Società

Milano, all’assessore all’Urbanistica dico: fossi in lei per un po’ me ne starei immobile

Caro Assessore all’Urbanistica,

le scrivo, mi sono illusa. Come me, molti milanesi hanno sperato che l’operosità lombard per ridisegnare l’arredo urbano di 22 chilometri si ponesse un termine. Invece oggi, passeggiando per Corso Venezia, rimango basita davanti all’ultima aggiunta di segnaletica.

Anche se il suo assessorato promuove la mobilità, io, se fossi in lei, me ne starei un po’ immobile. L’immobilità, qualche volta, è virtù. Milano vuole essere una metropoli di Zone 30, ossia andare a 30 km all’ora: allora andrebbe ridisegnato un modus vivendi.

Dicevamo, alla terza corsia se ne è aggregata una quarta, ma solo per parcheggiare le auto, praticamente in mezzo alla strada. Mentre un’altra corsia viene utilizzata per parcheggiare le moto fiammanti Cityscoot, quelle che il Comune (che coincidenza) affitta giornalmente. Chiaro il giro? E così il corso da otto corsie dove il traffico scorreva fluido si ritrova, per dieta forzata, ridotto a due striminzite corsie.

“Non sappiamo amarci. E’ scandaloso scarabocchiare e segmentare il viale imperiale più rappresentativo della città e mortificarlo tutt’intorno con inutili parcheggi per moto e quattroruote. Io la chiamo assenza d’amore verso il nostro patrimonio artistico. A Parigi non si sarebbero mai permessi di farlo con i loro intoccabili viali da ville Lumière”, dice sgomenta Patrizia Dioli, restauratrice, della famiglia erede della Manetti Battiloro, leader mondiale della foglia d’oro che ricopre tutti i monumenti, dalla Madonnina al Duomo di Firenze, passando per la Fondazione Prada con una sosta al castello Windsor.

Dunque la signora ha un occhio abituato e “viziato” dalla bellezza. E adesso il suo occhio si sposta dalle monumentali facciate dei palazzi che si affacciano su Corso Venezia ai segni colori giallo sole e blu elettrico, più adatti a un campo giochi per l’infanzia. E fa notare: come mai i marciapiedi con le linee bianche già delineate per posteggiare le moto sono invece state concesse ai dehors dei bar?

Intanto sul sito del Comune di Milano leggo e riporto:

Sono le azioni chiave di “Strade aperte”, il piano del Comune per ripensare la mobilità e lo spazio pubblico. Una strategia che vede convergere la visione di una città più sostenibile e vivibile, cui l’Amministrazione sta lavorando attraverso molteplici azioni dall’inizio del mandato, con le temporanee esigenze di distanziamento sociale e sicurezza legate all’emergenza sanitaria in corso. L’obiettivo è realizzare strade più protette e fruibili da parte di tutti, incentivando gli spostamenti a piedi, in bicicletta e monopattino per le percorrenze su scala urbana attraverso un’offerta diversificata, complementare e alternativa al trasporto pubblico e all’auto privata.

E adesso confrontate le foto che allego: non c’è bisogno di aggiungere altro.

pagina Facebook di Januaria Piromallo