Cronaca

Ravenna, condannati per aver coperto simboli nazifascisti: eppure era un dovere delle istituzioni

Tra il febbraio e il marzo 2018, sul muro di una scuola materna di Ravenna, appaiono quattro simboli nazifascisti: la doppia “S”, la croce celtica, la svastica e una runa. “Abbiamo subito sollecitato le forze dell’ordine perché investigassero per sapere chi fossero gli autori” racconta Raffaella Veridiani (Rete Antifascista di Ravenna), “e abbiamo sollecitato il comune e la polizia municipale affinché rimuovessero le scritte, visibilissime, perché quella strada è in centro ed è impossibile non notarle. Ci passano migliaia di persone e molte pattuglie che vanno nei giardini pubblici, soprattutto per controllare gli immigrati. Abbiamo parlato col sindaco, Michele De Pascale, e con vari assessori, ma non abbiamo mai avuto risposta. Scuotevano la testa costernati dicendo ‘Vedremo. Vedremo’”.

Dopo sei mesi di attesa, il 19 settembre 2018, Raffaella e altri esponenti della Rete Antifascista decidono di organizzare un evento chiamando la popolazione alla rimozione dello scempio. “Dato che non abbiamo una sabbiatrice e dal momento che volevamo fare un atto politico, abbiamo deciso di coprire quei simboli dipingendo cuori, fiori e caramelle, ma stando attenti a non usare un centimetro in più dello spazio occupato dalle scritte naziste”. Così, insieme a nonni, bambini e passanti, le scritte naziste vengono coperte con le bombolette colorate. “Artisticamente i disegni faranno schifo, nessuno di noi è Banksy – dice Raffaella – ma, moralmente, sono anche il frutto di una scelta della popolazione che è intervenuta insieme a noi”.

Bene. All’inizio del 2020 agli autori della performance arriva una condanna esecutiva per aver imbrattato il muro. La denuncia era partita dal vicesindaco, Eugenio Fusignani (repubblicano) e da un consigliere di Forza Italia, Roberto Ancarani, già noto alle cronache per aver contestato un mosaico dedicato dal Comune a Giulio Regeni, dicendo: “Dunque hanno partorito la fantastica idea di un mosaico per quell’imprudente del povero Regeni. Lo hanno messo in un corridoio del Comune di Ravenna. Che con Regeni c’entra quanto me con i vegani”. Non siamo al “pirlacchione” che qualcuno riservò a Enzo Baldoni, però poco ci manca.

“Adesso sia Fusignani che Ancarani si battono il petto come gorilla vantandosi di averci denunciati, ma noi non ci siamo mai nascosti: era un evento pubblico – racconta Raffaella – l’accusa è di aver imbrattato un muro storico. Il problema è che la condanna sancita il 9 settembre scorso cumula altri reati”. Bisogna sapere che a Ravenna, ogni agosto, la commemorazione del fascista Ettore Muti al cimitero monumentale è l’occasione, per nostalgici vecchi e nuovi, di sfoderare saluti romani e altri simboli del ventennio. Due anni fa, su un chiosco in abbandono, apparve la scritta “Ora e sempre Resistenza!”, che Raffaella condivide ma che nega di aver mai realizzato.

Sia il primo che il secondo fatto, cioè sia la scritta al cimitero che l’intervento sulle scritte naziste, sono stati ritenuti dal giudice Andrea Galanti episodi di imbrattamento aggravato, il che ha portato alla condanna di 4 componenti della Rete Antifascista: “Pena di venti giorni a testa (sospesa) per Michael Da Ros, 26enne di Ravenna, e Stefano Pelloni, 38 anni di Lugo. Un mese e dieci giorni (ma pena non sospesa) per Raffaella Veridiani, 54 anni, di Ravenna. I tre, difesi dall’avvocato Giovanni Fresa, si erano opposti all’iniziale decreto penale di condanna (un mese a testa), scegliendo il processo in abbreviato. Per un quarto, Luca Varetto (un mese e 15 giorni), si procede separatamente”.

Considerato che l’apologia di fascismo è ancora un reato, è abbastanza evidente che i quattro della Rete Antifascista hanno semplicemente supplito a quello che sarebbe dovuto essere un dovere delle istituzioni. Quando a Raffaella è stato chiesto se, incassata la condanna, abbia ricevuto un qualche gesto di solidarietà da una giunta che dovrebbe avere nel suo Dna i valori della Costituzione, ha risposto “silenzio assoluto”.

Stando a quanto detto dal sindaco De Pascale, dopo l’intervento della Rete Antifascista, il Comune ha stanziato 50.000 euro per coprire i graffiti offensivi, anche se avrebbe preferito spenderli per qualcosa di diverso come fanno altri comuni che ignorano i graffiti nazisti, non certo per indifferenza. De Pascale riconosce che c’è stata una carenza nella risposta del comune, ma sottolinea che coprire le svastiche con altri graffiti non è la risposta corretta e che, se gli antifascisti avessero fatto una proposta di cittadinanza attiva offrendosi di pulire i graffiti, il comune avrebbe fornito volentieri sabbiatrici e solventi.

“Non se ne può più di chi non ha una posizione su nulla e giustifica la propria esistenza da 25 anni prima in opposizione a Berlusconi e poi a Salvini, indignandosi quando sono all’opposizione e lasciando tutto immutato (per meglio gestire il potere) quando sono al governo”, tuonava pochi giorni or sono Roberto Saviano. Zingaretti gli ha risposto che “un leader politico deve sempre rispettare la critica, anche la più aspra e offensiva… Ma se una comunità lotta e combatte come stiamo facendo noi, per non lasciare i territori alla destra peggiore, è anche perché sulla sua sostanza, sulla nostra storia noi non abbiamo mai ceduto. Se combattiamo casa per casa è perché siamo un presidio di democrazia”. Domanda: caro Zingaretti, combattete il fascismo “casa per casa” anche a Ravenna? L’impressione è che siate rimasti “Muti.”