Diritti

Aborto farmacologico, ora in Toscana si può fare anche in ambulatori fuori dagli ospedali e consultori: è la prima Regione in Italia

Le strutture sanitarie dove sarà possibile la somministrazione della RU486 sono tutte le strutture autorizzate dalla legge 194, compresi i poliambulatori pubblici, nonché i consultori. Il presidente Rossi: "E' completamente inutile far soffrire le donne più di quanto non debbano già fare: complicare e burocratizzare ulteriormente questo passaggio servirebbe solo a colpevolizzarle e punirle"

La Toscana è la prima Regione in Italia dove si può fare l’aborto farmacologico anche in ambulatori fuori dagli ospedali. Mentre in Umbria la giunta leghista ha abolito la possibilità di somministrare la Ru486 in day hospital, ritornando all’obbligo di ricovero di tre giorni previsto dalle linee guida del ministero, la maggioranza centrosinistra guidata da Enrico Rossi è intervenuta per favorire la deospedalizzazione di chi deve fare l’interruzione di gravidanza. Nei giorni scorsi intanto, qualcosa si è mosso anche a livello nazionale: il ministro della Salute Roberto Speranza ha infatti chiesto un nuovo parere al consiglio superiore di sanità perché sia “favorito l’aborto farmacologico là dove possibile”.

Attualmente è possibile fare l’aborto farmacologico in day hospital in 5 Regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Puglia. Ieri, 29 giugno, la Toscana ha fatto un passo in più: la giunta regionale ha approvato la delibera che consentirà presto l’utilizzo della pillola per l’aborto farmacologico anche in strutture territoriali pubbliche e collegate agli ospedali, “ambulatori specializzati e autorizzati a farlo”. “E’ un passo avanti importante”, ha dichiarato il presidente Rossi, “per estendere ulteriormente un’appropriata prestazione sanitaria, in linea con la nostra storica impostazione. Fummo i primi a partire acquistando la Ru486 all’estero, ritenendola più sicura dell’aborto chirurgico. Poi nel 2014 il Consiglio sanitario regionale adottò un parere, dichiarando non necessario il ricovero ospedaliero, ed ecco l’evoluzione che era tanto attesa”. Rossi ha anche aggiunto: “E’ completamente inutile far soffrire le donne più di quanto non debbano già fare: complicare e burocratizzare ulteriormente questo passaggio servirebbe solo a colpevolizzarle e punirle. Ci lavoravamo da tempo, ben prima che l’Umbria stabilisse l’obbligo del ricovero di 3 giorni per l’Ivg, già abbondantemente superato in molte regioni dalla somministrazione in day hospital. Per noi sono determinanti la sicurezza e il controllo sanitario, ed è per questo che gli ambulatori autorizzati saranno in stretto legame con l’ospedale per ogni eventualità”.

Alla delibera approvata è allegato il “Protocollo operativo per l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) farmacologica”, redatto sulla base del parere del Consiglio Sanitario Regionale del 2014, per poter garantire l’offerta della Ivg farmacologica come prestazione ambulatoriale. La delibera fornisce alle Aziende sanitarie raccomandazioni aggiornate relative al protocollo e definisce il ruolo dei consultori nel percorso IVG. Sulla base del Protocollo, dovrà essere poi adottato un documento clinico-operativo, da approvare con un atto dirigenziale, dedicato all’offerta della ivg farmacologica anche a livello ambulatoriale. Secondo quanto previsto dal protocollo, alla donna che decide di interrompere la gravidanza e si presenta in una delle sedi autorizzate a praticare l’Ivg, con un documento/certificato di richiesta rilasciato dal medico del presidio consultoriale, dal medico di famiglia o da altro medico di fiducia, dovranno essere fornite tutte le informazioni necessarie sulla Ivg farmacologica e dovrà essere acquisito il suo consenso informato. Le strutture sanitarie dove può essere svolta l’accettazione sono tutte le strutture autorizzate dalla legge 194, compresi i poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali e autorizzati dalla Regione, in possesso dei requisiti specifici previsti dalla normativa, nonché i consultori definiti “principali”, in collegamento funzionale con l’ospedale di riferimento.

Il primo intervento è l’assunzione di mifepristone. Dopo la somministrazione del farmaco, la donna dovrà restare all’interno del presidio; dopo la rivalutazione medica potrà tornare a casa. Le verrà fornito il numero di telefono del consultorio e quello del medico di guardia del presidio ospedaliero. E verrà programmata la visita successiva. La tariffa di questa prestazione (completamente a carico del Servizio sanitario pubblico, perché alla donna viene erogata in regime di esenzione dalla partecipazione al costo) è stata fissata in 500 euro: cifra che include il costo del farmaco e si riferisce all’intero percorso assistenziale. Già nella legge 194 del 1978 è prevista la possibilità di utilizzare metodi abortivi in alternativa all’Ivg chirurgica, e già da alcuni anni in Italia è possibile interrompere la gravidanza con metodi farmacologici. Nella 194 si prevede anche che, oltre che negli ospedali pubblici specializzati, nei primi 90 giorni di gravidanza gli interventi di interruzione di gravidanza possano essere effettuati anche nei poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali e autorizzati dalla Regione.