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Autostrade, Benetton cedono alle condizioni imposte da Conte: la famiglia uscirà rinunciando a tutti i ricorsi. “Atlantia è pronta a passare l’intera quota allo Stato” – Ecco che cosa prevede l’accordo

Dopo 6 ore di negoziato all'alba arriva l'accordo atteso da quasi 2 anni, dopo il crollo del Ponte Morandi. Aspi diventerà pubblica, con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti al 51% e la progressiva uscita di Atlantia. Risarcimenti per 3,4 miliardi, calo dei pedaggi, rinuncia a future cause (anche sul Milleproroghe): accettata la linea del governo, i Benetton rinunciano pure ai dividendi. Il titolo a +20% in Borsa

Atlantia uscirà da Autostrade, rinunciando alla possibilità di eventuali ricorsi. La famiglia Benetton, dopo un lungo negoziato notturno durato sei ore, cede alle condizioni imposte dal governo e dal premier Giuseppe Conte: il passo indietro arrivato all’alba è il via libera all’accordo su Autostrade per l’Italia, atteso da quasi due anni dopo il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018 in cui morirono 43 persone. La battaglia tra lo Stato e il concessionario privato si chiude con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti con almeno il 51%, che renderà di fatto Aspi una compagnia pubblica. I Benetton accettano i vincoli messi sul tavolo dal governo, compresa una revisione complessiva della concessione. Sì ai risarcimenti da 3,4 miliardi di euro come compensazione per il crollo del ponte sul Polcevera. Sì al calo dei pedaggi, in linea con le indicazioni dell’Autorità dei trasporti. Sì alla rinuncia a tutti i ricorsi, compreso quello sul Milleproroghe (che ha tagliato l’indennizzo in caso di revoca della concessione). Era uno dei nodi principali della trattativa: è la blindatura giuridica dell’accordo, che evita il rischio di un contenzioso a danno dello Stato.

È l’alba quando, dopo l’invio di quattro diverse lettere nel corso della notte per perfezionare una bozza di intesa, il Consiglio dei ministri dà mandato a Cassa depositi e prestiti per avviare, entro il 27 luglio, il percorso che porterà all’uscita progressiva dei Benetton da Autostrade. Per l’ingresso di Cdp in Aspi, la proposta transattiva prevede un aumento di capitale per l’acquisizione del controllo da parte della controllata del Mef e l’uscita di Aspi dal perimetro di Atlantia, prima scendendo al 37% dell’azionariato (che significa per i Benetton il 10-12%, avendo il 30% della holding) poi con un’ulteriore diluizione in coincidenza con la quotazione in borsa di Aspi. Atlantia ha rinunciato anche alla possibilità di potersi pagare dei dividendi. In alternativa, la holding ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento.

“Entro settembre ci sarà il primo passaggio di perdita di controllo, un processo molto rapido“, spiega il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli in merito alle tempistiche di uscita di Atlantia. “Il processo- aggiunge- durerà più o meno un anno“. I ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli hanno ora il mandato a definire gli altri aspetti dell’accordo. Sul tavolo il premier Conte fino all’ultimo tiene l’arma della revoca (ormai sempre più lontana), ma pronta a essere riutilizzata se gli impegni assunti dai Benetton non venissero rispettati. Per i mercati però l’incertezza è ormai alle spalle: in apertura di Borsa, Atlantia non riusciva a fare prezzo a Piazza Affari. È stata ammessa agli scambi dopo un prolungamento d’asta di pre-apertura: il titolo guadagna più del 2o per cento.

Le condizioni dell’accordo – La proposta prevede specifici punti qualificanti riguardo alla transazione e al futuro assetto societario del concessionario. “Durante la riunione – si legge nel comunicato del Consiglio dei ministri -, sono state trasmesse da parte di Aspi due nuove proposte transattive, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di Aspi e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia. Considerato il loro contenuto, il Consiglio dei ministri ha ritenuto di avviare l’iter previsto dalla legge per la formale definizione della transazione, fermo restando che la rinuncia alla revoca potrà avvenire solo in caso di completamento dell’accordo transattivo”. “La proposta prevede specifici punti qualificanti riguardo alla transazione e al futuro assetto societario del concessionario”.

I punti relativi alla transazione – L’accordo prevede misure compensative ad esclusivo carico di Aspi per il complessivo importo di 3,4 miliardi di euro per il crollo del ponte sul Polcevera. Prevista inoltre la riscrittura delle clausole della convenzione al fine di adeguarle all’articolo 35 del decreto-legge “Milleproroghe” (decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162). C’è poi il rafforzamento del sistema dei controlli a carico del concessionario e l’aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni da parte del concessionario. Il punto chiave però è la rinuncia a tutti i giudizi promossi in relazione alle attività di ricostruzione del ponte Morandi, al sistema tariffario, compresi i giudizi promossi avverso le delibere dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Art) e i ricorsi per contestare la legittimità dell’art. 35 del decreto Milleproroghe, che ha ridotto l’indennizzo in caso di revoca da 23 a 7 miliardi.Infine, l’accettazione della disciplina tariffaria introdotta dall’Art con una significativa moderazione della dinamica tariffaria.

I punti relativi all’assetto societario del concessionario – In vista della realizzazione di un rilevantissimo piano di manutenzione e investimenti, si legge nel comunicato di Palazzo Chigi dopo il Cdm, Atlantia S.p.a. e Aspi si sono impegnate a garantire l’immediato passaggio del controllo di Aspi a un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti). Un passaggio che deve avvenire tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp, l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali. E ancora la cessione diretta di azioni Aspi a investitori istituzionali di gradimento di Cdp, con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi. Infine, la scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di Aspi dal perimetro della holding dei Benetton e la contestuale quotazione di Aspi in Borsa. In alternativa, si legge sempre nella nota del governo, Atlantia ha offerto “la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in Aspi, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento”.

