Economia

Bankitalia promuove le misure varate dal governo tra marzo e agosto: “I decreti hanno attenuato fortemente gli effetti della crisi”

La nota analizza 270mila delle 730mila società di capitali: gli aiuti pubblici "hanno sostanzialmente annullato il maggior deficit di liquidità; hanno ridotto, pur non eliminandolo, il peggioramento nelle condizioni patrimoniali". Tenuto conto dei benefici ed aiuti, il 2020 dovrebbe chiudersi con un utile inferiore di quasi due terzi rispetto al 2018 (ultimo dato disponibile). Tra i settori più colpiti i servizi di alloggio e ristorazione e le attività artistiche e di intrattenimento

Le principali misure di sostegno varate dal governo tra marzo e agosto hanno “attenuato fortemente gli effetti” della pandemia e del lockdown sulla liquidità e il capitale delle aziende. A sostenerlo è la Banca d’Italia nella sua ultima Nota Covid Gli effetti della pandemia sul fabbisogno di liquidità, sul bilancio e sulla rischiosità delle imprese, che analizza 270mila delle 730mila società di capitali: gli aiuti pubblici “hanno sostanzialmente annullato il maggior deficit di liquidità; hanno ridotto, pur non eliminandolo, il peggioramento nelle condizioni patrimoniali“. Una volta tenuto conto dei benefici ed aiuti, per il complesso delle società del campione il 2020 dovrebbe chiudersi con un utile di esercizio di 29 miliardi, inferiore di quasi due terzi rispetto al 2018 (ultimo dato disponibile). Tra i settori più colpiti i servizi di alloggio e ristorazione e le attività artistiche e di intrattenimento.

Senza le misure (escluse quelle varate nei decreti ristori, ndr) “il forte calo del fatturato avrebbe determinato quest’anno un fabbisogno di liquidità complessivo pari a circa 48 miliardi per circa 142.000 imprese (il 19 per cento del totale del campione) e una netta contrazione degli utili, che avrebbe reso sotto-patrimonializzate circa 100.000 imprese (il 13,8 per cento del totale)”. Grazie alle misure di sostegno, invece, circa 42.000 (delle 142.000) imprese potrebbero soddisfare il proprio fabbisogno di liquidità, mentre quello delle rimanenti 100.000 si ridurrebbe a circa 33 miliardi. Le misure comporterebbero la riduzione del numero di imprese potenzialmente sottocapitalizzate a circa 88.000, secondo la nota curata da Antonio De Socio, Simone Narizzano, Tommaso Orlando, Fabio Parlapiano, Giacomo Rodano, Enrico Sette e Gianluca Viggiano.

Il fabbisogno di liquidità residuo può essere soddisfatto aumentando l’indebitamento, anche avvalendosi degli schemi di garanzie pubbliche. Per tenere conto di questa possibilità, sono stati esaminati la dinamica dell’utilizzo del credito bancario già accordato tra febbraio e luglio e l’ammontare delle linee di credito disponibili a luglio: altre 55.000 imprese riuscirebbero a soddisfare il fabbisogno di liquidità attraverso il ricorso al credito, riducendolo in aggregato a circa 28 miliardi. Il fabbisogno residuo dopo aver considerato l’utilizzo del credito già accordato potrebbe inoltre essere soddisfatto attraverso nuovi prestiti garantiti entro i limiti massimi stabiliti nei decreti. Questa possibilità ridurrebbe il fabbisogno complessivo a 17 miliardi per circa 32.000 imprese.

Tuttavia, naturalmente, il “ricorso a nuovi prestiti anche grazie alle garanzie pubbliche amplia ulteriormente l’indebitamento, in particolare per le aziende più rischiose“. E “l’indebolimento dei bilanci che ne risulta aumenta la probabilità di insolvenza delle imprese”. Le probabilità stimate di insolvenza si collocherebbero comunque su livelli inferiori al massimo raggiunto in seguito alla crisi del debito sovrano (5,4 per cento nel 2015), “coerentemente con una situazione economico-patrimoniale stimata più solida”.