Giustizia & Impunità

Genovese e le feste di Ibiza. La vittima: “Una striscia di stupefacente rosa e non ricordai più niente. Poi mi accorsi della violenza”

La testimonianza di una delle ragazze che ha denunciato gli abusi anche nell'abitazione dell'imprenditore sull'isola spagnola, dove le feste - stando al suo racconto - aveva lo stesso modus operandi di quelle sulla "Terrazza Sentimento" di Milano. Il suo racconto è uno de tanti raccolti dagli inquirenti e riportati nelle 28 pagine di ordinanza del giudice

“Dall’1 al 12 luglio 2020, sono stata ospite a Ibiza in delle case affittate da Alberto. Il fatto che vi racconterò si è svolto a Villa Lolita. Io sono stata invitata a questa vacanza da Alberto personalmente”. L'”Alberto” in questione è Alberto Genovese, l’imprenditore ex amministratore delegato di Facile.it arrestato con l’accusa di violenza sessuale, spaccio e sequestro di persona, e a parlare è Giorgia – il nome è di fantasia -, una ragazza che ha trovato il coraggio di raccontare ai magistrati della Procura di Milano quanto le è successo quando quest’estate ha trascorso alcuni giorni di vacanza con Genovese e i suoi amici, a Ibiza. La sua testimonianza è una delle tante raccolte dagli inquirenti e riportate nelle 28 pagine di ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, Tommaso Perna, ha convalidato il fermo di Genovese, attualmente detenuto nel carcere di San Vittore. I fatti raccontati da Giorgia sono “sostanzialmente sovrapponibili” a quelli descritti dalla 18enne che per prima ha denunciato l’imprenditore e dimostrano un modus operandi consolidato. “Dalla narrazione della ragazza – scrive infatti il giudice Perna – emerge che Genovese sia solito organizzare feste nelle quali la sostanza stupefacente viene messa a disposizione degli invitati, e che egli abusa sessualmente delle donne drogandole a loro insaputa”. Nel caso della vittima che ha denunciato lo stupro nell’abitazione di Milano, in zona Duomo, il giudice ha scritto che Genovese “ha agito prescindendo dal consenso della vittima, palesemente non cosciente (…), tanto da sembrare in alcuni frangenti un corpo privo di vita” di cui l’uomo ha “abusato, come se fosse quello di una bambola di pezza”.

Il racconto di Giorgia sulle feste sull’isola spagnola non è molto differente. Ed è dettagliato: “Il biglietto aereo ci è stato regalato da Alberto, che ci ha fatto pervenire tramite una ragazza, che non so se sia una sua segretaria o cosa. Per andare da casa all’aeroporto di Malpensa è venuto a prenderci uno degli autisti di Alberto. Preciso che la sera prima di partire ho saputo che oltre ai nostri bagagli, io e lei avremmo dovuto portare un’altra valigia a testa per conto di Alberto Genovese. Non ho idea di cosa potessero contenere, perché non le ho aperte. La cosa mi aveva insospettito, visto e considerato che Alberto, la fidanzata e altre persone erano partiti per Ibiza, poco prima di noi, con un Jet privato. Non ho avuto modo di capire cosa ci fosse nelle valige, neanche una volta arrivate ad Ibiza”.

Una volta sull’isola, “i primi giorni di vacanza […] li abbiamo trascorsi normalmente, facendo feste, bagni in piscina, e consumando droghe (cocaina, 2CB e pasticche di vario genere) che Alberto metteva liberamente e gratuitamente a disposizione di tutti gli ospiti, poste in dei piatti in sala”. Il contesto descritto è tornato spesso nei racconti anche di chi ha detto di aver partecipato alle feste di Genovese sulla sua “Terrazza Sentimento“, a Milano. “Ad un certo punto della serata io, Alberto e altre ragazze siamo andate nella sua camera ed abbiamo assunto della cocaina. […] Da quando sono entrata in camera ed ho tirato una striscia di stupefacente di colore rosa che io pensavo fosse 2CB, non ricordo più nulla”. E a questo punto la ragazza descrive di esser piombata in uno stato di “intontimento, appesantimento e l’impossibilità di alzarsi“, durato diverse ore. Solo quando si è ripresa si è accorta di avere i “vestiti strappati, un sacco di lividi sulle gambe e un forte dolore ai polsi. Ho sentito più volte gente che entrava in stanza a chiedermi come stessi”. E poi spiega agli inquirenti di aver capito di esser stata vittima di violenza sessuale (ilfatto.it evita .

Il racconto ricorda quello della 18enne che per prima ha denunciato Genovese, racconto confermato dalle immagini delle telecamere di sorveglianza dell’attico milanese dell’imprenditore, che hanno immortalato tutto. Un “copione” che – sempre secondo la testimonianza resa spontaneamente da Giorgia ai magistrati – sarebbe stato noto all’interno della cricca di Genovese: la ragazza ricorda come quella mattina, a Ibiza, Andrea Leali, collaboratore e amico intimo di Genovese (in questo momento in vacanza a Bali con la fidanzata) le avesse detto che sapeva che ogni tanto “lui (Genovese, ndr) esagera”. Non solo, Giorgia riferisce come “tra i conoscenti di Alberto circolano voci strane che questi metta della droga, del tipo cocaina o chetamina, analmente alle ragazze, in modo da stordirle immediatamente. Ho avuto paura della reazione che avrebbe potuto avere Alberto, in considerazione del fatto che mi era giunta voce, non so bene da chi, che in una occasione lui aveva mandato sotto casa delle persone di una ragazza che voleva denunciarlo per una cosa simile. Quindi ho avuto ed ho tuttora il timore che Alberto possa, anche in via trasversale, fare del male non tanto a me, quanto ai miei genitori con i quali io vivo ancora. Preciso che non ho detto nulla fino ad ora anche per tutelare loro, poiché non sanno nulla di tutta questa storia e voglio che ne restino fuori, e che nessuno dica loro niente…”, conclude la ragazza. Il sospetto della Procura, riportato nei giorni scorsi da vari giornali, è anche che le testimonianze (attualmente una trentina di ragazze dovrebbero essere disposte a parlare) possano essere condizionate da pressioni suon di denaro, circostanza che i magistrati stanno verificando.

Proprio per il rischio di inquinamento probatorio Genovese resta in carcere, precisa il giudice nell’ordinanza: “Si è già ampiamente detto – scrive – del tentativo di Genovese di distruggere il contenuto delle videoriprese del sistema a circuito chiuso presente all’interno del suo appartamento. Sul punto, la difesa dell’indagato ha argomentato che la richiesta di cancellare il contenuto delle registrazioni è stata effettuata prima che la polizia intervenisse e che l’indagato avesse contezza dei reati per i quali veniva indagato. In realtà la scelta di cancellare le registrazioni è stata dettata dalla necessità di tutelare la privacy delle persone invitate alla festa”.