Il Consiglio dei ministri nella notte – Ai ministri Roberto Gualtieri, che ha portato sul tavolo del Cdm la proposta finale dell’azienda, e Paola De Micheli viene dato il mandato a definire gli altri aspetti dell’accordo. L’ultima trattativa tra il premier e i Benetton si consuma nella notte, nel corso di un Consiglio dei ministri infuocato che vede il capo del governo stretto tra sospetti interni alla maggioranza, l’irritazione di Iv e un M5S che assomiglia ogni giorno di più a un vulcano pronto a ribollire. In Cdm Gualtieri, che descrivono non contrario in principio alla revoca ma convinto di poter trovare una soluzione migliore, porta una nuova proposta di Aspi.

Conte e anche i Cinque stelle, per la parte dell’assetto societario, si dichiarano subito insoddisfatti: l’uscita graduale di Benetton richiederà una negoziazione dai tempi troppo lunghi, secondo fonti pentastellate. “Nessuna divisione”, fa sapere una fonte di governo Pd. Ma tra gli stessi Dem il dossier porta tensioni. E il clima a Palazzo Chigi si fa pesante. Salta una riunione dei capi delegazione che era stata convocata prima del Cdm: raccontano sia stato Dario Franceschini a chiedere di confrontarsi direttamente in Consiglio, dove siedono anche De Micheli e Gualtieri. Il Cdm viene aperto intorno alle 23 e sospeso poco dopo. La cosa non va giù a Teresa Bellanova, che ne fa una questione di metodo: quando Conte e Gualtieri si riuniscono per decidere come condurre la trattativa finale, la capo delegazione di Iv, l’unico partito apertamente contro la revoca, fa trapelare la sua irritazione. Ma è soprattutto l’irritazione nel Movimento a emergere durante la lunga notte di Chigi: è rivolta anche – forse soprattutto – al premier, in un crescendo che fa ipotizzare a qualche esponente di maggioranza come possibile addirittura lo scenario un ribaltone estivo.

Al di là di trame e suggestioni, Conte sul dossier Autostrade si gioca molto. L’intervista al Fatto Quotidiano ha segnato un cambio di passo nella sua strategia. E, prima del Cdm, il premier non cambia linea. “O Aspi accetta le condizioni che il governo le ha già sottoposto o ci sarà la revoca”, è l’ultimo avvertimento con cui Conte entra alla riunione di Palazzo Chigi. Anche perché, dice ai suoi, “non si può tergiversare”. Il premier non è disposto a fare passi indietro sul taglio delle tariffe autostradali, sulla modifica dell’articolo 35 del decreto Milleproroghe che riduce da 23 a 7 miliardi l’indennizzo in caso di revoca, sulla manleva per sollevare lo Stato dalle richieste risarcitorie legate al ponte Morandi e sul diritto di recesso, per il futuro, in caso di gravi inadempienze del concessionario risarcendo solo gli investimenti non ammortizzati.

Ma la novità che permette alla trattativa di sbloccarsi riguarda l’azionariato: i Benetton danno la disponibilità allo scorporo di Autostrade rispetto ad Atlantia, al contemporaneo ingresso di Cdp in Aspi e alla successiva quotazione in Borsa. Il processo, che secondo fonti di governo si consumerebbe nel giro di sei mesi o un anno, avverrebbe in due fasi: nella prima Cdp entrerebbe con il 51% e ci sarebbe lo scorporo che porterebbe il peso della famiglia Benetton tra il 10 e il 12%, soglia sotto la quale non si entra in Cda; nella seconda ci sarebbe la quotazione in che dovrebbe portare a una società con un azionariato diffuso alto, fino al 50%, in cui potrebbero entrare nuovi soci, con un’operazione di mercato, abbassando ulteriormente il peso della famiglia Benetton.

Ma sul range temporale dell’uscita dei Benetton il M5S mostra subito un evidente scetticismo. “E’ un tempo troppo lungo”, spiega una fonte autorevole del Movimento. Che, già nel pomeriggio, non nascondeva l’irritazione per la gestione di De Micheli, inserita – nelle ipotesi pentastellate – nella casella degli addii in un eventuale rimpasto a settembre. Trapela in giornata una lettera di marzo in cui la ministra spingeva per un accordo e chiedeva a Conte di agire ma la cosa non piace ad alcuni tra i Dem: “Non è iniziativa del Pd“, dicono dal partito, mentre tra le fila parlamentari emergono diverse anime. Attorno alla mezzanotte, quando il Cdm viene sospeso, la proposta dell’azienda non convince ancora il governo: “Non è abbastanza”, osserva il premier. Ma si decide di trattare, fino in fondo, per evitare la revoca: il negoziato con gli “sherpa” dei Benetton continua in parallelo. All’alba in Consiglio dei ministri, dopo un cornetto offerto a tutti i colleghi da Vincenzo Spadafora, si legge l’ultima lettera inviata dall’azienda: “Accoglie tutte le richieste del governo“, dice un ministro. Il M5s chiede fino all’ultimo garanzie che Benetton esca davvero dall’azienda. La revoca della concessione non viene tolta dal tavolo, visto che gli aspetti tecnici del negoziato dovranno essere perfezionati, ma appare ormai molto lontana.