Scuola

Didattica a distanza, combatterla vuol dire aver perso contatto con la realtà

L’appello degli intellettuali lanciato per difendere la scuola dalla ‘pervasiva estensione delle modalità telematiche di insegnamento’ che minaccia di ridurla ad uno ‘smanettamento di una tastiera’ piegandola alla ‘sudditanza dai motori di ricerca’, pecca, come tanti appelli ex cathedra, della perdita di contatto con la realtà periferica di tanti alunni e maestri che quella cattedra, spesso consumata e sverniciata, la usano tutti i giorni.

Nel j’accuse si intravede il timore di una definitiva e irreversibile liquidazione della scuola nella sua configurazione tradizionale. Nessuno, dalla ministra dell’Istruzione ai tecnici deputati, mi pare abbia inteso perseguire la sostituzione in toto dell’insegnamento corporeo con una didattica puramente on line.

Un tempo la scuola era voce, corpo e obbedienza. Il maestro un’entità assoluta, la parola del quale non poteva essere messa in discussione, pena l’isolamento. Quel tempo è fisiologicamente e storicamente finito. La scuola muta nel tempo e la trasmissione del sapere è parte di questo percorso di trasformazione. Ben venga dunque l’implementazione forzata degli strumenti didattici sotto la spinta del Covid, che ha costretto molti recalcitranti (professori, allievi e genitori) a prendere atto che delocalizzare non significa disperdere, che un maestro in video può mantenere lo stesso vigore educativo e la medesima capacità di innescare un desiderio di conoscenza che possiede dal vivo.

Resto convinto che la lectio frontale fatta di gesti e parole, proprio come in un setting analitico, era e resterà il plinto sul quale il nostro modello scolastico deve continuare a poggiare. Tuttavia l’integrazione della lezione con momenti di distacco, di ascolto a distanza, costituisce quell’alta velocità necessaria ad integrare una rete del sapere che si basava solo su espressi e diretti.

Il mondo è irrimediabilmente interconnesso, probabilmente i nostri figli lavoreranno e frequenteranno master colloquiando ogni giorno con colleghi dislocati in zone diverse del pianeta, scambiandosi dati, rilevazioni e informazioni. La rete non limita, ma amplia i contenuti ai quali accedere.

Sono sempre stato contrario a coloro i quali ingaggiano trinariciute battaglie contro l’uso di tablet e smartphone: nella maggioranza dei casi sono adulti la cui occupazione è quella di fotografarsi mentre impiattano, volutamente ignari delle sterminate possibilità di fruizione e condivisione di contenuti culturali che solo la rete fornisce.

Lo schermo, la rete, ci hanno permesso di sollevare lo sguardo dalle piccole micragnosità delle chiacchiere di paese, di scaricare libri, permettendoci di sognare con esplorazioni cosmiche, digressioni storiche o approfondimenti filosofici prima irraggiungibili. La mia vecchia insegnante di fisica spiegava la teoria della relatività come la storia della mela che cade e di come la si guarda, stop. Magari ai miei tempi ci fosse stato l’aiuto di un tablet sul quale andare ad approfondire cosa mai ci fosse dietro l’equazione E=mc², o un link che mostrasse un video con la rotazione dei pianeti.

Integrare non significa fagocitare. Implementare non vuol dire soppiantare. Affiancare non comporta spodestare. La scuola del futuro sarà tale se saprà fare proprie le nuove forme di insegnamento telematico mettendole a proficuo regime. La mistica nostalgica della lezione corpo a corpo con l’insegnante è piuttosto in voga presso élite benestanti e ben dislocate che fanno appello a radici popolari mai possedute. Genitori che mandano i propri figli in scuole esclusive, con aule nuove, comode e iperaccessoriate, che non conoscono l’annoso problema del sovraffollamento e delle crepe nei muri.

Realtà lontane dalle classi affollatissime ed iperstipate, ove docenti immolano parte della loro pazienza e del loro sistema nervoso centrale cercando di sopperire alla dispersione causata dal rumore di fondo. Per queste classi il sostegno telematico non solo sarebbe auspicabile, ma al contempo permetterebbe di raggiungere in modo alternato più studenti, permettendo di decomprimere classi pollaio ove l’attenzione e il desiderio cedono ben presto il passo a frustrazione e rumore.