enne che ne pensa di questa decisione? Non si può pensare ancora che la scuola sia nelle mani solo degli adulti. E’ un pensiero vetusto che faccio fatica a credere sia nella testa dell’amico Andrea Gavosto.

Chi fa scuola tutti i giorni sa che i primi di giugno i bambini e i ragazzi hanno già in testa la spiaggia, i pomeriggi con gli amici, le passeggiate, i primi amori, i viaggi. Noi alla scuola primaria fatichiamo non poco a conquistare l’attenzione dei bambini che scalpitano per non fare lezione.
E allora che fare, mi dirà Gavosto, di fronte agli svantaggi accumulati dai nostri alunni? La soluzione non è quella banale prospettata da Andrea: servono ora e a settembre prossimo più maestri, più professori che si affianchino ai ragazzi che hanno accumulato più carenze. Le famose “compresenze”, cancellate ai tempi della ministra Maria Stella Gelmini con i famosi tagli, devono tornare ad essere usate.

In questo momento storico abbiamo bisogno di più maestri e più professori che possano prendersi carico della classe prendendosi cura dei ragazzi, tenuto conto dei loro diversi livelli e percorsi fatti. Possibile che nessuno abbia pensato a questa opzione? Certo servirà un investimento ma, se non scegliamo ora di mettere soldi sulla scuola, perderemo il treno per il futuro.

E’ la prima volta che sono in disaccordo con Gavosto ma questo è il bello del confronto. Son certo che Andrea, se dovesse passare quest’idea di tenere aperta la scuola a luglio e agosto, verrà nella mia classe in t-shirt e pantaloncini corti per spiegare ai miei alunni la sua proposta.