Elezioni USA 2020 - Le notizie

Elezioni Usa 2020, Biden ha in mano le chiavi della Casa Bianca. Ma Trump forse ha un grimaldello

Oggi, Joe Biden ha in tasca le 13 chiavi che aprono la Casa Bianca, o almeno una maggioranza di esse: lo dice, e lo scrive sul New York Times, Allan Lichtman, un mago delle previsioni elettorali, che dal 1984 ha sempre – o quasi – azzeccato il pronostico sulle presidenziali statunitensi: pure la vittoria di Donald Trump su Hillary Clinton nel 2016, anche se ammise, allora, che si trattava di una scelta “difficile”.

A suo dire, il suo sistema, applicato retroattivamente, avrebbe funzionato fin dal 1860, quando Abraham Lincoln fu eletto la prima volta. Il meccanismo ha però una falla: non è molto affidabile se chi vince il voto popolare perde le elezioni, come accadde nel 2000 – dava Al Gore e George W. Bush al fotofinish, con vantaggio a Gore, ma alla Casa Bianca andò Bush – e nel 2016.

Lichtman basa le sue previsioni, più che sui sondaggi, su un sistema di ‘chiavi per la Casa Bianca’ – 13, appunto – che misurano in particolare il sentimento degli elettori verso l’Amministrazione in carica. Storico di professione – insegna alla American University di Washington DC -, Lichtman, 73 anni, ha creato il suo modello insieme a un sismologo russo, Vladimir Keilis-Borok: il meccanismo consente di capire se il candidato del partito al potere – in questo caso, Trump per i repubblicani – vincerà o perderà le elezioni.

Democratico, Lichtman non cela la sua affiliazione politica: nel 2006, provò a divenire senatore nel Maryland, ma perse le primarie; nel 2017, quando Trump s’era appena insediato alla Casa Bianca, pubblicò un libro con tutti i motivi per cui il presidente doveva essere sottoposto a impeachment – e su questo sostanzialmente ci azzeccò.

Quest’anno, Lichtman è uscito allo scoperto molto presto, con il suo pronostico, che di solito pubblicava all’inizio di ottobre, a un mese circa dall’Election Day. Segno, forse, che le cose sono chiare o che almeno lo sono ora.

I fattori di Lichtman si basano sulle performance dell’Amministrazione in carica. Usare le ‘chiavi’ è facile: basta rispondere ‘vero’ o ‘falso’, come si usa nei test delle scuole americane, a 13 affermazioni, ognuna delle quali è favorevole al partito al potere. Quando solo cinque o meno affermazioni sono false, il partito al potere vince. Quando sei o più sono false, vince il partito dello sfidante.

Per Lichtman, ”le elezioni Usa si riducono, in ultima analisi, a un referendum sul partito al potere: se la gente è soddisfatta, lo conferma; altrimenti, cambia”. Nel 2020, è più vero che mai: il voto è un referendum su Trump.

Siccome le domande sono per lo più oggettive, le risposte sono spesso obbligate o, comunque, ovvie. Non è però sempre così: alcune valutazioni possono variare da elettore a elettore, lasciano l’esito della prova aleatorio. Difficile da determinare è soprattutto l’impatto, di qui fra tre mesi, dell’epidemia da coronavirus e dell’impatto da essa avuto sull’economia e l’occupazione.

Lichtman non tiene segrete le sue chiavi. Ma i politici non sempre gli danno retta: ”Nel 1991 – ama raccontare l’esperto – il mio sistema indicava che i repubblicani avrebbero certamente perso l’anno dopo. Ma i democratici non ci credevano: avevano paura di Bush senior. Ricevetti una telefonata da Little Rock, da una collaboratrice del governatore dell’Arkansas”. Bill Clinton diede fiducia alla sua teoria, si candidò e diventò presidente.

Vediamo le ‘chiavi’ una per una e cerchiamo di aprire con esse la porta della Casa Bianca 2021-2025; ovviamente, ogni lettore può dare le sue risposte:

1. Dopo le elezioni di ‘midterm’, che si svolgono a metà del mandato presidenziale, il partito del presidente ha più seggi di quanti ne aveva prima. E’ falso: Trump 0-Biden 1.

2. Non c’è stata una battaglia serrata per la designazione del candidato del partito al potere. E’ vero: Trump non aveva rivali. Trump 1-Biden 1.

3. Il candidato del partito al potere è il presidente in carica. E’ vero. Trump 2-Biden 1.

4. Non c’è in lizza un terzo candidato significativo. E’ vero, a meno di non considerare tale Kanye West (che comunque gioca contro Biden). Trump 3-Biden 1.

5. L’economia non attraversa una fase di recessione durante la campagna. E’ falso: c’è una recessione e l’occupazione è crollata. Trump 3-Biden 2.

6. Il reddito reale ‘pro capite’ nell’ultimo quadriennio è salito quanto o più che negli otto anni precedenti. Qui, la risposta va data alla luce della percezione attuale: è falso, Trump 3-Biden 3.

7. L’Amministrazione in carica ha avuto un grosso impatto sulle politiche interne. E’ falso: le maggiori promesse elettorali non sono state mantenute, l’Obamacare non è stata cancellata, il muro non è stato costruito. Trump 3-Biden 4.

8. Nell’ultimo quadriennio, non ci sono stati disordini sociali duraturi e violenti. Era vero fino a maggio, salvo non considerare tale l’epidemia. Ma ora è falso: da due mesi gli Stati Uniti sono incessantemente attraversati da proteste antirazziste, talora violente. Trump 3-Biden 5.

9. L’Amministrazione in carica non è stata macchiata da scandali importanti. E’ falso: c’è stato l’impeachment e Trump è un catalizzatore di polemiche. Trump 3-Biden 6 – a questo punto, è fatta.

10. L’Amministrazione in carica non ha subito scacchi di rilievo nella politica estera o sul fronte militare. E’ discutibile, su tutti i fronti aperti – Cina, Russia, Iran, Siria, Afghanistan, etc. – ma si può considerare sostanzialmente vero. Trump 4-Biden 6.

11. L’Amministrazione in carica ha ottenuto successi di rilievo nella politica estera o sul fronte militare. E’ opinabile, come al punto 10, ma, pensando a come l’opinione pubblica americana può avere percepito l’uccisione del generale iraniano Qassim Soleimani, diciamo che è vero. Trump 5-Biden 6.

12. Il candidato del partito al potere è carismatico o è un eroe nazionale. Trump non è né l’uno né l’altro, ma è di sicuro un personaggio. Diamogli anche qui il vantaggio: Trump 6-Biden 6.

13. Il candidato del partito sfidante non è carismatico e non è un eroe nazionale. Qui pochi dubbi: è vero. Trump 7-Biden 6.

Biden dunque ce la fa, ma per il rotto della cuffia. Determinante sarà, all’Election Day il 3 novembre, la risposta che gli americani daranno alle chiavi 5, 6 e 8. A meno che Trump, come già accadde nel 2016, non abbia con sé passepartout e grimaldello e faccia a meno delle chiavi.