Lavoro & Precari

Le industrie alimentari sconfessano la linea Bonomi: sì agli aumenti. “I lavoratori meritano un riconoscimento”

Sette organizzazioni imprenditoriali scrivono ai sindacati per riavviare le trattative. I colossi del settore avevano già firmato a luglio suscitando le ire del presidente di Confindustria che ora incassa un nuovo flop. In gioco un aumento medio di 119 lordi al mese

Non uno ma ben sette no. Sono quelli con cui altrettante associazioni imprenditoriali rispondono al diktat del presidente di Confindustria: aumenti mai e poi mai. Ieri sera Assobibe (bevande analcoliche), Federvini, Anicav (conserve vegetali), Assolatte, Assitol (olio), Italmopa (mugnai) e Assalzoo (mangimi) hanno inviato una lettera ai sindacati per chiedere un incontro e riavviare la trattativa sul rinnovo del contratto che coinvolge circa 400 mila lavoratori. Il rinnovo era stato già siglato in luglio da Ancit (conservieri ittici), Assobirra e Unionfood (che rappresenta colossi del settore come Ferrero e Barilla), Asso e sinora sono un’ottantina le aziende che hanno siglato accordi. A settembre Bonomi aveva quindi convocato le aziende “ribelli” in Confindustria per riportarle all’ordine. Un flop. Che segnala l’ennesima incrinatura nella linea muscolare interpretata dal nuovo presidente.

“Questi lavoratori si sono spesi molto, hanno lavorato durante le fase più critiche della pandemia e nel pieno del lockdown, un riconoscimento è doveroso”, trapela da ambienti imprenditoriali. In gioco c’è un aumento medio degli stipendi che una volta a regime, ossia nel 2023, sarà in media di 119 euro lordi al mese. Va detto che, per ovvie ragioni, l’industria alimentare non è stata tra le più colpite dall’emergenza sanitaria. Ma contraccolpi ci sono stati anche qui, soprattutto in relazione alla chiusura di bar e ristorante che ha inciso sulla domanda di bevande alcoliche e di alcuni alimenti.

La partita ora si sposta nel mondo della meccanica. Federmeccanica sembra del tutto allineata con l’impostazione di viale dell’Astronomia. Ossia gli unici aumenti possono essere quelli legati all’inflazione (al momento sotto lo zero, ndr) e nei rinnovi possono entrare solo misure di welfare aziendale (detassate, ndr). Federmeccanica ha anche specificato che “in questi anni i lavoratori hanno già avuto troppo”. Sul no ai ritocchi in busta paga si è consumata la rottura con le rappresentanze sindacali che hanno indetto uno sciopero generale del comparto per il prossimi 5 novembre.