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Il Tesoro alza la dote di Mps con un generoso piano di acquisti di crediti deteriorati. Ma gli azionisti di Unicredit puntano i piedi

Il Tesoro sarebbe pronto a comprare i crediti al 30% del loro valore, più delle operazioni di mercato in questo settore. Del Vecchio e Fondazioni azioniste del promesso sposo Unicredit hanno però manifestato la loro contrarietà alla fusione con la banca senese

Il Tesoro non sa davvero più cosa fare per riuscire a dare in sposa ad Unicredit la “sua” Mps, di cui controlla oggi il 66%. L’ultimo regalo che si starebbe tentando di aggiungere alla dote della senese decaduta è l’acquisto di 14 miliardi di crediti deteriorati che zavorrano i bilanci Mps. A comprarli sarebbe Amco, società specializzata nel settore che fa sempre capo al Tesoro. Come sempre la questione sta nel prezzo a cui avverrà questa operazione. Secondo alcune indiscrezioni Amco potrebbe arrivare a pagare il 30% del valore di questi crediti, una quota alta se si considera che le cessioni di crediti malati effettuate in questi ultimi anni da parti dei grandi gruppi bancari italiani raramente si sono avvicinate a questi valori, in diversi casi non raggiungendo neppure il 20%. Se così fosse il Tesoro verserebbe ad Mps oltre 4 miliardi di euro, che andrebbero ad aggiungersi allo scudo legale per cause del valore complessivo di 10 miliardi di euro e allo stanziamento di 6 miliardi di euro tra quota per l’aumento di capitale da almeno 2,5 miliardi e varie agevolazioni fiscali. La borsa ha fiutato il possibile affare per Unicredit il cui titolo ha chiuso oggi in rialzo dello 0,9% dopo il + 6,6% di ieri.

Non è detto che i soldi versati per l’acquisto dei credito non vengano almeno parzialmente recuperati. Amco entrerebbe infatti in possesso di 14 miliardi di prestiti erogati da Mps ma di difficile rimborso integrale. Tuttavia, soprattutto nel lungo termine, è possibile che le procedure giudiziarie finiscano per portare nelle casse del Tesoro una fetta più o meno larga di questi soldi. I crediti deteriorati sono prestiti che rischiano di non essere più rimborsati nei tempi previsti a causa delle difficoltà finanziarie del debitore. Nei bilanci delle banche vengono classificati come incagli o sofferenze (anche se recenti novità normative hanno imposto la denominazione UTP, unlikely to pay) e iscritti con un valore ridotto rispetto al loro ammontare iniziale. Generalmente questa riduzione è inferiore rispetto alle perdite effettive a cui la banca rischia di andare incontro. La perdita effettiva si realizza infatti solo nel momento in cui questi crediti vengono ceduti. In sostanza per ogni 10 euro di prestiti “UTP” Mps riceverebbe da Amco circa 3 euro.

Eppure azionisti importanti di Unicredit, come il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio, Fondazione Cariverona e Cassa Risparmio Torino che detengono rispettivamente l’1,9%, l’1,8% e l’1,6% della banca, puntano i piedi. Riserve sull’operazione di fusione con Mps sarebbero state espresse al presidente in pectore di Unicredit, Pier Carlo Padoan, nel corso di un incontro tenutosi lo scorso dicembre, al quale ha partecipato anche la Fondazione di Modena. La contrarietà dei grandi soci a Mps è destinata a condizionare la scelta del nuovo ceo di Unicredit, con un profilo pro-Siena che difficilmente potrebbe raccogliere il gradimento di Del Vecchio e degli enti. Sulle nozze con la banca senese si è consumata anche la recente rottura con l’ex amministratore delegato Jean Pierre Mustier, che è sempre stato molto freddo sull’operazione.