Società

Coronavirus, migliaia di morti in meno se avessimo digitalizzato la sanità!

Ti racconto una storia: il 10 marzo 2020 nella sala computer dell’Istituto Superiore di Sanità uno specialista di Statistica schiaccia un tasto del suo pc e sullo schermo appaiono diagrammi colorati generati automaticamente che mostrano in tempo reale il numero dei morti delle ultime 12 ore, che evidenziano la tipologia dei decessi.

Subito il funzionario si accorge che c’è un aumento insolito dei morti nelle Residenze Sanitarie Assistenziali. Scatta l’allarme e nel giro di un’ora i vertici dell’Iss avvertono il ministro della Sanità. Una rapida inchiesta, grazie ai dati, a disposizione dell’Iss, sui ricoveri nelle Rsa, permette di individuare un numero abnorme di trasferimenti dagli spedali lombardi alle Rsa, di malati affetti da coronavirus in via di guarigione ma ancora infettivi, come risulta dalle cartelle cliniche. Tutti queste informazioni sono fornite dal computer centrale, una bestia che occupa 100 metri quadrati per 4 metri d’altezza.

Poteva succedere questo in Corea ma non è successo in Italia, perché ancora il 4 aprile l’istituto Superiore di Sanità non sapeva neanche quanti anziani erano morti. Lo ha dichiarato pubblicamente Graziano Onder in conferenza stampa, fornendo i dati di 1082 Rsa su 3420 censite, cioè quelle che cortesemente hanno risposto ad una lettera dell’Iss!

(Spero che tu inorridisca: in piena emergenza la maggioranza dei direttori delle Rsa non ha fornito dati vitali all’Istituto Superiore della Sanità!!!)

E peraltro lo Stato italiano non ha un megacomputer in grado di raccogliere ed elaborare tutti i dati, sanitari e non, di cui lo Stato medesimo è in possesso. Ad esempio, i Comuni sanno per forza quanti morti ci sono stati, ma non sanno quali sono morti nelle Rsa… In realtà l’Iss non sa neanche quanti anziani vivono nelle Rsa. Graziano Onder nella conferenza stampa ha ammesso che “si stima siano 280.000”!

E quando i medici di base lombardi e piemontesi, siracusani e di chi sa dove, hanno iniziato a mandare mail alla sanità regionale, chiedendo tamponi per i pazienti sospetti, mascherine, tute anti contagio, visiere, spesso questi messaggi non sono neppure arrivati perché le caselle di posta elettronica erano piene. Peccato che non ci fosse un sistema d’emergenza, peccato che le segnalazioni dei medici di base non potessero essere conteggiate per aggiornare una mappa globale della diffusione della pandemia.

Potrei continuare con molti altri esempi ma mi fermo qui. Credo di aver reso l’idea di come siamo messi, dopo decenni di sprechi e ruberie. E lo stesso discorso lo potrei sviluppare a proposito di tutti i settori dello Stato.

Ci dicono che non ci sono i soldi. È il mantra della maggioranza dei commentatori televisivi e dei politici. Ma non è vero. Ogni anno buttiamo via centinaia di miliardi.

E sicuramente la Sanità sta ai primi posti nell’assurdo dello spreco selvaggio. Ma un altro settore è un pozzo senza fondo: l’efficienza energetica! Oggi si parla di aiuti all’economia, giusto. Ma questi aiuti sono comunque nuovi debiti che qualcuno prima o poi dovrà pagare. Poco si parla invece della necessità di cambiare paradigma e di tagliare le sterminate praterie dello spreco e delle occasioni perse, e ancora pochi hanno capito quanta ricchezza sprechiamo distruggendo l’ambiente e le risorse.

Con il gruppo di Ecofuturo Festival e alcuni amici docenti universitari e ricercatori abbiamo realizzato uno studio che mostra che il sistema Italia butta al cesso 200 miliardi di euro all’anno e rinuncia a centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Nell’Ultimo numero della rivista Ecofuturo, disponibile gratuitamente come lo studio appena nominato, aggiorniamo il quadro spiegando le enormi potenzialità delle nuove tecnologie nel settore fotovoltaico, biogas/scissione chimica del metano (cioè non si brucia niente, zero smog!). Altre innovazioni in grado di far risparmiare miliardi riguardano le autostrade del mare, cioè far viaggiare i camion sui traghetti lungo le coste, la ristrutturazione del trasporto ferroviario, il sistema Decomar per ripulire i fondali di porti, invasi e fiumi…

E anche qui mi fermo.

L’Italia fino ad oggi non è stata capace di avvantaggiarsi fino in fondo del progresso tecnologico. Non ha capito il pericolo dell’inquinamento e dell’abbandono della cura per boschi e fiumi, il valore della prevenzione antisismica, della digitalizzazione e delle ecotecnologie…

Forse ora qualcuno di più si sta rendendo conto che questa stupidità si paga. Un costo spaventoso, umano ed economico.

Aspetti il prossimo disastro oppure ti metti a spingere sul cambiamento anche tu?