Società

Il Coronavirus non è solo un rischio ‘biologico’, ma un concetto nocivo che si insinua nelle menti

L’anima, misteriosa essenza dell’essere umano, al di là di una visione mistica, rappresenta la parte “nobile” della nostra personalità, che permette l’amore, la cura, la compassione, la sintonia e, in generale, la propensione verso l’Altro. Questi sentimenti fanno parte della nostra organizzazione genetica profonda, frutto della storia evolutiva e, a meno di non aver subito gravi traumi, si attivano spontaneamente quando le condizioni esistenziali lo richiedono.

Tuttavia la storia, antica e recente, mostra frequentemente una possibile trasformazione maligna di queste emozioni, un passaggio dal “bene” al “male” per una sorta di “distorsione” individuale o collettiva non sempre facile da comprendere.

I sentimenti, buoni o cattivi, per loro natura non rimangono nel privato della persona ma tendono a coinvolgere gli altri, permeando un’“atmosfera” relazionale e sociale che a volte dilaga, fino a diventare “Weltanschauung”, “spirito del tempo” che ci condiziona influenzando il nostro modo di pensare.

Il Covid, oltre ad essere un virus, cioè un’entità biologica che diventa pericolosa se le offriamo delle porte di entrata non protette, è divenuto un concetto nocivo, qualcosa di immateriale, che, con il suo perdurare, s’infiltra nella nostra mente attraverso canali che non possono essere chiusi facilmente, creando un pensiero collettivo in cui “l’Altro” diventa portatore, anche se involontario, di un possibile pericolo.

Purtroppo questa sensazione si rivolge maggiormente verso coloro con i quali abbiamo una maggiore consuetudine, che amiamo di più, come figli, nipoti, amici. Avvicinarli, toccarli, abbracciarli può rappresentare un pericolo, ma l’affetto passa attraverso il contatto fisico, proibirlo provoca una sofferenza profonda e prolungata. Di fronte ad una situazione così diffusa e dolorosa si cerca di attenuare la sofferenza attraverso “strategie” individuali e collettive di funzionamento mentale.

Alcuni interpretano le regole che vengono suggerite per attenuare il rischio di contagio come assolutamente sufficienti. “Se si sta distanziati di un metro, ci si mette la mascherina e ci si lava spesso le mani non si corre alcun rischio di contagiarsi” sembra che queste persone abbiano bisogno di un capo, un esperto, un tecnico, in grado di controllare i pericoli e di svolgere una funzione genitoriale protettiva.

Altre persone sembrano viceversa amplificare il pericolo a scopo strumentale. Si tratta di personalità che vivono la socializzazione come una sorta di dovere, per cui il pericolo Covid diviene l’occasione per chiudersi in se stessi, isolandosi in casa, evitando gli altri, ritirando i remi in barca. Il lockdown permette loro di fare quello che profondamente e segretamente hanno sempre desiderato, aumentare la distanza sociale.

Ancora, è possibile cadere in una progressiva ed eccessiva perdita di speranza. Le informazioni vengono interpretate in chiave irreparabile, anche se l’epidemia finirà, i rapporti saranno completamente cambiati e il tempo perduto non potrà essere recuperato, gli anziani saranno troppo vecchi e i bambini troppo grandi per ritrovare il rapporto di prima dell’epidemia. La discontinuità rispetto all’andamento precedente cambia definitivamente le regole del gioco.

Vi sono poi i negazionisti, una sorta di prezzemolo sociale sempre pronto a scovare qualcosa da negare. Presumono che i dati siano falsati o che errata sia la loro interpretazione, che tutto sia eccessivo, deridono le precauzioni, sentite come superflue e inutili. Vi sono infine coloro che vedono una sorta di complotto, qualcosa di poco chiaro nelle raccomandazioni sanitarie, il lockdown non ha una funzione sanitaria, ma è una modalità di controllo sociale ordita da oscuri poteri dello Stato o da qualche potentato economico e il Covid è la scusa per attentare alle libertà personali.

In condizioni normali possiamo ritrovare queste possibili modalità di funzionamento della mente dentro ognuno di noi, il Covid le ipertrofizza assolutizzandole, creando una progressiva attenuazione del pensiero razionale e un’accentuazione del pensiero magico, riuscendo così ad incidere non solo sui corpi, ma anche sulla mente e sui vissuti sociali.