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Brasile, nella capitale vige un ottimo protocollo sanitario. Ma altrove regna l’anarchia

Brasilia è la città dei primati. In tutti i sensi. Costruita ex novo per volere dell’allora presidente Juscelino Kubitschek e dichiarata capitale il 21 aprile 1960 per centralizzare il governo federale, la definirei il trionfo dello stile post futurista, forse perché mi ricorda il quartiere Eur a Roma.

L’architetto Lucio Costa creò il progetto urbanistico e la torre di acciaio della tv, Oscar Niemeyer e Joaquim Cardozo si occuparono degli edifici pubblici, costruendo la Esplanada Dos Ministérios dove si ergono in sequenza – con cipiglio e uniformità vagamente sovietici – i ministeri principali.

L’apoteosi di questa esibizione di muscoli architettonica è a Praça dos Três Poderes, dove si concentrano appunto i palazzi dei tre poteri federali, quello legislativo al centro rappresentato dal Congresso Nacional, con Camera e Senato, Esecutivo nel Palácio do Planalto poco più avanti a sinistra, e sul lato opposto il Supremo Tribunal Federal, non plus ultra di quello giudiziario: uno di fronte all’altro, quasi a guardarsi in cagnesco. Il potere religioso è simboleggiato invece dalla Catedral de Brasilia, sede dell’Arcidiocesi, altra opera babelica.

Tutto è estremo nelle dimensioni. Nel Guinness dei Primati politically correct, innanzitutto la Avenida Eixo Monumental che taglia il centro in due proseguendo fino alla periferia è la strada più larga al mondo. Nell’Era del Covid, appare ingigantita dal silenzio dovuto al traffico rado, e un po’ agghiacciante per i ministeri deserti presidiati dalla Polizia Militare.

O Parque da Cidade, il parco pubblico più esteso della Terra, surclassa il Central Park di Nova York, come dicono qui. Un polmone verde che fa di Brasilia la metropoli più salubre del paese, per il suo clima secco e primaverile tutto l’anno. Non a caso, il Covid finora ha infierito molto meno che nelle altre città brasiliane, anche grazie alle misure di sicurezza ferree. Senza ricorrere a lockdown totali troppo spesso infranti, vige un protocollo sanitario a cui i più si attengono.

All’ingresso degli shopping centre – che sono aperti con accesso a turnazione – il controllo della temperatura è obbligatorio, così come mascherina e dispenser gel alcolico a portata di mano; stessa procedura nei mezzi pubblici. Tutto il contrario di ciò che avviene a Rio e São Paulo, dove l’anarchia regna.

Ovviamente c’è anche un altro Guinness poco edificante: a soli 30 km dal Planalto, si estende per quasi mille ettari – altrettanti campi di calcio – Sol Nascente, la favela più popolata del Brasile: contando le aree occupate dalle baraccopoli costruite di recente, la comunità raggiunge i 100.000 abitanti, superando di gran lunga Rocinha a Rio, che si aggira intorno a 69.000 unità; dormitorio della manovalanza che di primo mattino parte per andare a sgobbare nei quartieri residenziali, nei ministeri e negli hotel. L’unica strada asfaltata è O Trecho 3. Guarda caso, dove si concentrano in meno di un km 16 tra chiese e templi di tutti i culti.

Non è certo una novità che in Brasile chi è addetto al business delle anime faccia Vida Boa, basta accendere la tv e vedere i pastori grassi e satolli che sermoneggiano 24 ore, un duro lavoro il loro. Nel resto della favela ci si destreggia nella fanghiglia rossastra sempiterna, tra allacci abusivi della corrente, pratica che qui chiamano Gambiarra, e trattative continue per prenotare ogni tanto l’autobotte che trasporta acqua potabile. Fognature non pervenute.

Ma d’altra parte, c’è sempre chi sta peggio: proprio nei pressi dell’Olimpo degli Dei, tra la Cattedrale e i palazzi del Governo, ho trovato famiglie intere accampate nei prati, costrette a vivere dentro mura spaccate, come gli scarafaggi, senza luce né acqua. La foto è eloquente. E dagli Dei accanto non arriva un real, claro.

Il difetto di costare poco

Tutti in fila per Ivermectina a Natal, capitale del Rio Grande Do Norte: le scorte del farmaco che prima duravano 4 mesi in due giorni sono già esaurite, e i riordini non riescono a coprire la richiesta continua. Lo stabilimento che lo produce ha accumulato circa 8.000 ordini inevasi dalle farmacie.

Questo antiparassitario, concepito originariamente per combattere malattie quali la scabbia, la filariosi e i pidocchi sulla testa dei bambini, fu testato in Australia in vitro, dimostrando la sua efficacia per aver inibito la replicazione del virus Sars-CoV-2 in vitro in 48 ore: la molecola interromperebbe la replica virale attraverso l’inibizione della proteina Spike che trasporta il virus all’interno delle cellule.

Sebbene Oms abbia, come di consueto, scoraggiato l’uso degli antivirali – così come aveva demonizzato l’idrossiclorochina per poi dover fare marcia indietro dopo che emerse l’inaffidabilità della pubblicazione che l’aveva bandita – è stato sperimentato in vari ospedali del Nord America su oltre un migliaio di pazienti a fronte di altrettanti trattati con placebo. Solo 1,4% sono deceduti, rispetto all’8,5% del gruppo di controllo. Su 704 casi gravi sottoposti a ventilazione meccanica, ne sono morti 7,3% contro 21,3% in placebo.

In base a tali risultati, a Secretaria de Saúde di Natal ha deciso di inserire il farmaco nel protocollo sanitario, consigliando i sanitari in prima linea di assumerlo come forma preventiva. L’assunzione va a peso, 200 mcg massimo per kg. Per cui, un paziente che pesa 90 kg dovrà assumere tre compresse da 6 mg. una sola volta a settimana, fino alla scomparsa dei sintomi. Natal ha registrato 7638 casi e 276 morti (3,6%). Nonostante non vi siano prove che l’antiparassitario sia una cura per il Covid, è stato inserito dalla Bolivia nella procedura di terapia: a ieri nello Stato andino su 33.219 casi si segnalavano 1123 decessi (3,5%). Anche Israele lo sta sperimentando con gruppo di controllo in placebo.

Ivermectina costa poco, meno di tre euro a confezione, e i suoi effetti collaterali sono minori rispetto alla clorochina. Il Desametasone, corticosteroide testato con successo su pazienti gravi, non arriva a due euro. Eppure Oms continua ad ignorare entrambi. Che sia proprio il prezzo basso il motivo, come si domanda anche l’infettivologo Francesco Spinazzola?

Ps. Il vaccino di Oxford testato in Brasile su cui scrissi poco tempo fa è una realtà: attualmente nella fase 3, ultimo stadio di sperimentazione, la multinazionale Astra Zeneca che lo ha prodotto ne ha annunciato la distribuzione in Brasile entro fine anno.

(foto © F.Bacchetta)